Ride: 20 cam su due ruote | Intervista a Fabio Guaglione e Fabio Resinaro

Pubblicato il 3 Settembre 2018 alle 18:00

Uno sguardo dentro al film prodotto da Lucky Red.

Si corre dall’inizio alla fine, con il fiatone e i livelli di adrenalina altissimi. Arriva impazzito nelle sale Rideil film prodotto da Lucky Red e Mercurios in collaborazione con TimVision, dal 6 settembre in tutte le sale. Una produzione tutta italiana con un cast misto, ripreso in lingua inglese e girato tra le splendide montagne del Trentino, su piste perfette per esibizioni, su bici da downhill, di tricks degli attori Lorenzo Richelmy (Max) e Ludovic Hughes (Kyle).

Il film nasce dalla mente di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, già registi del fortunato Mine (2016) e creatori di True Love (2012), che affidano la regia a Jacopo Rondinelli, in passato regista di corti di sport estremi. La novità del film è l’utilizzo di numerose GoPro per un unica scena, rendendo il film stesso un’esperienza unica sia nella realizzazione (una fase di montaggio da mettersi le mani nei capelli) che nella fruizione (spettacolari azioni ai limiti del rischioso, inseriti in una storia a metà tra una battle royale e Black Mirror). Abbiamo intervistato gli autori Resinaro e Guaglione durante la presentazione romana di Ride, sullo sfondo di un’accaldata Villa Borghese.

MF: Innanzitutto grazie per la disponibilità. Si potrebbe definire Ride come il “film delle prime volte”, dato che è il primo film con così tante action cam ma anche primo lungometraggio del regista Jacopo Rondinelli: come mai la scelta è caduta su di lui?

FG: Conosciamo Jacopo da tanti anni! Lui ha fatto tantissimi videoclip che hanno temi simili a quelli del mondo di Ride: ha fatto clip con GoPro e RedBull sugli sport estremi, sui bikers, sul motocross e anche con i rapper. Abbiamo scelto lui perché si è sempre contraddistinto per quella sua firma così perfetta per lo stile di Ride e poi perché, parlandoci, gli sono venute delle idee che si sposavano bene con l’impianto del film . Ad esempio, lui è un grande fan di Black Mirror: infatti si nota che il film prende una piega che da thriller- horror diventa thriller- sci-fi. Inoltre l’aspetto distopico della Black Babylon è stata proprio lui a portarla all’interno del film.

MF: Perché avete scelto di fare un film crossmediale, spaziando anche nel campo del fumetto e della letteratura?

FG: Sicuramente perché è un film che, nonostante abbia una storia principale, agisce in un mondo vastissimo. Mentre ci lavoravamo su, ci siamo detti: «Sarebbe interessante gettare più luce su altre zone del mondo di Ride, soprattutto perché si rivolge a quel tipo di pubblico abituato dai film americani, francesi e giapponesi a nutrirsi di universi». Quindi abbiamo provato a fare in Italia una cosa simile e vedere se funziona: la nostra scelta dei personaggi è caduta sulla storia di Clara e su quella del custode.

MF: In ogni scena ci sono circa venti videocamere GoPro, sistemate in diversi punti del set, oltre che addosso agli attori o, meglio, “operattori”. Quali modelli sono stati usati e perché si è scelto di non usare un unico modello?

FR: Di base, abbiamo usato la Hero5 e la Hero5 Session. La maggior parte delle videocamere GoPro erano le Hero 5 Black. Il modello Session lo posizionavamo dove non potevamo mettere la Hero 5, perché era un pochino più grande (ad esempio sul casco) oppure dove era brutto da vedere. Una delle inquadrature più usata è quella della camera sul petto, che inquadra anche il centro del manubrio: lì, per contro-inquadrare il viso, abbiamo scelto di montare la Hero 5 Session, per via del suo design esteticamente più indicato. Altri tipi di camera sono le Sony Alpha 7, che diventavano le videocamere di sorveglianza e con le quali giravamo i punti di vista esterni.

MF: Oltre alla novità del grande numero di action cam usate in un film, qual è stata la vostra evoluzione personale dal precedente True Love a Ride?

FR: Partiamo dal presupposto che True Love non è un found-footage: non è contaminato da parti di film sono raccontate con camere spia. Non è un racconto dove i personaggi sono consapevoli delle camere in campo, ma sono personaggi spiati. Si aprono delle finestre all’interno di questa stanza dov’è ambientato True Love su questi mondi in cui li vediamo spiati nel loro passato. L’approccio con Ride è diverso: il linguaggio usato prevede la camera inserita all’interno della narrazione come un oggetto che parte dalla narrazione stessa, dove i personaggi sono consapevoli delle videocamere.

MF: Quindi il pubblico non è solo spettatore, ma anche partecipante alla corsa?

FR: Sì, perché l’idea è quella di creare un’esperienza immersiva.

richelmy ride resinaro guaglione gopro
Lorenzo Richelmy (Max) durante l’anteprima stampa di Ride.

MF: I protagonisti Max e Kyle chi sono realmente?

FG: Si potrebbe dire che entrambi sono due personaggi molto di genere, perché rappresentano le classiche funzioni narrative. C’è il personaggio più riluttante (Kyle) che porta con sé dei valori che lo spettatore si ritrova a condividere, quindi traghettarlo dentro l’avventura che non convincerebbe a tutti. Da lì, demandiamo a Max la funzione di spingerlo dentro la gara e rendere l’avventura più allettante.

MF: Date le potenzialità della struttura narrativa di Ride, ci sarà la possibilità di vedere dei sequel in futuro?

FG: Possiamo dire che dipende dal pubblico, se vorrà noi siamo già pronti a dare loro storie a badilate! Abbiamo concepito tutto un mondo dietro che ci piacerebbe poter esplorare in compagnia del pubblico.

 

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