La Profezia dell’Armadillo: l’intervista con regista e cast
Pubblicato il 13 Settembre 2018 alle 19:00
Presenti in sala durante la proiezione stampa, il regista Emanuele Scaringi e gli attori Simone Liberati (Zerocalcare) e Valerio Aprea (Armadillo) hanno parlato dell’ambizioso adattamento cinematografico del primo fumetto dell’autore romano.
Al cinema Giulio Cesare di Roma si è svolta l’anteprima stampa de La Profezia dell’Armadillo (QUI PER LA NOSTRA RECENSIONE), audace film che porta il primo amatissimo fumetto di Zerocalcare sul grande schermo. In sala, oltre a un nutrito numero di giornalisti, erano presenti anche il regista Emanuele Scaringi e gli attori Simone Liberati (Zerocalcare) eValerio Aprea (Armadillo).
Cessato l’applauso in sala, scontata la prima domanda: Zero ha visto il film? “Capisco che lui è l’unico motivo per cui siete qui, anche a Venezia è stata più importante l’assenza di Zerocalcare di tutto il resto (ride). Ovviamente lo ha visto, essendo tra l’altro uno degli sceneggiatori, ma lui fin dall’inizio, già prima di vedere il film, ha voluto chiarire che non sarebbe stato coinvolto nella promozione. Le tante richieste poi lo hanno spinto a disegnare delle tavole che probabilmente qualcuno di voi avrà letto, dove chiarisce la sua posizione: ha realizzato il libro e la sceneggiatura e poi c’è una terza cosa, il film, in parte diversa, che appartiene anche ad altre persone che ovviamente l’hanno realizzata” risponde Valerio Aprea, con Scaringi che racconta la nascita dell’Armadillo, interpretato magnificamente dall’attore: “E’ stata una soluzione nata strada facendo, abbiamo provato diverse soluzioni come un’animazione alla Roger Rabbit, sentita troppo estranea e ‘strana’ in un film con tematiche così profonde e poi anche un prostetico alla ‘Star Trek’, ma un topo di 2 metri non faceva ridere… la CGI è stata subito scartata. Anche nei fumetti, l’Armadillo non è realistico ma molto ironico e con questa consapevolezza, restando nel mondo che lui cita e omaggia di continuo, abbiamo optato per qualcosa di più materiale e ‘giocattoloso’, richiamando un po’ ai Gremlins e a tutto quel mondo anni ’80-’90”.
Il regista, sollecitato dai presenti, spiega anche la sfida affrontata nell’adattare un fumetto italiano: “E’ stato sicuramente arduo, ci sono stati tanti elementi da prendere in considerazione, è stato un lavoro diverso dall’adattare un fumetto di supereroi. La storia racconta la vita di Michele e credo che il motivo conduttore, anche del fumetto stesso, sia questa elaborazione del lutto con un tono da commedia. Adattandola sul grande schermo, ci siamo ancorati a un racconto rispettando il mondo di Zerocalcare e raccontandolo nel miglior modo possibile, in maniera coesa e non frammentaria, ispirandoci anche a storie di Ogni Maledetto Lunedì e fanzine”.
Grande protagonista, ovviamente, Simone Liberati nei panni dell’autore romano: “Ho parlato con Michele, ma non molto. Emanuele ed io lo abbiamo incontrato nel periodo in cui stava lavorando a Macerie Prime, mi ha detto chiaramente che non aveva consigli da darmi e conversando con lui ho carpito le informazioni principali e, sopratutto, che avrei dovuto fare un lavoro personale partendo dalla lettura dei fumetti. E’ difficile interpretare un personaggio così popolare, io stesso da suo lettore mi rendo conto che spesso ci si appropria dei personaggi protagonisti e ci si rispecchia, dunque la responsabilità di rappresentarlo al cinema era tanta e io non volevo deluderlo. Fondamentali per affrontare il personaggio sono stati i fumetti e lo stesso Michele con la sua frase mi ha fatto capire questo…di certo, non avrei potuto capirlo stando 24 ore su 24 insieme a lui, il lavoro da fare era sul personaggio del fumetto. Ho cercato di assorbire tutti i suoi livelli emotivi, specie quell’ironia malinconica che traspare molto nelle opere, cercando in tutti i modi di non banalizzarla“.
Altra protagonista indiscussa la città di Roma, viva e vera nel film: “Volevamo raccontare, tramite le riprese, una Roma ‘meno vista’, senza giocare con gli stereotipi della periferia, evitando di portare subito in primo piano le case popolari che fanno troppo ‘Gomorra’. La Roma del film, più che un non-luogo, è una metropoli mondiale e di conseguenza tutta la zona della Tiburtina diventa una periferia del mondo” spiega il regista.