Skyscraper di Rawson Marshall Thurber | Recensione
Pubblicato il 20 Luglio 2018 alle 15:00
Arriva in Italia il nuovo film di Dwayne ‘The Rock’ Johnson, che ritrova il regista di Una Spia e Mezzo Rawson Marshall Thurber.
Dopo Una Spia e Mezzo, una spia e un quarto: si, perché questa volta, dopo avergli appioppato l’handicap dell’amico contabile-combina guai con le fattezze di Kevin Hart nel 2016, Rawson Marshall Thurber questa volta a Dwayne Johnson gli sottrae una gamba, per sostituirgliela con una protesi d’avanguardia. Cambierà poco, perché The Rock resta sempre The Rock (si giocherà sull’enfatizzazione della menomazione fisica solo una volta, e anche con buoni risultati a dirla tutta: peccato, si poteva fare sicuramente meglio da questo punto di vista) e che si trovi a sfidare le insidie della giungla, cataclismi da fine del mondo o scimmioni giganti, alla fine la spunta sempre.
Questa volta il nostro dovrà vedersela addirittura con un grattacielo, ma non un grattacielo comunque: il più alto edificio mai costruito dall’uomo, tre volte l’Empire State Building, più esagerato del Burj Khalifa, conosciuto col nome di The Pearl per via della struttura circolare posta sulla vetta (che al suo interno nasconde un apparato tecnologico di schermi a 8k messi lì non si capisce bene a far cosa, se escludiamo la citazione alla celeberrima sequenza finale de La Signora di Shangai di Orson Wells). Quindi uomo vs architettura, eroe vs palazzo, sulla falsa riga di quanto già visto in – in sequenza – L’Inferno di Cristallo di John Guillermin e Irwin Allen (1974), Die Hard di John McTiernan (1988) e Mission Impossible: Protocollo Fantasma di Brad Bird (2011), la cui celebre scena che vide Tom Cruise scalare (senza stunt, ovviamente) il palazzo di Dubai qui viene ricalcata da Dwayne Johnson in stile MacGyver (e in computer grafica, chiaro).
Will Sawyer è un ex agente dell’FBI, che ha perso una gamba durante un’azione di polizia. Anni dopo, Will è il leader di compagnia assicurativa che ispeziona e controlla la sicurezza dei grattacieli di tutto il mondo, e insieme alla sua famiglia si reca ad Hong Kong per l’inaugurazione del più sofisticato grattacielo della storia dell’uomo, la megastruttura The Pearl, nata dalla mente visionaria dell’architetto Zhao Long Ji (Chin Han, che già dai tempi de Il Cavaliere Oscuro aveva la fissa di barricarsi nei grattacieli di Hong Kong).
Proprio in quello stesso giorno però dei terroristi prendono il controllo del grattacielo scatenando un incendio che metterà in pericolo la moglie e i due figli piccoli del protagonista, che dovrà fare di tutto per riuscire a salvarli.
Il film sa essere divertente (nonostante le scene d’azione siano molto raffazzonate e ricostruite in fase di montaggio, segnale di insicurezza per un regista) e come anticipato sopra anche sorprendentemente tenero, almeno in quell’unica volta che si ricorda di giocare sull’handicap del protagonista (era necessario puntare di più sull’unica debolezza di questo superuomo assolutamente privo di difetti!!) ma esattamente come il grattacielo che fa da contesto alla vicenda Thurber punta troppo in alto, ambendo addirittura a raccontare una storia da dramma famigliare assolutamente priva di enfasi e suspance; del resto sappiamo fin dalla prima inquadratura che tutto andrà a risolversi per il meglio, perché questo (super) eroe del botteghino il cui nome d’arte già dice tutto, non perde mai.
Evidentemente questo il pubblico cinese non lo sa, perché nel film i cittadini di Hong Kong seguiranno con grande interesse e massima preoccupazione la scalata verso le fiamme di questo padre tenace, esultando a pieni polmoni quando finalmente riuscirà a riabbracciare i suoi cari (come succede nei controllo missione dei film americani). Speriamo almeno che i moviegoers orientali dimostrino lo stesso entusiasmo delle comparse del film e che riempiano le sale dei loro cinema, dato che negli States Skyscraper non ha incassato una lira. E non è difficile intuire il perché.