Sword Gai – The Animation: Stagione 2 | Recensione

Pubblicato il 31 Luglio 2018 alle 20:00

Sword Gai – The Animation torna su Netflix con una seconda stagione decisamente più interessante della prima, pur se ancora inficiata da uno stile di narrazione non troppo incisivo.

Sword Gai è un manga serializzato dal 2012 al 2015 e seguito da Sword Gai Evolve, ancora in corso di pubblicazione.  L’opera è stata realizzata da Toshiki Inoue, sceneggiatore celebre per il suo lavoro a serie come Ranma ½, Yu-Gi-Oh!Death Note, Ken il Guerriero, Fullmetal Alchemist.

Il design dei personaggi è stato invece affidato a Keita Amemiya, già autore, regista e character designer della serie televisiva Garo che ha anche creato dei personaggi per videogiochi come Shin Megami Tensei IV e Final Fantasy XIV. Dal 23 marzo di quest’anno, Sword Gai è diventato una serie animata originale Netflix, la cui seconda stagione è già disponibile sulla piattaforma di streaming online.

Con queste premesse, ci si potrebbe aspettare un prodotto di qualità eccelsa, ma purtroppo non è così. Per quanto questa seconda stagione si attesti su livelli più alti rispetto alla prima, più piatta e anonima, alcuni problemi che riguardano la narrazione continuano a permanere: la storia fornisce infatti una ricca serie di spunti narrativi, che però non sempre vengono sfruttati appieno, ma sono piuttosto raccontati con una certa superficialità e liquidate in maniera troppo rapida.

  • Un universo familiare

Guardando la serie animata di Sword Gai: The Animation è quasi impossibile non notare una serie infinita di richiami, riferimenti e citazioni che spaziano dal mondo dei manga a quello dell’arte e della letteratura classiche europee:

  • Amon Ogata: il fabbro e padre adottivo di Gai richiama nel nome il Demone Amon che si impossessa di Fudo Akira in Devilman, mentre il suo design fa pensare al Maestro Jiraya di Naruto;
  • Gai Ogata: il protagonista principale della storia vive un profondo conflitto in quanto forzatamente unito a una presenza demoniaca, ricordando personaggi come il già citato Fudo Akira di Devilman, Eren Jaeger dell’Attacco dei Giganti, Kaneki Ken di Tokyo Ghoul; inoltre, Gai possiede un braccio artificiale, il destro, che riesce a trasformare in un’arma, un po’ come avviene con l’Automail di Edward Elrich, l’Alchimista d’Acciaio protagonista di Fullmetal Alchemist;
  • Kazuma Matoba: alcuni suoi comportamenti richiamano alla memoria quelli di personaggi come Gendō Ikari, il padre di Shinji Ikari in Neon Genesis Evangelion;
  • Himiko: la sacerdotessa guerriera a capo del Gabi, una associazione il cui scopo è combattere i Busoma, ricorda, nel suo ruolo, la Divina Kikyo di Inuyasha, e anche nel suo character design ricorda lo stile di Rumiko Takahashi; inoltre, viene anche mostrata in una scena che richiama da vicino la sfortunata Didone, la mitologica regina fenicia fondatrice di Cartagine che si innamorò di Enea nella virgiliana Eneide;
  • Shiryu: esistono due spade con questo nome, una più potente dell’altra, destinate infine a ricongiungersi, e in questo torna di nuovo alla memoria Inuyasha, e più di preciso la storia delle spade Tessaiga, la più potente delle due, in possesso di Inuyasha, e Tenseiga, che appartiene al demone cane fratellastro maggiore di Inuyasha Sesshomaru;
  • Rie Matoba: la ragazza sarà protagonista di una scena che vede coinvolto anche suo fratello maggiore Shin, il quale non la riconoscerà immediatamente, ricalcando uno stilema caro alla letteratura classica e rinascimentale; inoltre, tutta la parte che riguarda il ricovero forzato della bambina e di altre due sue compagne, nonché le motivazioni reali alla base del ricovero e la caratterizzazione del medico che tiene in cura le piccole, ricorda molto da vicino ciò che avviene sull’Isola di Punk Hazard a opera del Dottor Caesar Clown, in One Piece;
  • Shin Matoba: il modo folle in cui reagisce quando scopre che il suo amore non è corrisposto lo getta in uno stato di follia e di perdita di senno che fa pensare all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto;
  • Yasuko Tanaka:  il personaggio ricorda lo stile grafico tipico dei film di animazione realizzati dal celeberrimo Studio Ghibli;
  • Crisalidi e Busoma: due eserciti opposti, formati l’uno da esseri umani che cercano di tenere a bada i propri istinti omicidi, l’altro da creature demoniache pure, in cui è assente qualsivoglia traccia di umanità: questa situazione ricorda la contrapposizione fra Devilman e Demoni, in un ennesimo riferimento a Devilman.

Viene anche citato esplicitamente Michelangelo Buonarroti, durante una lezione di storia dell’arte a scuola. Per quanto così tanti riferimenti, più o meno espliciti, possano far sembrare il prodotto finale come poco originale e fin troppo citazionistico, queste scelte si dimostrano funzionali alla narrazione, ma anche alla resa grafica finale, presentando agli spettatori personaggi dalle fattezze molto variegate e, per questo, facilmente riconoscibili, creando uno stile grafico, oltre che impeccabile, molto diversificato e movimentato.

