Westworld 2×10: “The Passenger” | Recensione
Pubblicato il 25 Giugno 2018 alle 20:00
“Siamo gli autori delle nostre storie, ora.”
Succedono parecchie cose nei 90 minuti (più scena post-credit per – letteralmente – “testare” la fedeltà dello spettatore) di The Passenger, ultimo episodio della seconda stagione di Westworld: le varie storyline collidono, tutte dirette verso la Porta e/o la Forgia, e Jonathan Nolan e Lisa Joy si divertono a mescolare per l’ultima volta tutti gli spazi e soprattutto tutti i tempi nei quali i protagonisti si sono mossi durante i nuovi dieci episodi della serie.
La questione temporale è sempre molto affascinante e spinosa al tempo stesso: i minuti finali della stagione, con Arnold/Bernard, la nuova Dolores e Dolores/Charlotte nel mondo reale, molto probabilmente andrebbe posizionata parecchio in avanti nel futuro rispetto all’evasione di Dolores (aiutata dal tanto umile quanto simpatico Stubbs di Luke Hemsworth) ma per lo meno possiamo considerare chiuso il cerchio degli eventi che vanno dall’inizio della prima stagione alla fine della seconda, in special modo ciò che è accaduto dopo la morte di Ford. In attesa di vedere ciò che accadrà nella già annunciata terza stagione, ora che abbiamo a disposizione tutte le tessere del puzzle non è difficile elaborare una sorta di comprensione sequenziale di tutto ciò che è accaduto finora, ad eccezione dell’unico (grande) punto interrogativo riguardante la sopracitata scena post-crediti e cosa essa significhi in termini di esistenza/realtà/temporalità per William.
Nel corso dell’episodio, quando l’Uomo in Nero si ferisce alla mano nel tentativo di uccidere Dolores, lo vediamo entrare nell’ascensore segreto per raggiungere la Forgia: Dolores e Bernard sono laggiù, quindi il montaggio alternato ci spinge a credere che quando Bernard, una volta uccisa Dolores, aprirà le porte dell’ascensore, dovrà per forza di cose trovarsi davanti William. Ciò invece non accade, e le porte dell’ascensore in cui si trova William si apriranno proprio durante la scena post-credit: a quel punto ci troviamo non solo in un altro luogo (e cioè la stanza dove William, in passato, aveva testato James Delos) ma addirittura in un altro tempo, molto nel futuro rispetto agli eventi narrati in precedenza.
Si tratta di una nuova linea temporale, situata in un punto non specificato del futuro (dalle condizioni della stanza, possiamo presumere che il parco sia in disuso da anni) che mette ulteriormente in dubbio la natura dell’Uomo in Nero: con lui c’è una versione artificiale di sua figlia, che parla di “test di fedeltà” che si protraggono da “molto tempo”, mentre lui cerca di dimostrare che “nessun sistema può dirmi chi sono”. Con gli elementi a nostra disposizione la scena è impossibile da decriptare, ma di certo promette interessanti sviluppi per i prossimi episodi (forse la terza stagione sarà incentrata sull’Uomo in Nero nello stesso modo in cui questa seconda lo è stata su Arnold/Bernard).
Resta da chiarire dove esattamente Dolores abbia spedito l’Oltre-Valle (nello spazio? sulla luna?) e soprattutto quale sarà il rapporto fra la nuova Dolores (nel corpo di Charlotte) e la vecchia Dolores ora che insieme a Bernard hanno raggiunto il mondo esterno: rappresentano i due lati della stessa medaglia, una buona e l’altra cattiva? sono alleate? si scontreranno? hanno lo stesso fine?
Ma la relazione più intima e interessante della serie rimane quella che collega lei e Arnold/Bernard. Arnold l’ha creata, ma poi Dolores ha creato Bernard dopo la morte di Arnold, apportando alcune modifiche. Questo suggerisce che la serie potrà virare, magari proprio dalla prossima stagione, verso il concetto di “singolarità”, cioè la teoria secondo la quale il progresso tecnologico, ad un certo punto, avanzerà così rapidamente da superare le capacità di comprensione dell’uomo, permettendo all’intelligenza artificiale di proliferare e rimpiazzarci.
La prima stagione di Westworld è stata sottotitolata Il Labirinto. La seconda La Porta. La Singolarità, per la terza stagione, non suona poi così male.