The Big Bang Theory: quando nerd non è più sexy

Pubblicato il 24 Agosto 2018 alle 11:00

La sit-com “nerd” per antonomasia chiude i battenti dopo 12 stagioni.

Solo pochi giorni fa CBS, Warner Bros. e il creatore Chuck Lorre hanno annunciato la conclusione, o chiusura chiamatela come meglio preferite, di The Big Bang Theory dopo ben 12 stagioni e 279 episodi.
Si tratta, di fatto, della serie tv comica multicamera più longeva di sempre. Un successo di critica e pubblico che, in crescendo, ha reso i volti dei protagonisti riconoscibili al grande pubblico ma soprattutto ha sdoganato una certa idea di “nerd”.

Ed è proprio questo uno dei punti focali che, soprattutto negli ultimi anni, ha tenuto banco quando si parlava di The Big Bang Theory.

E’ inutile nasconderlo o polemizzare sterilmente: 12 stagioni sono state tante, forse troppe, e la serie ha progressivamente perso la sua patina “geek” trasformandosi in un clone di Friends meno politicamente corretto.

Ma questo sdoganamento è stato effettivamente positivo? Ha contribuito cioè attivamente a diffondere una cultura ritenuta, casualmente fino ad una decina di anni fa, estremamente di nicchia e popolata da personaggi fra il disagiato e il nevrotico come gli stereotipi interpretati dai protagonisti?

Forse sì, ma è stato anche indubbiamente, insieme ad altri fenomeni di massa legati al mondo “nerd”, uno dei fattori che ha contribuito ad “appiattire” la percezione della cultura “nerd” e del “nerd” più in generale.

Non fraintendetemi la serie dal punto di vista tecnico – regia, sceneggiatura, casting – è stata pressoché impeccabile e comunque sempre “consistente”, cosa davvero difficile da realizzare per una sit-com, ma nel corso degli anni l’umorismo fine, i riferimenti oscuri, le battute accessibili solo a chi aveva un determinato background di conoscenze è andato perso in favore di situazioni sentimentali/amorose che un po’ mestamente hanno costretto i protagonisti progressivamente ma inesorabilmente a “crescere” ridimensionando le proprie passioni.

Le scenette in fumetteria, le magliette di Sheldon e le maratone cinematografiche sono rimaste ma l’emblema di quanto la serie sia (de)evoluta è la puntata della Stagione 11 in cui i protagonisti rinunciano, per la prima volta dopo anni, al San Diego Comic Con.

Senza scomodare una riflessione a metà strada fra il malinconico e l’arrabbiato sulla scontatezza dell’equazione vita di coppia = fine delle passioni o peggio crescita = eliminare fumetti, videogiochi e simili;  qualcosa in quel momento, ma forse già prima, si è rotto: nerd non era più abbastanza sexy.

The Big Bang Theory ha cavalcato l’esplosione della cultura nerd ma ha contribuito a rendere “normali” cose che invece dovrebbero essere “eccezionali”. Tutti oggi sanno cos’è il Comic Con di San Diego, indossano magliette di Flash, parlano di giocate in multiplayer o di D&D ma quanti hanno davvero “approfondito” almeno una di queste passioni?

Pochi, forse nessuno. Questo perché The Big Bang Theory ha contribuito a rendere una moda, ovvero qualcosa di passeggero, qualcosa che invece necessita di fatica, dedizione, costanza.

Quella che è una cultura del sacrificio, della ricerca e della scoperta è diventata improvvisamente la cultura del mordi-e-fuggi, del pre-confezionato, del “cool” a tutti i costi.

Non perdersi un cinecomic non equivale ad essere un lettore di fumetti né tanto meno un esperto, giusto per fare un esempio abbastanza semplice.

Durante l’ultimo Napoli Comicon una collega sbalordita mi chiede: “ah perché i fumetti di Wonder Woman li fanno ancora?”. Questa è la cifra del mostro che la serie ha contribuito a generare: fiere sempre più grandi, e sempre più numerose, dove però gli appassionati sono sempre di meno, i curiosi sempre di più e coloro che si fanno una semplice gitarella per fare qualche foto con qualche cosplayer in stragrande maggioranza.

La conclusione di The Big Bang Theory arriva in un momento di flessione di questo fenomeno così come di una sovraesposizione del fenomeno supereroi, serie TV e chi più ne ha più metta.

E’ giusto che sia così. E’ tempo di tornare ad essere una “nicchia”, è tempo di non dover accontentare il “grande pubblico”. E’ tempo di sfoggiare con orgoglio le nostre magliette “nerd” e dire sì leggo fumetti, sì i fumetti sono una cosa seria, sì ho scoperto una nuova serie tv che non mi è stata consigliata da nessun servizio streaming: questo è quello che rende davvero sexy l’essere nerd!

Per quanto la mia riflessione possa sembrare reazionaria, un ritorno agli scantinati e alle camerette polverose, è invece sottesa ad una volontà di indipendenza e di riconoscimento di tutto quel calderone che è la cultura nerd.

Le mode passano, la passione resta e la fine di The Big Bang Theory ne è la dimostrazione.

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