Ore 15:17 – Attacco al Treno di Clint Eastwood – Anatomia di una Scena
Pubblicato il 15 Giugno 2018 alle 14:00
In Anatomia di una Scena, vengono analizzate per voi le scene più emblematiche dei migliori film in uscita.
Ore 15: 17 – Attacco al Treno
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Dorothy Blyskal
Interpreti scena: Spencer Stone, William Jennings
In concomitanza con l’uscita in home video, e grazie a Warner Bros., riviviamo una delle scene più emblematiche di Ore 15:17 – Attacco al Treno l’ultima fatica cinematografica di Clint Eastwood.
Il racconto dell’esaltazione della normalità trapiantata in un contesto straordinario è il fulcro intorno al quale sta ruotando l’ultimo periodo del cinema di Clint Eastwood: l’americano medio-borghese che si infila temporaneamente nei panni dell’eroe a causa di situazioni uniche e irripetibili, trasformandosi in fenomeno popolare. Il tema già si intravedeva ai tempi di Gran Torino, ma dopo Jersey Boys, American Sniper e soprattutto Sully è diventato un topos personalissimo per il regista, quasi un’ossessione. E Ore 15:17 – Attacco al Treno ne diventa la summa.
Assumendo degli inediti toni meta-narrativi il film recluta (termine non casuale) i protagonisti della storia vera cui si ispira per affidargli i panni di loro stessi, abbattendo qualsiasi retorica cinematografica: Spencer, Alek ed Anthony sono chiamati a mettere in scena le situazioni che hanno vissuto davvero, mentre Eastwood rilegge le loro vite (soprattutto quella di Spencer) attraverso lo sguardo della predestinazione: l’americano è destinato ad emergere nelle situazioni straordinarie, e il regista ci racconta la sua storia come se ogni singolo evento che l’ha caratterizzata (dall’infanzia alla decisione di partire in viaggio per l’Europa) fosse voluto dall’universo per prepararlo al climax della sua esistenza, che si sarebbe verificato sul treno Amsterdam-Parigi.
Nel primo atto il film fa pensare ad It di Andrés Muschietti, per come racconta l’infanzia e la relazione di amicizia fra i tre ragazzini. L’elemento di tensione sopraggiunge in montaggio grazie ad alcuni flashforward che rimandano all’imminente sequenza del treno e sottolineano la misticità della storia (tutto ci condurrà a quel momento già prestabilito): del resto il protagonista, un ragazzino che in camera ha affissi i poster di Full Metal Jacket e Lettere da Iwo Jima (fra i più belli di sempre diretti da Eastwood), ha sempre voluto fare l’eroe (lo sentiremo dire più volte che sente, in maniera quasi viscerale, che la sua vita è destinata ad uno scopo più grande).
Il primo flashward arriva nel primo atto, dopo una brutta lite con la madre: la donna è furiosa per la bravata combinata da Spencer, e il bimbo è letteralmente mortificato. Stacco. Ci ritroviamo nel futuro, qualche attimo prima che la vita di quel bambino combina guai raggiunga finalmente la sua piena completezza. La camera, tenuta a terra, ci mostra il punto di vista dei passeggeri del treno: terrorizzati dagli spari, si gettano sul pavimento per mettersi a riparo. L’attentatore sopraggiunge dallo sfondo, lentamente come un novello Michael Myers. Il fucile è lì in primo piano, se vogliamo anche a disposizione dei passeggeri: nessuno però ha il coraggio di imbracciarlo e reagire. Forse perché non spetta a loro farlo.
Il controcampo ci mostra Spencer: si accorge del pericolo fuori campo, si volta in allerta, lo sguardo focalizzato; sa cosa deve fare, tutta la sua vita l’ha preparato per questo momento.
Torniamo all’attentatore. La sua mano entra in campo per raccogliere quel fucile che nessun altro ha avuto il coraggio di armare.
Di nuovo su Spencer. La tensione cresce. C’è solo una cosa da fare per impedire che quel treno diventi una tomba su rotaie. Il ragazzo lo sa. Ormai è pronto. E’ sempre stato pronto …
Stacco. Torniamo al presente. Quel ragazzo destinato a diventare un eroe è ancora un ragazzino scapestrato. Ma il suo momento arriverà.