Senzanima – Fame di Stefano Vietti e Ivan Calcaterra | Recensione

Pubblicato il 13 Novembre 2018 alle 17:30

Secondo volume per le avventure del giovane Ian Aranill fra i mercenari Senzanima.

Dragonero è senz’altro il franchise che meglio ha saputo sintetizzare il nuovo corso della SBE con la sua tradizione divenendo una serie che, attingendo a piene mani dagli stilemi classici della casa editrice milanese e dei suoi personaggi, si è ritagliata una impostazione più “americana” con una continuity propria e con indicazioni spazio-temporali precise nella più classica tradizione delle grandi epopee fantasy.

A questo poi si è aggiunta una scrittura puntuale con trame avvincenti e a lungo respiro e una serie di disegnatori che si sono succeduti sempre con prestazioni encomiabili, fattori che ne hanno decretato il successo di critica e pubblico, successo che ha spinto la SBE ad interrogarsi su come sfruttare al meglio il marchio Dragonero e varando due iniziative editoriali parallele e collaterali, la prima pensata per un pubblico di giovanissimi – Dragonero Adventures, e la seconda per un pubblico maturo optando per un formato “alla francese” ovvero Senzanima – prequel che racconta le imprese di un giovane Ian durante il suo periodo da mercenario nella compagnia dei Senzanima appunto.

Presentato in anteprima a Lucca Comics and Games 2018 arriva il secondo volume di questa collana intitolato Fame. Dopo la cruda introduzione del primo volume, ritroviamo Ian nel pieno di una battaglia fra l’Impero e il territorio ribelle della Merovia. L’armata in cui prestano servizio i Senzanima è stata spaccata in due e il Comandate affida a Ian, il nuovo arrivato Burba e Il Carogna il compito di spingersi al limite dei territori controllati dai nemici in cerca di cibo.

Attraversando campagne e villaggi devastati dalla guerra, Ian e Il Carogna spiegano come l’unico modo per difendersi dalle razzie sia pagare la potente Gilda dei Mercanti e/o i Comandanti delle vari guarnigioni. Quando tutto sembra perduto però Ian sfrutta la sua abilità rintracciando quello che sembra un villaggio deserto ma non distrutto dal passaggio dei soldati.

I tre cadranno in una imboscata facendo una raccapricciante scoperta sugli unici abitanti del villaggio e sul prezzo che la guerra porta con sé e che viene pagato tanto sui soldati quanto sui “civili”.

Stefano Vietti prende alla lettera l’etichetta di serie matura e confeziona un fantasy robusto e “moderno” in cui lo sword and sorcery lascia spazio alla riflessione politica – il dialogo nella locanda fra i tre Senzanima che smaschera l’ingenuità del giovane Burba sulla guerra “giusta” dell’Impero contro la Merovia – e si risolve in un finale dai connotati quasi horror pur essendo ispirati da fatti realmente accaduti come dirà lo stesso autore nel corposo apparato redazionale a fine volume.

L’autore poi non manca di disseminare indizi sulle trame a lungo respiro che verranno sicuramente ripresi nei successi volumi della serie.

Così come già sottolineato in apertura riguardo la serie regolare, sugli scudi – perdonate la battuta – di Fame c’è senz’altro la prova maiuscola di Ivan Calcaterra alle matite.

Pur avendo lavorato a lungo con la fantascienza, il disegnatore lombardo si trova a suo agio con il fantasy mutuando il rigore illustrativo di un certo fumetto storico soprattutto di matrice francese – nella prima parte del volume – con un gusto tipicamente “americano” fra Sean Phillips – per l’uso dei neri e delle chine più spesse – e Lee Bermejo – per un certo gioco di sovrapposizioni prospettiche delle figure nella tavola la cui costruzione è scevra da qualsiasi gabbia pur rimanendo estremamente chiara sottolineando le sue ottime capacità di storytelling.

Menzione d’onore va anche fatta ai colori di Andres Mossa. Il colorista dimostra benissimo di saper interpretare “l’umore” della storia con un paletta, e un uso della luce, estremamente realistico nella prima parte del volume e un lavoro di contrasto fra i blu e gli arancioni nella seconda parte che accompagna non solo le scelte di composizione del disegnatore ma anche il carattere più brutale della storia e dei personaggi che vi si accendano in maniera drammatica. Un lavoro soprattutto nella seconda parte che dimostra come il colore, quando è studiato e affidato a mani esperte, possa rappresentare un indubbio valore aggiunto.

Il volume è il solido cartonato con cui SBE sta presentando queste serie collaterali “sperimentali” – come Tex Romanzi a Fumetti – in cui spiccano l’evocativa copertina di Mario Alberti e il corposo e interessantissimo apparato redazionale a fine volume in cui si parla di questa storia, e della serie Senzanima, sia con lo sceneggiatore che con il disegnatore.

Senzanima rimane una validissima proposta e in particolare questo Fame dimostra come i creatori di Dragonero stiano solo grattando la superficie di una storia più complessa e articolata di quello che possa apparire e/o che possa essere ridotta a mero prequel composto da storie autoconclusive.

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