Dylan Dog Speciale 32: Il Pianeta dei Morti – Nel Nome del Figlio | Recensione
Pubblicato il 22 Settembre 2018 alle 11:00
Puntuale come ogni anno si rinnova l’appuntamento con Il Pianeta dei Morti, il “futuro alternativo” ideato da Alessandro Bilotta ormai di casa nel Dyla Dog Speciale che arriva a quota 32 albi!
Il Pianeta dei Morti è sicuramente una delle soluzioni editoriali più convincenti non solo legate a Dylan Dog ma di tutta la SBE tanto da essere “imitato” in declinazioni simili come ad esempio il giovane Tex de I Romanzi a Fumetti.
Facciamo un piccolo ripasso su Il Pianeta dei Morti: Alessandro Bilotta concepisce un “futuro alternativo” dove il mondo è sconvolto da una epidemia di Ritornanti – o morti viventi coscienti per rendere più semplice l’idea – in cui il Paziente Zero è Groucho che un Dylan Dog ormai matura si è rifiutato di uccidere condannando il mondo intero a questa non-vita. In questa realtà da incubo però si muovono anche gli Immemori, individui che grazie alla droge e a luoghi fortificati dette Oasi cercano di allontanarsi dagli orrori del quotidiano, e fra cui Dylan si era infiltrato per scoprire i segreti del loro fondatore Werner. Lì Dylan reincontra la sua prima cliente, Sybil Browning, con la quale stringe una relazione tuttavia l’idea che quella non sia una “vita vera” inizia a farsi largo nella sua mente stuzzicata anche dal “filosofo” Herbert Simon.
Questa figura squilibrata ben presto non si rivelerà altri che Xabaras, la nemesi di Dylan, il quale ha un unico scopo: la vita eterna. Per farlo è divenuto leader di un gruppo chiamato i Flagellanti disposti a tutto per ottenerla anche ad iniettarsi il sangue dei flagellanti per ottenerla. Lo scontro termina con un Dylan esanime e con uno Xabaras morente colpito da un ragazzo, Goodwyn Dog, il figlio che Dylan avrebbe avuto da Sybil e che non aveva mai conosciuto.
- “A volte capita di sognare gli incubi degli altri… e poi bisogna combattere anche quelli”
Questo Dylan Dog Speciale 32, intitolato Nel Nome del Figlio, ruota, come facilmente intuibile dal titolo stesso, intorno alla figura di Goodwyn ma non solo, c’è ovviamente anche Dylan, ancora convalescente, e la stessa Sybil.
La vicenda è a dir poco labirintica con l’autore che non prova neanche ad offrire punti di riferimento al lettore: passato, presente e futuro si fondono spesso in una dimensione onirica.
I tre “protagonisti” ricostruiscono allora le loro vicende così intimamente intrecciate giungendo a scoprire come Goodwyn si era messo sulle tracce di Dylan e soprattutto su quello di Xabaras, mentre lo stesso Dylan vorrebbe finalmente presentarsi al figlio ma non prima di aver rintracciato Sybil per chiederle spiegazioni.
I tre però non si incontreranno se non nei racconti gli uni degli altri, in un’amara e malinconica conclusione che non soddisferà nessuno se non la vena ironica di un Dylan disincantato.
- ” I ricordi e i morti fanno parte dello stesso disordine. non ci sono più, ma continuano a tornare…”
Nel Nome del Figlio è forse l’albo del ciclo de Il Pianeta dei Morti più difficile, complesso e malinconico.
Alessandro Bilotta condensa sia l’esperienza di Mercurio Loi, abbastanza evidente nella prima parte dell’albo e nel personaggio di Goodwyn, con il classici più onirici e malinconici dell’Indagatore dell’Incubo: ecco che quindi la memoria, il ricordo, diventano luoghi dolorosi e i morti viventi o i vivi morenti sono testimonianza delle occasioni mancante, sprecate e dei rimpianti più dolorosi.
Nel Nome del Figlio potrebbe idealmente chiudere idealmente una fase del ciclo de Il Pianeta dei Morti, quella che aveva ripreso la dinamica padre-figlio e che in più di una occasione era stata portante della serie regolare dell’inquilino di Craven Road, lasciando ora aperte infinite possibilità a questa saga.
Se Bilotta recupera certe atmosfere, la matita di Giampiero Casertano non può che amplificare il senso di “nostalgia” di alcuni albi “classici” e imprescindibili della storia del personaggio. Una prova fatta di grande esperienza e incisiva dove necessario, senza fronzoli e puntuale come nello stile del disegnatore.
Da segnalare la maestosa copertina di Marco Mastrazzo che omaggia una delle copertina storica della musica heavy metal mondiale confermandosi, qualora ce ne fosse ancora bisogno, come uno dei copertinisti migliori in circolazione in Italia in questo momento.