Orange is the New Black – Stagione 6 | Recensione

Pubblicato il 29 Luglio 2018 alle 20:00

Tanti cambiamenti attendono le ragazze del Litchfield nel nuovo resort di massima sicurezza in cui moltissime di loro sono state trasferite dopo la sanguinosa rivolta con cui si era conclusa la stagione 5 di Orange Is the New Black.

Chi non ha mai visto Orange Is the New Black potrebbe pensare che una serie televisiva ambientata in un carcere femminile sia noiosa e scontata e che al massimo le detenute possano rubarsi lo smalto per le unghie e litigare fra loro con innocenti graffi o tirate di capelli. E quel qualcuno non potrebbe essere più fuori strada di così.

Orange Is the New Black è sì una opera di finzione, ma che si basa sul libro di memorie di Piper Kerman Orange Is the New Black: My Year in a Women’s Prison, nel quale l’autrice ha descritto la sua esperienza di vita in un carcere di minima sicurezza.

La grande forza della serie sta nel suo sguardo sempre molto ironico, dissacrante e cinico alle nefandezze compiute e subite, il che contribuisce ad alleggerire una atmosfera diversamente più drammatica e pesante, ma l’ironia non è uno strumento atto a minimizzare gli avvenimenti, quanto piuttosto a rivelarne l’aspetto più grottesco e alienante, mettendo ancor più in evidenza quanto distopico sia il mondo delle carceri.

Un po’ come avviene in Breaking Bad, anche qui i protagonisti della storia sembrano condannati a percorrere una spirale verso il basso all’apparenza senza via d’uscita e che li spinge sempre più verso il fondo del baratro.

In questa sesta stagione, rivedremo moltissimi dei volti già noti al pubblico di Orange Is the New Black, ma in una location molto diversa: dopo la rivolta nella quale ha perso la vita l’agente penitenziario Desi Piscatella, le detenute del carcere di minima sicurezza di Litchfield sono state trasferite in altre strutture di massima sicurezza, nelle quali gli equilibri e i giochi di potere sono completamente diversi e sconosciuti ai “biscotti”, come le nuove arrivate dal “campeggio in collina” sono chiamate dalle detenute della massima sicurezza.

  • The sun is out, the day is new

Buongiorno, Massima Sicurezza di Litchfield (e questa è solo una delle miriadi di citazioni tratte dalla cultura pop più o meno recente presenti in questa sesta stagione di Orange Is the New Black)! La musica in questo luogo è decisamente cambiata, anche se il tema i credits iniziali della serie, accompagnati dalle note di You’ve Got Time della cantautrice Regina Spektor, sono rimasti gli stessi:

E in effetti, perché cambiare? Il brano è stato composto appositamente per la serie e il testo parla proprio delle condizioni di vita di chi si ritrova privato della propria libertà, senza contare che i volti mostrati appartengono a donne reali, ex detenute, per la precisione.

Ma cosa è davvero cambiato rispetto a un carcere di minima sicurezza? Innanzitutto, il nuovo penitenziario è molto più grande del precedente, al punto che le detenute vengono rinchiuse in diversi bracci della prigione, riconoscibili dai diversi colori delle uniformi; le ospiti hanno qui molta meno libertà di movimento, e in una condizione di detenzione essere liberi di compiere anche i gesti più piccoli diviene un privilegio anelato e goduto appieno, quando concesso, le carceri stesse sono più anguste e le criminali rinchiuse qui sono decisamente più pericolose di quelle che si possono trovare in minima sicurezza.

Ciò che invece non è affatto cambiato sono la presenza di rivalità fra bande/bracci e in generale il comportamento delle guardie carcerarie, alcune delle quali hanno già lavorato con i nostri “biscotti”, a cui non solo non interessa il benessere delle detenute (siamo in carcere o in un albergo?), ma arrivano anche a compiere contro di loro soprusi e violenze (ma se inizi a considerarle persone e non animali, per te è finita).

  • Stay awake

Occhi sempre aperti, dunque, anche se c’è da dire che la nostra Piper non è mai troppo sveglia, ma fa parte della caratterizzazione del suo personaggio. Per rendere i nuovi personaggi familiari e per svelare nuovi episodi delle storie delle protagoniste che già conosciamo, anche in questa nuova stagione di Orange Is the New Black viene usato l’espediente dei flashback.

Sarà molto difficile sopravvivere senza problemi in un posto in cui le due “boss” dei bracci C e D, le sorelle Carol e Barbara Denning, hanno alimentato una faida familiare trentennale nella quale sono rimaste coinvolte anche le detenute nei loro bracci. E poi ci sono sempre le guardie.

