Le terrificanti avventure di Sabrina – Stagione 1 | Recensione

Pubblicato il 22 Ottobre 2018 alle 13:00

Una rivisitazione teen horror dai risvolti dark pensata esattamente per il target a cui fa riferimento.

Un tempo (in realtà solo un anno e mezzo fa) nasceva Riverdale, che nel mostrare un teen mystery drama liberamente tratto dai fumetti Archie Comics strizzava l’occhiolino a chi con i teen drama era cresciuto negli anni ’80-’90. Ora gli stessi autori-produttori (su tutti Roberto Aguirre-Sacasa e Greg Berlanti) riportano in tv sotto una nuova veste un’altra serie con cui la stessa generazione è cresciuta, che unì sorprendentemente la sitcom all’elemento soprannaturale: Sabrina Vita da Strega: un’adolescente che scopre di essere una strega, due zie stravaganti con cui abitava, un gatto nero parlante e cinico a farle da coscienza. Come si poteva non amare una storia così?

La Sabrina Spellman di Le terrificanti avventure di Sabrina (in originale Chilling Adventures of Sabrina, le cui iniziali guarda un po’ formano la parola CAOS) è però tutt’altra faccenda: non farà da companion ai protagonisti di Riverdale pur essendo nata come spin-off per The CW, ma arriverà su Netflix. Una sorta di revival che in realtà ha una diversa ispirazione, ovvero il fumetto Archie Horror dello stesso Sacasa datato 2014 e non quello degli anni ’60 che ispirò il telefilm degli anni ’90.

La “nuova” Sabrina è una strega adolescente, ma consapevole di esserlo. Il suo sweet sixteen birthday non è il momento della scoperta dei propri poteri magici, ma del suo battesimo oscuro, con cui potrà divenire una strega completa. La ragazza è infatti nata dall’unione di uno stregone e di una mortale, elemento mal visto dall’intera comunità magica, e perciò divisa fra due mondi; nessuno degli amici e nemmeno il fidanzato (un ritrovato Harvey Kinkle) conosce il suo magico (e terrificante?) segreto. Lei è caparbia, sensibile, risoluta e sembra sempre avere la meglio. Il gatto nero si chiama Salem, ma non parla, non è così perché frutto di una maledizione ma è un familiare, sorta di angelo custode-animale guida per ogni strega. Le due zie sono una più svampita e amorevole (Hilda), una più sofisticata e saccente (Zelda), ma allo stesso tempo anche più distaccate fra di loro. C’è in più Ambrose, il giovane cugino condannato ai domiciliari magici a vita e che quindi non può lasciare la proprietà degli Spellman per nessuna ragione. E ci sono le amiche di Sabrina, certamente non le pià cool della scuola, specchio dei tempi odierni. C’è la casa degli Spellman, che qui poggia su un cimitero e ha le pompe funebri come impresa di famiglia.

Le differenze non sono solo in superficie, ma proprio nel modo in cui la serie è costruita, narrata e girata per accalappiarsi il pubblico di riferimento. La sigla è una sorta di omaggio ai fumetti da un lato e agli horror dall’altro, così come la regia e la fotografia del serial, tanto sbarazzina la prima e tanto colorata quanto scura la seconda. C’è una sorta di strizzata d’occhio ad un altro cult di genere degli anni ’90, Streghe (Charmed) come l’episodio incentrato sul Demone del Sonno, eppure Sacasa cerca di raccontare i temi di oggi, come l’inclusione e il femminismo. Ad esempio Sabrina e le amiche decidono di formare alla Baxter High un club chiamato WICCA che però non ha nulla a che vedere con la magia, bensì con il supportarsi delle donne forti e indipendenti fra di loro.

Altre tematiche rimangono invece senza tempo: la perdita della verginità collegata al proprio battesimo (“sposare” il Signore Oscuro e rimettersi alla sua volontà, il vestito tutto bianco o tutto rosso della protagonista a simboleggiare la purezza e il sangue), la religione smaccatamente pagana e costantemente ricordata della congrega. Proprio come Bates Motel, invece, nonostante l’epoca moderna (laptop, cellulari), l’ambientazione e i vestiti d’altri tempi rendono la Greendale di Sabrina così come i suoi abitanti come bloccati in una di quelle palle di vetro con la neve che cade.

Tutto è familiare, ma tutto nuovo in queste Terrificanti avventure di Sabrina, che a ben vedere hanno ben poco di terrificante (per quello guardatevi Hill House) ma questo volutamente perché per quanto adulta, rimane una storia che oscilla tra il teen della protagonista emancipata e perlopiù vincente e la sitcom velata dei personaggi adulti, spesso goffi e buffi, così come i villain della storia, costruiti “a livelli” di big bad in big bad. C’è un orrore di fondo, ma che esprime semplicemente quanto sia difficile crescere, magia o non magia che sia.

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