La Profezia dell’Armadillo | Recensione
Pubblicato il 12 Settembre 2018 alle 20:00
La pellicola di Emanuele Scaringi, esordiente alla regia, porta sul grande schermo il primo libro dell’amato autore romano, Zerocalcare.
Seppur diversi, tutti i cinecomics ci hanno impartito una grande lezione: chi decide di portare un fumetto sul grande schermo ha, già in partenza, la strada in salita e questo Emanuele Scaringi lo sapeva bene.
L’esordiente regista però non si è lasciato spaventare dall’idea di poter deludere il pubblico, né tanto meno dalla difficoltà di dover adattare un fumetto, La Profezia dell’Armadillo, così intimo e frammentario, il cui filo rosso oscilla tra una serie di sentimenti e tematiche tanto intime quanto universali. E’ probabilmente anche grazie allo scetticismo generale con cui, forse, è normale ci si avvicini ad un film del genere, che il prodotto finale risulta ancora più incisivo ed emotivamente coinvolgente, capace di offrire ai “novizi” di Zero una storia forte, profonda e divertente e al tempo stesso, ai fan dell’autore di Rebibbia, una nuova prospettiva interpretativa dell’opera originale.
- TIBURTINA VALLEY
L’intera storia, così come nel fumetto, segue da una parte Zerocalcare alle prese con l’elaborazione della scomparsa della vecchia compagna di scuola Camille (con la quale Zero, insieme agli amici Secco e Greta, ha vissuto indimenticabili momenti in adolescenza) e, dall’altra, lo stesso artista affrontare una vita divisa tra “lavoretti” di poco conto e il sogno di diventare un fumettista. Ad accompagnarlo, l’immancabile Armadillo (sua coscienza “vivente”) e l’amico Secco, nonché la protettiva mamma Lady Cocca (per l’occasione, dalle sembianze “umane”).
Il mondo creato da Zerocalcare sembra dunque aprirsi in tutta la sua tagliente ironia e profondità sul grande schermo: le gag con l’Armadillo, gli spigliati monologhi contro il sistema e tutta la romanità (sia di Secco che della stessa città, di cui si respira l’aria della periferia grazie a riprese urbane piene di una poetica senza luoghi comuni, che sottolinea piuttosto quel pasoliniano senso di bellezza del mondo popolare, qui alimentato anche grazie all’excursus nel mondo nerd) riproducono perfettamente il tono tipico dei fumetti di Zerocalcare.
Riprodurre l’Armadillo (unico personaggio “surreale” insieme al “mostro” di Camille) ricorrendo ad un costume “casareccio” ma perfettamente integrato nel contesto, risulta essere una delle scommesse vinte da tutta la produzione (specie da truccatori e costumisti), anche grazie alla versatilità e bravura di un attore come Valerio Aprea. La scelta di far interpretare Lady Cocca ad una “borghese” (e in carne ed ossa) Laura Morante potrebbe invece far storcere il naso agli integralisti, ma risulta comunque coerente col contesto e dunque, anche l’attrice, porta a casa una performance più che soddisfacente. Menzione d’onore inoltre alla colonna sonora, col merito di fungere da amplificatore emotivo, caratterizzando anche in parte la personalità unica e ribella di Camille: la canzone politicamente impegnata “Le Chants des Partisans” dei Motivés risuona pienamente, a differenza del fumetto, nelle orecchie degli spettatori.
- IL GUARDIANO DEL TEMPISMO
La Profezia dell’Armadillo non è (e non poteva essere) però un semplice omaggio ad un fumettista così amato dal pubblico: la storia narrata risulta, anche grazie alla sceneggiatura di Calcare stesso, una focalizzazione su uno degli innumerevoli temi proposti dal graphic novel.
Una coesa struttura narrativa (inevitabile per far fluire il racconto cinematografico) mette sotto i riflettori, anche grazie alle suggestioni cinematografiche, Camille e il suo dramma esistenziale, ergendo idealmente la ragazza a simbolo universale di una sensibilità e diversità non accettata in questo mondo. La giovane ragazza, trasferitasi da Tolosa a Roma con la famiglia per qualche anno, è presente in tutto il film, apparendo viva e reale nei pensieri di Zero, realizzati da flashback che si interpongono in momenti di transizione narrativi.
Ecco dunque che i piani temporali si fondono e collaborano insieme per sottolineare la malinconica certezza della vanità della vita e del tempo che, inesorabilmente, ci sfugge tra le mani. Picco drammatico, in questo senso, la cerimonia organizzata in onore della ragazza in Francia, nella quale l’ironico e drammatico discorso di Zero arriva dritto allo stomaco e coglie il punto essenziale di tutto il film: “Quando è l’anoressia a portarti via una persona, con chi te la prendi?”. Forse con te stesso, per non averle espresso i tuoi sentimenti prima che fosse troppo tardi… Il Guardiano del Tempismo non ci abbandona mai: tic tac, tic tac.