Le Ultime 24 Ore di Brian Smrz | Recensione

Pubblicato il 24 Luglio 2018 alle 20:00

Ethan Hawke è il protagonista dell’action Le Ultime 24 Ore, film d’esordio di Brian Smrz.

C’è uno spunto più che interessante alla base di Le Ultime 24 Ore, nuovo action con protagonista Ethan Hawke: il film inizia là dove molti altri film simili finiscono, ovvero con la morte dell’eroe, e da qui riparte per mostrare come una seconda possibilità permetta al protagonista di intraprendere un altro stile di vita. Quindi se prima di morire Travis Conrad era fondamentalmente un anti-eroe (un mercenario che in passato ha ucciso chiunque e per chiunque fosse disposto a pagare abbastanza) una volta tornato in vita si lascerà alle spalle il lato oscuro e deciderà di provare, per una volta, a fare del bene.

Il grande problema del film è che, nel corso dei suoi circa 90 minuti, farà esattamente le stesse cose di tutti quegli altri action dai quali aveva cercato di smarcarsi tramite un soggetto originale.

Proprio come il franchise di John Wickanche Le Ultime 24 Ore porta dietro la camera da presa uno stuntman, Brian Smrz: l’uomo senza vocali nel cognome, prima di quest’esperienza aveva lavorato come coordinatore degli stunt e regista di seconda unità per alcuni degli action più famosi degli ultimi anni (Mission: Impossible 2, Die Hard – Vivero o Morire), e aveva diretto il film direct-to-DVD Hero Wanted. Il suo esordio cinematografico mescola l’action moderno alla fantascienza (ci sono echi di 1997: Fuga da New York: anche nel film di John Carpenter il film aveva una scadenza) ma compie il grave errore di prendersi dannatamente sul serio.

La saga di Chad Stahelski e David Leitch con protagonista Keanu Reeves giocava sull’assenza totale della trama (John Wick tornava in azione per vendicare il suo cane) per permettersi di lasciare spazio esclusivamente alla sequenze d’azione, che venivano (soprattutto nel secondo) paragonate ad una vera e propria forma d’arte, costituita da un proprio stile e un proprio ritmo allo stesso modo di un ballo.

Ne Le Ultime 24 Ore, invece, si cerca di parlare di tantissime cose serissime che poco hanno a che fare col mondo esagerato all’interno del quale quelle vicende vanno a contestualizzarsi. Gli action hanno sempre puntato sui punti di forza dei propri attori, dalla faccia da uomo ordinario di Bruce Willis in Die Hard (John McLane è un uomo ordinario) alla stanchezza del sessantenne Liam Neeson in Taken, mentre qui abbiamo un attore quattro volte nominato all’Oscar che fa cose insensate in un film che, più va avanti, più perde di senso. E, incredibilmente, diventa anche più noioso.

E’ difficile credere che un film incentrato sul più letale assassino del mondo con un timer di scadenza conficcato nel polso possa risultare pedante, ma è proprio quello che accade a Le Ultime 24 Ore. Film di questo genere devono essere talmente emozionanti, talmente divertenti, adrenalinici e spensierati da far scattare automaticamente la sospensione dell’incredulità di chi li sta guardando, mentre Smrz sembra volerci continuamente tenere sull’attenti con trame, sotto-trame e soprattutto sotto-testi (dall’alcolismo alla depressione, dal lutto al valore dell’amicizia) completamente inutili. Anzi, dannosi. Perché, se il film ti spinge a porti delle domande, allora inizi a interrogarti di tutte le incongruenze narrative che incontri lungo il percorso. E ce ne sono, altroché.

Ethan Hawke più che lottare contro i suoi nemici sembra lottare contro il film stesso, nel tentativo di tenerlo in vita. A volte ci riesce pure. Molte altre, purtroppo, no.

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