Il Poema del Vento e degli Alberi Vol. 1 | Recensione

Pubblicato il 1 Gennaio 2019 alle 11:00

I due amanti maledetti di Kaze to ki no uta arrivano per la prima volta in una edizione pubblicata fuori dal Giappone grazie a J-POP.

Keiko Takemiya e Moto Hagio hanno il merito di aver dato vita ad un genere, il boy’s love, un genere probabilmente erede dei chigo monogatari, racconti d’amore del Medioevo giapponese tra maestri e discepoli nei monasteri buddisti: Thomas no shinzo, Juchigatsu no gymnasium e appunto Kaze to ki no uta sono stati gli apripista di questa tematica che pian piano è arrivata anche in Occidente, conquistando una buona base di fan anche da noi.

Il manga è ambientato nel tardo ‘800 e vede protagoniste le storie personali di due studenti adolescenti, il dolce Serge e il desiderato Gilbert, convittori in un collegio maschile, Lacombrade, in Provenza, nei pressi di Arles, che vivono una contrastata storia d’amore.

Gilbert è un bellissimo efebo biondo, amato segretamentamente da tutti i suoi compagni ed usato per i loro sfoghi carnali, ma disprezzato pubblicamente per la sua condotta.

Serge è invece il figlio d’un visconte francese e d’una gitana, che frequenta l’Accademia per esaudire l’ultimo desiderio del padre. Serge presto fa amicizia con i suoi compagni, solo Gilbert sembra cercare di liberarsene. Ma lo sguardo triste di Gilbert nasconde un passato sconvolgente.

A differenza che nell’OVA, in Italia per Yamato Video, che presenta la storia come un flashback di Serge, che da adulto torna a visitare la sua vecchia scuola, il manga adotta un criterio cronologico coerente. E l’inizio è già sconvolgente per i lettori e le lettrici di quel tempo, con due ragazzi insieme a letto.

Il resto è un susseguirsi di tensioni palpabili e tematiche anche adulte e difficili, come la pedofilia, che dimostrano una volta di più la capacità della Takemiya di creare un’opera che ha criticamente molto da dire anche al lettore di oggi: il parallelo tra la condizione di Serge, caratterizzato e quasi marchiato dalla sua pelle ambrata, e l’ostracismo che subisce almeno in pubblico Gilbert crea una certa affinità tra i due personaggi, che in questo primo volume percepiscono entrambi la tensione che si crea tra loro, forse la loro complementarietà.

I personaggi sono molto ben caratterizzati, creando una varietà di generi che sarà sempre ripresa dalle opere successive: Gilbert in questo primo volume, anche se sfogo per gli appetiti dei suoi compagni, è in realtà spesso lui a muovere i giochi, soprattutto per stimolare Serge, che, a sua volta, si ritrova spesso a dover considerare quali sono i veri sentimenti che prova. A contorno, troviamo un intero universo, che gira intorno a Gilbert, almeno per ora.

Quello in cui pecca la mangaka è nella precisione della ricostruzione storica (anche se l’ambientazione del collegio diventerà un topos del genere, grazie anche alle opere fondanti di Moto Hagio, anch’esse ambientate in scuole), adottando frasi in latino che non corrispondono (minimamente) al significato indicato e con riferimenti ad opere, come Astro Boy di Tezuka, che evidentemente al tempo non esistevano; un “difetto” che tuttavia è proprio di grandi come lo stesso Tezuka (si veda a questo riguardo il suo manga Dororo).

Il tratto della mangaka è quello classico dello shojo del suo tempo, con tratti delicati, corpi snelli e magri, non realistici, che spesso cadono nelle espressioni umoristiche superdeformed in alcuni momenti più leggeri. Insomma, uno stile che caratterizza spesso i Fiori dell’anno 24, molto particolareggiato e bello da ammirare.

Il manga è già disponibile anche in cofanetto, contentente tutti i 10 volumi dell’opera, per chi vuole leggerla tutta d’un fiato e non dover aspettare le uscite mensili. Con il primo volume singolo troverete anche un segnalibro che riproduce la copertina del volume. Peccato non vi sia nessun approfondimento sull’importanza del manga nello sviluppo del boy’s love.

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