Nell’anime sono anche presenti delle scene animate in grafica 3D, ovvero tutte quelle che vedono come protagonisti i Busoma, proprio come avviene anche nella prima stagione.

  • Guardami, guardami, guardami

Sword Gai: The Animation è, come accennato in precedenza, un’opera visiva impressionante, in cui la cura per i dettagli e la scelta dei colori, vividi, ma mai eccessivamente saturati, sono gli imprescindibili punti cardine. Non soltanto i disegni, ma anche le animazioni, sempre molto fluide, contribuiscono a creare un senso di immersività e di realismo molto accattivanti.

Purtroppo, anche in questa seconda stagione sembra si sia data maggiore importanza alla resa grafica e visiva della serie, piuttosto che scegliere di addentrarsi in un tipo di narrazione più profonda e meno superficiale. Il punto a favore è però che la storia raccontata in questa seconda stagione è più avvincente e si discosta da quanto visto in precedenza, mostrando non soltanto situazioni del tutto nuove, ma anche riproponendone altre già conosciute, in evoluzioni a volte anche del tutto inaspettate.

  • Uccidi, uccidi, uccidi

Il tema principale trattato in Sword Gai: The Animation non è complesso da seguire, quanto lo è immaginarne le conseguenze sulla mente e la psiche dei personaggi.

Le Crisalidi sono normalissimi esseri umani che però si sono in qualche modo uniti a delle armi le quali hanno assorbito al loro interno così tanto sangue da aver acquisito una coscienza propria, che rischia di prendere il predominio su quella del portatore. Quando ciò avviene, la Crisalide si trasfroma in Busoma, un demone assetato di sangue. Una volta diventato un Busoma, tornare indietro allo stato di essere umano è impossibile.

Non è chiaro cosa e in che modo influisca sul livello di Maledizione nel sangue delle Crisalidi, ma per fortuna esiste la Shoshidai, una organizzazione che da un lato combatte i Busoma, dall’altro, per farlo, usa proprio le Crisalidi, che vengono studiate per poter trovare un modo di impedire la loro trasformazione in Busoma.

Queste particolari armi possono essere spade, martelli, chackram e perfino strumenti di tortura, e ognuna di loro dispone anche di una caratteristica unica, che la differenzia dalle altre. Ciò che però tutte le armi hanno in comune è il desiderio di morte e sangue: le Crisalidi sono dunque messe a durissima prova, dovendo resistere al continuo bisogno di uccidere delle armi che riecheggia incessante nelle loro teste: “Uccidi, uccidi, uccidi”.

La pressione psicologica a cui le Crisalidi sono sottoposte è resa in maniera esplicita attraverso i loro dialoghi, monologhi, digressioni e confessioni, rivelando una certa volontà di conferire veridicità e spessore alla narrazione e ai personaggi stessi che animano questa cupa storia.

  • I focus on the pain, the only thing that’s real

Il dramma interiore non è certo una prerogativa delle Crisalidi, poiché chiunque si ritrovi ad avere a che fare con loro finisce per soffrire. Questa seconda stagione di Sword Gai: The Animation verte più della precedenza sulle emozioni provate dai vari personaggi, quasi sempre negative, ma la visione del mondo offerta è talmente nichilista e senza vie di fuga che anche l’amore è spesso rappresentato unicamente come un sentimento che conduce alla follia, al dolore, e infine alla morte.

E il dolore può essere così insopportabile da spingere chi ne è afflitto anche al gesto più estremo.

  • Luci e ombre

Un’altra tematica molto presente è quella dell’inganno: persone che sembrano affidabili in realtà non lo sono e spesso celano dietro le loro azioni, all’apparenza benevole, doppi fini che portano in realtà a un tornaconto personale.

Anche questa visione, in cui non sempre è chiaro chi siano i “buoni” e chi i “cattivi”, è più matura e realistica di una rappresentazione di un mondo senza sfumature.

  • Forza non è resistenza

Ciò che spicca all’occhio durante le scene di combattimento è che i Core Alma, l’anima, per così dire, delle armi demoniache, possono avere una potenza devastante. Tuttavia, si tratta pur sempre di armi, ovvero di strumenti di offesa, il che spiega in maniera coerente come mai alcuni Busoma e Crisalidi siano così vulnerabili.

Anche una volta assunto l’aspetto di un Busoma, una sorta di guerriero corazzato, questa trasformazione non conferisce alcun bonus alla difesa, per dirla in termini da gioco di ruolo, perciò si rivela del tutto errato e fallace un approccio unicamente aggressivo, che trascuri la difesa, pena la morte in battaglia.

Proprio a causa di questa vulnerabilità e di una presenza più massiccia di scontri in battaglia, la morte è molto più presente qui che nella prima stagione della serie.

  • Conclusioni

La seconda stagione di Sword Gai: The Animation si dimostra un prodotto meglio riuscito della stagione precedente, grazie a una storia più complessa articolata e animata anche grazie a una introspezione psicologica più profonda dei personaggi.

Visivamente accattivante e realizzata, da un punto di vista tecnico, in maniera molto curata, anche questa seconda stagione soffre, tuttavia, di una narrazione a volte non troppo esaustiva.

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