Mio Figlio di Christian Carion | Recensione
Pubblicato il 29 Settembre 2018 alle 15:00
Arriva in Italia il thriller Mio Figlio, nuovo film del regista francese Christian Carion.
E’ un thriller familiare potente, e pure di quelli rari, il nuovo film di Christian Carion: lui che ama le opere in costume e che nel 2005 aveva diretto addirittura un dramma bellico, Joyeux Noël – Una verità dimenticata dalla storia con Daniel Brühl e Diane Kruger, lascia da parte le produzioni impegnate e impegnative e si butta in un’opera istintiva, realizzata di getto, girata in soli sei giorni e pregevole in ogni singolo aspetto.
Mio Figlio è la storia di Julien (interpretato alla grande da Guillaume Canet, che è sempre bravissimo ma che qui è particolarmente ispirato, forse spronato dalla sfida della prova impulsiva che gli ha chiesto Carion), un ingegnere che a causa del suo lavoro è sempre in giro per il mondo. Le continue assenze dell’uomo hanno mandato in frantumi il matrimonio con Marie (la bellissima Mélanie Blanchard, la Shoshanna di Bastardi Senza Gloria) che però un giorno lo chiama per informarlo che il loro bambino di sette anni, Mathys, è scomparso.
A questo punto il film diventa anche un po’ Prisoners di Denis Villeneuve, e il regista con la sua cinepresa si preoccuperà di mettere alla prova la tenuta dei nervi del personaggio principale cercando di capire fino a che punto egli sia disposto a spingersi pur di ritrovare il suo bambino. Ma a differenza del film con Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal l’esplorazione psicologica e l’approfondimento emotivo del protagonista è lasciato spesso e volentieri in secondo piano, non c’è la città e il contesto borghese ma ci sono le Alpi (ambientazione principale del suo film d’esordio, Una Rondine Fa Primavera del 2001) e soprattutto c’è una generale pochezza narrativa che sfida le convenzioni del genere e si fa più esperimento che film d’investigazione.
L’obiettivo del film non sembra tanto quello di raccontare una storia coinvolgente e appassionante, quanto quella di vedere cosa è capace di fare un attore di indubbie qualità artistiche senza un copione fra le mani: in questo modo – per certi versi geniale – lo spaesamento di Guillaume Canet, chiamato ad un’improvvisazione continua, rispecchia in pieno quella di Juliet, la cui ricerca procede per tentativi, senza un piano ben preciso, spesso estemporanea.
C’è una forza brutale nascosta insita in questo padre disperato che l’attore parigino è bravissimo a nascondere e a mostrare a intermittenza, lavorando di sottrazione, e Carion è bravissimo a gestire tutto questo talento che lui stesso ha scoperchiato, come un vaso di Pandora o un purosangue lasciato a briglia sciolta. Il merito del regista è soprattutto quello di contenere i toni del racconto, senza trasformare mai il personaggio di Juliet nel Bryan Mills di Liam Neeson di Io Vi Troverò e lasciandolo più dalle parti vibranti e profondamente oscure del Ryan Gosling nei due film di Nicolas Winding Refn.
Insomma, questa terza collaborazione fra Carion e Canet dopo il succitato Joyeux Noël e lo spy-movie Farewell ha pagato, e se questa settimana avete voglia di un piccolo noir ottimamente girato e interpretato ancora meglio, Mio Figlio potrebbe fare al caso vostro.