  • Everyone is waiting, waiting on you

La storia raccontata è complessa e abbraccia molte tematiche: la facilità con cui le detenute riescano a procurarsi armi, droga e cellulari, la collusione in questi traffici di alcune guardie carcerarie, lo stress post traumatico che ha colpito chi era presente durante la rivolta, guardie o criminali che siano, e l’ingiustizia di un sistema giudiziario che sceglie un capro espiatorio e lo sacrifica per mettere finalmente a tacere le voci che riguardano la rivolta.

Le accuse vengono costruite, le confessioni sono forzate o estorte, e quando una detenuta denuncia di aver subito violenze molto spesso non viene ascoltata, il che fa crescere nelle donne rinchiuse un senso di impotenza già di per sé schiacciante. In questa stagione vedrete anche come le guardie abbiano escogitato un nuovo, cinico sistema per potersi intrattenere a scapito delle detenute.

Ovviamente, la critica acida a un sistema giudiziario corruttibile e iniquo non è la sola presente, poiché le detenute del carcere di massima sicurezza di Litchfield dovranno badare anche alle loro compagne, in lotta fra loro solo perché residenti in bracci diversi.

Questa condizione, data per scontata dalle criminali già presenti nella struttura, suona come assurda solo ad alcune delle nuove arrivate, amiche da sempre, ma che ora dovrebbero cercare di ammazzarsi le une con le altre per una questione di colore, non della pelle, ma della divisa. Alcune rivalità preesistenti persisteranno, e se ne creeranno di nuove, nonché nuovi legami con le clienti abituali del nuovo carcere.

Come già accennato, le detenute sono usate dalle guardie come intrattenimento, da Carol e Barb come strumento per continuare a farsi la guerra senza sporcarsi le mani e dai dirigenti che devono risolvere in fretta la faccenda della rivolta come capri espiatori. Destreggiarsi fra tutti queste situazioni diviene dunque simile a una passeggiata su un campo minato.

Spiccano su tutti i personaggi di Tasha “Taystee” Jefferson, impersonata da Danielle Brooks e caratterizzata sempre dalla sua incredibile determinazione a far conoscere la verità su quanto avvenuto durante la rivolta e, prima, quando è stata uccisa la sua mai dimenticata amica Possey Washington, e il personaggio di Suzanne “Occhi Pazzi” Warren, interpretata magistralmente come sempre da Uzo Aduba, la quale risente fortemente dell’isolamento forzato a cui viene sottoposta, e che viene mostrata, nel primo episodio, in preda a una serie di allucinazioni divertenti quanto alienanti, che dimostrano quanto possa influire negativamente su una mente e un equilibrio fragili come i suoi un tale trattamento.

  • You’ve got time

Ciò che non manca alle detenute è il tempo, che è, in pratica, tutto ciò che hanno. Con tanto tempo a disposizione e più o meno nulla da fare, realizzare strumenti di morte, trafficare in stupefacenti e organizzare risse sono tutte attività che possono essere svolte con la dovuta calma e con una certa attenzione, e questa sensazione viene trasmessa grazie a una narrazione a tratti più lenta e meno attenta all’azione vera e propria; inoltre, tali attività non servono solo a occupare il tempo, ma possono anche essere molto redditizie, e se ci guadagnano anche le guardie, magari chiuderanno un occhio.

Il tempo non manca nemmeno per poter concludere degnamente questa stagione, grazie a un ultimo episodio dalla durata più estesa (circa 1 ora e 20 minuti) e nel quale alcune situazioni trovano una inaspettata conclusione, mentre altre vengono lasciate in sospeso per la settima stagione.

  • Conclusioni

Orange Is the New Black è una serie televisiva originale Netflix a tratti molto cruda che mostra gli aspetti più nefandi e cupi della vita in carcere e di un sistema giudiziario corruttibile e a volte ingiusto, che però guarda sempre con uno sguardo cinico e ironico anche alle situazioni più drammatiche, per mostrare come vedano il mondo i personaggi e per metterne in evidenza l’aspetto più disumano e grottesco.

Questa sesta stagione si dimostra all’altezza delle precedenti, anche se caratterizzata da uno stile narrativo a volte meno celere, grazie a una ottima regia, a degli attori sempre molto credibili nei panni dei personaggi che interpretano e a una storia che prevede intrecci del tutto nuovi che interessano i personaggi storici della serie e le loro interazioni e rapporti fra loro e con le nuove detenute e le vecchie e nuove guardie carcerarie.

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