Gotti – Il Primo Padrino di Kevin Connolly | Recensione

Pubblicato il 13 Settembre 2018 alle 20:00

Nelle sale italiane arriva Gotti – Il Primo Padrino, nuovo film di Kevin Connolly con protagonista John Travolta.

In Gotti – Il Primo Padrino la superstar John Travolta ci mette parecchio della sua recente prova in American Crime Story: The People vs OJ Simpson, serie FX nella quale l’ex Vincent Vega di Pulp Fiction svestiva i panni del crimine per indossare quelli dell’avvocato difensore Bob Shapiro: l’interpretazione era un perfetto bilanciamento fra la spavalderia tipica del legale che ne ha vista di acqua passare sotto i ponti (o nei tribunali) e un senso di crescente insicurezza di un uomo che, presto o tardi, si accorgeva che questa volta di acqua ne avrebbe dovuto sopportare più di quanto fosse preparato a fare.

Nel film di Kevin Connolly Travolta prova a riciclare il personaggio di Shapiro, ma in realtà è l’unica cosa che si può dire accomunabile alla serie tv di Scott AlexanderLarry Karaszewski, e purtroppo anche la sola che valga la pena considerare salvabile nell’assoluto disastro che è questo film.

La scorsa settimana abbiamo avuto La Ragazza dei Tulipani, un film nato morto che morto sarebbe dovuto rimanere, e anche se Gotti – Il Primo Padrino non riesce mai ad essere così tanto brutto, resta comunque una delle peggiori proposte della stagione e dell’intero anno cinematografico.

Il problema non è solo che la sceneggiatura salti continuamente, incessantemente e confusamente tra le ere della vita del gangster John Gotti coprendo i più disparati periodi temporali (dagli anni ’70 ai ’90), ma il guaio vero e proprio è che Connolly usa talmente tanti punti di vista per approcciarsi al personaggio che alla fin dei conti il film non riesce ad averne uno vero e proprio: la sceneggiatura di Lem Dobbs e Leo Rossi gioca su una struttura scomposta nel tempo e, si presume, pare sia ancorata ad una scena che si snoda attraverso la narrazione in cui il figlio maggiore di Gotti, John A. Gotti, visita il suo padre malato in prigione, ma c’è anche il voice-over del protagonista che parla dalla tomba (“Ho fatto entrambe le cose” dirà all’inizio, parlando dei criminali che sono finiti in prigione o sottoterra).

L’unica cosa che manca sembra essere il punto di vista di Connolly, l’idea che il regista si è fatto del personaggio e quella che ha intenzione di comunicare al suo pubblico. O meglio, qualcosa c’è, qualcosa si intravede, ma quel qualcosa piuttosto che essere lo spunto di Connolly sembra quello che Connolly ha immaginato del personaggio dopo aver visto a ripetizioni i film di Martin Scorsese o i migliori episodi de I Soprano.

Tutto quello che appare nel film sembra essere ripreso più o meno velatamente da Quei Bravi  Ragazzi, mentre ciò che non proviene dal film con Ray Liotta e Robert De Niro sembra comunque essere la risposta che Connolly si è dato pensando a come Scorsese avrebbe impostato Gotti – Il Primo Padrino. Anche l’uso incessante di brani pop nella colonna sonora richiama l’intuizione del gangster movie uscito nel 1990, con l’eccezione dell’incomprensibile presenza del rapper Pitbull, che non ha nulla a che vedere né con John Gotti né col cinema gangster in generale.

Così come questo film non ha nulla a che vedere con Quei Bravi Ragazzi, perché purtroppo per tutti quanti Mr. Connolly non è Mr. Scorsese.

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