La Ragazza Scomparsa di Jiro Taniguchi | Recensione
Pubblicato il 6 Dicembre 2018 alle 17:00
Taniguchi-sensei rilegge con la sua inconfondibile voce il noir senza rinunciare ad uno dei suoi temi prediletti, la natura.
La Ragazza Scomparsa è un’opera del 2000 di Jiro Taniguchi, pubblicata poi in Italia nel 2008 da Coconino Press, che si apre con una scena abbastanza comune nelle opere del sensei scomparso nel 2017: la montagna.
Faremo la conoscenza di Shiga, guardiano di un rifugio arroccato sulle impervie Alpi giapponesi: amante della solitudine e restio ai rapporti umani che da anni mantiene le distanze dal mondo civilizzato che si apre ai piedi delle sue montagne.
Un giorno, riceve la telefonata di Sakamoto, moglie del compianto compagno di scalate di Takamoto, morto per assideramento a seguito di una spedizione fallita, che gli comunica che la figlia adolescente Megumi è scomparsa in circostanze misteriose. Memore della promessa fatta non solo all’amico ma anche alla ragazzina, Shiga decide di lasciare la baita e a rimettere piede a Tokyo mettendosi quindi alla ricerca di Megumi.
Tuttavia non basterà fare delle semplici domande, Shiga dovrà ricostruire gli ultimi spostamenti della ragazza scoprendone una doppia vita in cui il difficile rapporto con la madre sarà l’elemento cardine di una indagine che lo porterà a scontrarsi con un mondo ricolmo di insidie e false apparenze. Quando anche la polizia sembrerà ferma ad un punto morto un inaspettato alleato aiuterà Shiga che, pur consapevole dell’estremo pericolo della situazione, rintraccerà la ragazza e deciderà di salvarla sfidando sé stesso e una montagna ben diversa da quelle abituato a scalare.
Cosa succede quando un uomo è costretto a scardinare le proprie sicurezze, morali e non, sullo sfondo di un ambiente tanto alieno quanto “incomprensibile” per lui?
Taniguchi realizza un noir moderno, adulto a tratti torbido ma lo fa tenendo sempre bene in vista alcuni dei suoi temi portanti come il rapporto fra uomo e natura, fra natura e città e i limiti dell’uomo stesso rispetto a queste due “forze” il cui minimo comune denominatore può essere rintracciato nel concetto di “esplorazione”
Il protagonista Shiga è davvero un uomo “fuori dal mondo” e per tutto il dipanarsi della vicenda la sensazione è proprio questa: un uomo soverchiato da un susseguirsi di avvenimenti per lui tanto incomprensibili quanto inesplicabili. Da questo punto di vista l’autore innesta una serie di temi prettamente urbani legati alla cultura nipponica come Oyajigari, le aggressioni di uomini adulti da parte delle bande giovanili, e soprattutto l’Enko, la prostituzione di ragazze del liceo con uomini di mezza età.
Mentre la prima parte del racconto è dominato da questo “spaesamento” di Shiga, nella seconda parte il protagonista ha preso le proverbiali misure al “nemico” con il quale deve rapportarsi in un parallelismo che risale dalle affollate strade di Shibuya fino agli inespugnabili grattacieli delle corporazioni che dominano la città.
E’ proprio in questo frangente che una storia che aveva riletto fino a quel momento in maniera abbastanza “enciclopedica” gli stilemi del genere noir dimostra tutta la sua forza accantonando la contrapposizione fra “uomo buono” e “città cattiva” in favore di una ricerca che è primariamente personale, intima di un protagonista che si fa forza per compiere una impresa impossibile e prima ancora si fa forza per rispettare fino in fondo le volontà dell’amico scomparso mantenendo sempre un carattere ascetico nei confronti dei suoi sentimenti che non possono andare oltre l’onore, la stima, l’affetto.
L’impresa è quindi tanto straordinaria quanto lo è la riconquista di una innocenza inizialmente ritenuta impossibile da ritrovare.
Lo stile del Sensei è chiaro, conciso e scorrevole grazie al tratto essenziale e ad una costruzione della tavola mai ridondante in cui, rispetto ad altre opere, si innesta qualche dialogo in più ben supportato da una prossemica che non manca mai di evidenziare le svolte emozionali della vicenda.
Il volume proposto da Coconino Press è un solidissimo brossurato dalla veste grafica semplice e dall’ottima carta spessa e porosa come da prassi per l’editore. Il volume, con lettura alla orientale, è privo di extra; da segnalare qualche incertezza nella traduzione dei primi capitoli.