La Terra dei Figli di Gipi | Recensione

Pubblicato il 31 Ottobre 2018 alle 19:00

E’ partita ieri la nuova collana collaterale dedicata a Gipi allegata a Repubblica e L’Espresso, prima uscita La Terra dei Figli.

Gipi, con buona pace di altri suoi altrettanto validi colleghi, è il più grande autore italiano contemporaneo vivente. Non si tratta dei premi e delle onorificenze ricevute durante la sua, oramai, pluridecennale carriera quanto piuttosto del riconoscimento nel senso più ampio del termine. Perché un autore venga riconosciuto deve dire qualcosa e lo deve dire in maniera deflagrante – sia nel segno che nel testo – tanto da svegliare le coscienze del pubblico “generalista”, sempre mai troppo attento al racconto se presentata nella forma fumetto, che catturare il pubblico “altro” del fumetto quello magari avvezzo a narrazioni più spettacolari, più di intrattenimento – come, vi confesso, chi vi scrive che si è avvicinato a Gipi per mera “curiosità” dopo aver visto i suoi corti.

Questo lungo, ma necessario, preambolo serve per introdurre l’ottima iniziativa editoriale che Coconino Press, Repubblica e L’Epresso hanno dedicato all’autore pisano: una collana che raccoglie in maniera integrale le sue opere.

Si parte al contrario, quindi non una raccolta cronologica, ovvero con il romanzo grafico La Terra dei Figli, un prodotto “alieno” nella letteratura di Gipi.

In un mondo in rovine, un padre sopravvive con i suoi due figli. La terra e l’acqua sono avvelenate, il cibo scarseggia e si mangia di tutto persino i cani, il baratto con i pochi superstiti è l’unica fonte di contatto con quello che rimane dell’umanità. I due fratelli non sanno leggere né scrivere eppure vedono il padre appuntare qualcosa su un quaderno ogni sera, sono curiosi ovvio ma sferzati dalla severità del padre.

Quando la loro irruenza adolescenziale metterà in crisi il delicato sistema di baratto con uno dei loro vicini si ritroveranno da soli e vagheranno alla ricerca di qualcuno che possa decifrare per loro il misterioso quaderno.

Dapprima chiedendo aiuto alla Strega e poi, dopo un attacco dei misteriosi Fedeli, finendo nelle grinfie dei fratelli Testagrossa prima finire anche loro prigionieri dei Fedeli e dover fuggire dalla letale Fabbrica con un inaspettato aiuto e la consapevolezza della potenza di quello che il padre aveva scritto sul quaderno.

La Terra dei Figli è un libro plumbeo, soffocante, denso dove la speranza ha ceduto il passo alla rassegnazione della mera sopravvivenza.

Gipi gioca con gli stilemi tipici di una certa letteratura post-apocalittica ma gli infarcisce di una rabbia che scaturisce da quelli che erano i suoi timori fotografando la società in quel momento – eravamo nel 2016 – e che ad oggi hanno forse superato anche le peggiori aspettative nostre e dell’autore.

Non si tratta però di una favola moralizzatrice piuttosto di una vera e propria chiamata alle armi: dal pensiero all’azione. Ecco come il contenuto del quaderno, e il desiderio di scoprire cosa ci sia scritto, perde nel corso della narrazione sempre più valenza soppiantato dagli effetti che questo provoca su chi riesce a leggerne delle pagine. I due fratelli alla fine faranno vera esperienza delle parole del padre.

Ignoranza e superstizione si fondono per fare quindi da sfondo all’amara consapevolezza che quello che lasciamo a chi verrà dopo di noi è il prodotto non tanto di scelte sbagliate ma della poca forza con cui si affermano certi concetti anche basilari come amare e avere compassione.

Partendo da questo impianto narrativo fortissimo, Gipi “modifica” il suo stile abbandonando il colore, tornando ad un bianco e nero più o meno marcato e tratteggiando ora con vigore ora con linee sottilissime personaggi e ambienti – dal punto di vista questa è forse l’opera migliore del Gipi disegnatore. Il disegno riveste una parte preponderante della narrazione stessa mentre le parole sono sbilenche, sgrammaticate quasi a svuotarle della loro funzione di senso in favore di una narrazione asciutta, non ci sono le tipiche voci fuori campo dell’autore pisano, che mostra anziché descrivere.

Davvero ottima l’edizione di questa collana collaterale: un cartonato rilegato a filo con una rinnovata veste grafica in cui al romanzo grafico è semplicemente aggiunta una puntuale e graffiante post-fazione firmata da Ratigher, direttore editoriale di Coconino. Consigliato quindi l’acquisto di tutta la collana, se non possedete già i libri di Gipi, visto anche l’invitantissimo prezzo assolutamente “fuori mercato” in senso ovviamente positivo.

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