La Settima Musa di Jaume Balaguero | Recensione in anteprima

Pubblicato il 22 Agosto 2018 alle 15:00

Arriva in Italia il nuovo horror del regista di Rec e Rec 2, Jaume Balaguero.

Jaume Balaguero si è imposto negli anni come una delle personalità più importanti del cinema horror spagnolo, con una serie di film di discreto successo lungo l’arco di una carriera ventennale che va dal thriller sull’occulto Nameless – Entità Nascoste del 1999 a Bed Time del 2011. Il picco arrivò nel 2007 con Rec, raccapricciante mockumentary diretto insieme al connazionale Paco Plaza, cui seguì l’ancor più bello Rec 2sempre diretto assieme al regista de I Delitti della Luna Piena

La fine della loro collaborazione servì a continuare il franchise horror, ma paradossalmente lo affossò in quelli che sarebbero risultati i peggiori film delle filmografie di entrambi gli autori, vale a dire Rec 3: La Genesi (Plaza) e Rec 4: Apocalypse (Balaguero).

Ed è proprio a quattro anni dall’orribile ultimo capitolo di Rec che il regista catalogna torna nei cinema, abbandonando una volta per tutte lo stile di regia noto come found footage in favore di un thriller atmosferico molto argenteriano.

Le Muse protagoniste del suo nuovo film richiamano infatti non poco gli inquietanti personaggi protagonisti della trilogia delle Tre Madri, diretta da Dario Argento tra Suspira (1977), Inferno (1989) e La Terza Madre (2007). Purtroppo però La Settima Musa di quelle opere sembra la versione prosaica, meno inquietante, meno impressionista, meno truculenta.

Il regista guarda a quel tipo di cinema per adattare sullo schermo il romanzo The Lady Number Thirteen dell’autore cubano Jose Carlos Somoza, ma nel farlo si lascia influenzare non poco dai thriller d’investigazione (non c’è solo una maledizione alla basa de La Settima Musa, c’è soprattutto un mistero da risolvere) ed è qui che il film fallisce: l’opera di Balaguero risulta carente proprio nell’intreccio, poco coinvolgente e troppo banale, portato avanti ad oltranza da una serie di insopportabili e ripetitivi meccanismi di spiegazione, una cosa che non puoi proprio permetterti se scegli di puntare sull’aspetto narrativo.

Il che è un peccato, perché si vede la voglia del regista di spaventare il pubblico, di creare suggestioni con le immagini e le inquadrature (ci sono dei bellissimi cromatismi di blu nella fotografia e il sound design è molto buono), ma l’errore è stato quello di voler sviluppare fin troppo una trama che non necessitava così tanti approfondimenti.

Recentemente abbiamo visto le varie arti diventare maligne in Dark Halldell’altro spagnolo Rodrigo Cortés, e qui i demoni diventano addirittura le Muse, figure ben lontane da quelle omaggiate da Omero e dagli illustri autori che l’hanno seguito. Nel film vengono citati Dante Alighieri, William Shakespeare e molti altri, ma il punto di riferimento sembra essere Dan Brown: quei thriller cospirazionisti tra religione e arte portati al cinema da Ron Howard, per tempi e ritmi, parrebbero proprio i genitori del film di Balaguero, nel quale esattamente come ne Il Codice Da Vinci, Angeli e Demoni e l’ultimo Inferno una coppia di protagonisti uomo donna (Tom Hanks veniva affiancato in sequenza da Audrey Tautou, Ayelet Zurer e Felicity Jones) si ritrova ad indagare l’origine di uno spaventoso mistero occulto che affonda le sue origini nei secoli addietro.

E’ proprio il complotto letterario tipico di questo filone cinematografico a non essere all’altezza, e a parte un paio di scene davvero riuscite nelle quali si vede tutto l’amore di Balaguero per l’horror d’atmosfera, La Settima Musa non riesce mai a convincere del tutto.

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