Ride | Recensione

Pubblicato il 5 Settembre 2018 alle 17:00

Quattro semplici regole da rispettare per la gara più mozzafiato dell’autunno cinematografico italiano.

Prendi due rider, meglio se amici, dai loro tutta la migliore attrezzatura per una sfida downhill in bici per, metti pure 250.000 dollari di premio in palio e ottieni una ricetta per un film che profuma di adrenalina, battle royale (o Hunger Games), azione e mistero.

I registi di Mine Fabio Guaglione e Fabio Resinaro si buttano a capofitto nella creazione di una nuova avventura tutta ai limiti dell’estremo: nasce così Ride, il primo film italiano, prodotto da Lucky Red, Mercurios e in collaborazione con TIMVISION, che presenta il più alto numero di GoPro in campo per riprendere le singole scene. Una scelta davvero coraggiosa e azzardata,dal punto di vista tecnico.

Max e Kyle sono due riders acrobatici che vivono costantemente sul filo del rasoio: con le loro acrobazie sulle biciclette, riescono ad avere centinaia di migliaia di followers in tutto il mondo. Peccato che queste visualizzazioni delle loro imprese non portino soldi: Max è alle prese con debiti accumulati con il gioco d’azzardo, mentre Kyle non riesce a garantire un futuro alla sua famiglia, rischiando di vedersi portare via la figlia. Qui entra in gioco la Black Babylon, un’organizzazione che propone ai due una sfida acrobatica tra i sentieri di una località segreta; il vincitore riceverà 250.000 dollari al termine della corsa. I due si ritrovano così a competere tra di loro, obbligati a rispettare quattro strane e oscure regole. Nel bel mezzo della gara, compare uno strano dark rider in moto che inizia a infastidire i concorrenti; in seguito alla sua comparsa, i due conoscono Clara, una degli altri otto partecipanti alla sfida con la quale inizieranno a scoprire strane incongruenze nella corsa milionaria.

“Questo film è il primo ad essere girato con venti action cam GoPro contemporaneamente, molte delle quali montati sugli attori stessi, chiamati operattori“: ciò potrebbe effettivamente spaventare lo spettatore, che rischia di ritrovarsi fermo sulla comoda poltroncina del cinema, con i sensi sballottati da più di 100 minuti di sport estremo e un costante senso di nausea. Qui subentrano invece le abilità del regista e del montatore – che compie davvero un lavoro superlativo – che hanno fatto sì che il film fosse perfettamente godibile grazie a scelte mirate e precise delle scene da utilizzare, staccando costantemente tra i vari dettagli frenetici delle riprese provenienti dalle GoPro con totali o campi lunghi ripresi dalle videocamere esterne, come quelle di sorveglianza.

  • CHECK-POINT BONUS: ADRENALINA, COMPLOTTI, BRIVIDI E STRETTE ALLO STOMACO

Fin dalle prime scene del film, lo spettatore si ritrova ad essere una sorta di “guardiano delle telecamere del Grande Fratello” ovviamente quello orwelliano, non quello di Mediaset.

Con il punto di vista che parte da dentro il computer, osserva come un voyeur goloso ogni singolo movimento delle vite di Max e Kyle: famiglia, bollette, problemi tra moglie e marito, festini, sesso e gioco d’azzardo. Il regista Rondinelli gli assegna, quindi, fin da subito un ruolo partecipativo alla trama del film, come se lo spettatore fosse un altro giocatore che partecipa alla competizione. L’immersione nella gara è poi incrementata dalla grafica che ricorda i videogames, con tanto di omino dei tutorial, check-point con bonus e malus e percorsi degli avversari costantemente aggiornati e monitorabili. Un delirante mix di grafica d’ispirazione dark wave, videoludica e d’azione che porta a palpitazioni costanti e a una fusione al 100% con i protagonisti. Interessante sarebbe rivivere l’esperienza di Ride all’interno di un cinema 5D.

Al di fuori del film, vi è un interessante esperimento crossmediale, che fa sì che il mega-mondo di Ride non si limiti soltanto ai 110 minuti di film, ma aumenta il campo di gioco della trama e dell’ambientazione, spaziando anche su altri media. La storia del personaggio di Clara, la terza rider che incontriamo nel corso del film, sarà in un fumetto scritto da Fabio Guaglione e Adriano Barone, con i disegni di Andrea Broccardo (Marvel, Sergio Bonelli Editore); il pauroso custode, invece, avrà un libro dedicato alla sua avventura con Black Babylon, scritto da Adriano Barone e già in vendita nelle librerie. Operazione decisamente necessaria, dato che la storia offre spunti per altre decine di capitoli, spin-off e sequel. Chissà se ci sarà un secondo capitolo…?

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