La Diseducazione di Cameron Post di Desiree Akhavan | Recensione

Pubblicato il 1 Novembre 2018 alle 20:00

Arriva in Italia La Diseducazione di Cameron Post, con Chloë Grace Moretz, John Gallagher Jr. e Sasha Lane.

C’è un elemento sbagliatissimo alla base de La Diseducazione di Cameron Post di Desiree Akhavan, ovvero la decisione di trattare un argomento come l’omosessualità e il desiderio, le pulsioni sessuali, con un perbenismo così estremo, con dei guanti talmente bianchi e i mignoli talmente alzati da svuotare tutto il racconto, che rimane quasi apatico, incapace di trasmettere gli impulsi e le vibrazioni che dovrebbe trasmettere per avvicinarci alla protagonista, inefficiente quando deve toccare le giuste corde per permettere al pubblico di sentire le sue sofferenze e le sue voglie.

Siamo negli anni ’90, precisamente nel 1993. All’eta di dodici anni la protagonista Cameron Post (Chloë Grace Moretz) aveva perso i genitori a causa di un incidente stradale che il caso ha voluto che accadesse lo stesso giorno in cui aveva scoperto la sua omosessualità, baciando per la prima volta la sua migliore amica.

Oggi Cameron è cresciuta e frequenta il liceo. Durante la fatidica notte del ballo viene sorpresa in compagnia di un’altra ragazza sul sedile posteriore di un’auto, e per punizione la zia ultra-conservatrice con cui vive e che l’ha cresciuta decide di spedirla in un centro di terapia di conversione per essere “curata” dall’omosessualità. Qui la ragazza sarà sottoposta ad stramba disciplina fatta di metodi discutibili subdoli, ma avrà anche modo di incontrare altre ragazze e ragazzi che, come lei, sono stati rinnegati dalle proprie famiglie. Tutti insieme, formeranno una piccola e improbabile comunità gay.

La Akhavan, che ha anche scritto la sceneggiatura insieme a Cecilia Frugiuele (adattando l’omonimo romanzo di Emily M. Danforth), vuole esprimere tutta la sua indignazione per la condizione della protagonista, è ovviamente schierata dalla sua parte e la sua massima preoccupazione è quella di denunciare in ogni modo possibile l’omofobia della società, farsi applaudire dal pubblico da cinema indipendente americano (educato, sempre corretto, ribelle di fronte ad ingiustizie lapalissiane) ma l’azione è schematica e i personaggi sono tratteggiati con grossolanità. Tutto rimane nel regno della binarietà, desiderio contro peccato, religione contro sesso, ma è proprio qui che il film fallisce.

Perché in un film incentrato sulla ribellione, sul desiderio di essere se stessi a tutti i costi, sulla voglia di scoprire l’amore e di fare l’amore con individui dello stesso sesso … non c’è il sesso. O meglio c’è, ma nel peggior modo possibile, cinematograficamente innocuo e pateticamente scialbo, quel tipo di sesso spogliato da ogni possibile carica erotica che non è né eccitante né gratificante, che non fa sentire allo spettatore il piacere che i personaggi provano (o dovrebbero provare). E’ quel tipo di film dove si fa sesso vestiti La Diseducazione di Cameron Post, anche quando i personaggi sembrano avvinghiarsi l’un l’altro con tutta la passione di questo mondo, si fa sesso vestiti perfino nei sogni: l’elemento sessuale, che dovrebbe essere il centro di tutto, diventa un elemento quasi di disturbo per chi guarda, tanto è assurdo e narrato in maniera sbagliatissima a livello visivo!

Tralasciando il piano fisico a Desiree Akhavan resta solo la carta di dare il massimo sul piano psicologico, ma come detto sopra anche in questo caso emergono goffaggine e pochezza. Anche un filo di ipocrisia, a dirla tutta, perché sotto sotto c’è questa aura di ingiustificata tracotanza che il film emana: la volontà esplicita di schierarsi a difesa degli impulsi sessuali della protagonista che però l’opera, a differenza di altre, si vergogna di mostrare.

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