La Casa dei Libri di Isabel Coixet | Recensione
Pubblicato il 1 Ottobre 2018 alle 15:00
Arriva in Italia il nuovo film di Isabel Coixet, La Casa dei Libri, con protagonista Emily Mortimer.
Ha letteralmente fatto incetta di riconoscimenti agli scorsi Premi Goya, i corrispettivi dei nostri David di Donatello, questo piccolo gioiellino di film che è La Casa dei Libri. Con dodici nomination totali di cui nove a vuoto, ma con i tre premi più ambiti portati a casa (miglior sceneggiatura, miglior regista e pure miglior film) l’opera si discosta parecchio della precedenti produzioni della prolifica Isabel Coixet, che si è costruita una lunga e vincente carriera sui drammi pesanti (e pensanti) come La Vita Segreta delle Parole con Tim Robbins, La Mia Vita Senza di Te e Lezioni d’Amore con Penelope Cruz e Ben Kingsley. Nel 2009 è andata perfino a girare in Giappone con Map of the Sound of Tokyo, tirando fuori un gran bel film con Rinko Kikuchi, Sergi Lopez e Min Tanaka.
Insomma, è una che si dà da fare.
Per La Casa dei Libri adatta l’omonimo romanzo della scrittrice inglese Penelope Fitzgerald (a parte l’amore per le parole e i libri, nessun legame con l’autore de Il Grande Gatsby, lo statunitense Francis Scott Fitzgerald) e ci racconta la storia di Florence Green (Emily Mortimer) una donna vedova di Hardborough, nel Suffolk, che decide di aprire una libreria.
La scelta per il negozio da affittare ricade sull’Old House, un edificio abbandonato che si vocifera sia infestato dai fantasmi. Dopo molti sacrifici riesce ad aprire la libreria e fin da subito riscontra un notevole successo, grazie anche e soprattutto al misterioso (e ricchissimo) Mister Brundish (Bill Nighy). Tutto sembra andare a gonfie vele, ma i problemi non tarderanno ad arrivare: l’influente, ambiziosa e gelosa Mrs. Gamart (Patricia Clarkson) ha scelto lo stesso posto per allestire una galleria d’arte e grazie all’aiuto del nipote, che è un illustre membro del Parlamento, si avvarrà di una legge comunale che permette alle autorità locali di prendere possesso degli edifici storici qualora questi siano stati disabitati per oltre 5 anni.
Il lavoro della Coixet è come sempre egregio ma basta lo straordinario lavoro di Emily Mortimer e Bill Nighy per apprezzare il film: i due attori infatti incarnano perfettamente lo spirito agitato e leggermente sovversivo della storia, strutturata in modo classico e assemblata da una messa in scena ordinata, pulitissima, che evita deliberatamente ogni sfarzo stilistico (con l’eccezione di una sola scena, un po’ goffa e stonata rispetto al resto) e ci ricorda ancora una volta l’importanza dei libri, della lettura e delle storie; e pure molto, ma molto di più di quanto non sia stato capace di fare il brutto e moscissimo Fahrenheit 451 di Ramin Bahrani (il libro di Ray Bradbury compare nel film, insieme a tanti altri.
La cosa più bella è come del film è come viene rappresentata Florence, un’intrigante miscela di insicurezza sociale e silente determinazione, pacata ma energica (com’è questo film, appunto) e soprattutto determinata a raggiungere un sogno che dovrebbe essere facilmente realizzabile ma che diventa un’odissea a causa del filisteismo morale e culturale di chi le sta intorno. Il mondo è un ostacolo e lei sembra l’unica sana di mente.