Lo Sconosciuto di Magnus | Recensione

Pubblicato il 11 Giugno 2018 alle 10:00

Unknow? è un nome strano… suona come “sconosciuto”! – infatti! … sono pochi a conoscermi!

Mondadori Comics propone, sotto l’etichetta Oscar Ink, una nuova edizione integrale de Lo Sconosciuto di Magnus.

  • Genesi de Lo Sconosciuto

Per capire pienamente il carattere dirompente di questo personaggio e delle sue storie dobbiamo necessariamente fare un salto al 1975: nel settembre di quell’anno Magnus interrompe la collaborazione con Max Bunker spezzando così la “magia” di un sodalizio che, partito con il fumetto nero di Kriminal e Satanik, si era evoluto nel fenomeno socio-editoriale Alan Ford il cui apice rimango tutt’oggi i primi 75 numeri cioè quelli disegnati proprio da Magnus.

Il geniale disegnatore bolognese decide per la prima volta di misurarsi come autore completo abbandonando i toni comico-grotteschi di Alan Ford e ritornando ad un approccio più “rarefatto” simile a quello dei “neri” degli esordi. Si dice anche che Magnus iniziasse a soffrire dell’estrema popolarità portatagli da Alan Ford – popolarità che oggi definiremmo “successo commerciale” o più semplicemente “commercialità” – e che questo lo avesse inviso a quel circolo di autori importanti dell’epoca che, faticando ancora ad essere pubblicati con regolarità, mantenevano una certa riserva nei confronti del suo lavoro.

Magnus così rielabora la sua esperienza autoriale e dà alla luce Lo Sconosciuto. Tutta la serie, che si snoda in due cicli di storie datate 1975/1976 e 1982/1983, ruota attorno al misterioso protagonista Unknow.

  • Le storie e le tematiche

Quello che appare evidente già dalla prima storia, Poche Ore all’Alba, è sia che dovremo guadagnarci con fatica informazioni sul nostro protagonista, sia che è immediatamente palese come il protagonista sia solo mero “strumento” per narrare la complessa, tesa e contraddittoria situazione socio-politica globale della metà degli anni ’70.

Dal nord Africa passando per Roma – la Roma di Largo delle Tre Api/Morte a Roma in cui lottano laicità e potere secolare, destra e sinistra e gli Anni di Piombo sono una plumbea nube sulle vicende umane – Unknow vive braccato dal suo passato che affiora in fugaci flashback e mezze verità – è un ex-legionario, un mercenario – mentre il suo sguardo disincantato sulla realtà amplifica il senso di ineluttabilità e precarietà della vita.

Dall’Europa afflitta ancora dai fantasmi della Seconda Guerra Mondiale – I cinque gioiellieri – arrivando fino ad Haiti  – Il sequestrato della Sierra – il primo ciclo di storie ha sicuramente il suo apice nella “missione” di Beirut – Vacanze a Zahlè – in cui, anticipando temi di purtroppo ancora cocente attualità, Unknow vive in prima persona, trovandosi immischiato in un traffico di informazioni, la guerra fra israeliani e palestinesi con un epilogo che ci è tristemente famigliare. Infatti quando Unknow decide comunque di consegnare gratuitamente queste importanti informazioni ai palestinesi, dopo aver assistito inerme ad un raid aereo israeliano, farà l’errore di caricare un giovane palestinese in auto, il quale, non appena giunto fra gli “occidentali”, si farà esplodere. Unkwon sembra spacciato, nel tentativo di fermare il kamikaze infatti ha rimediato due ferite da arma da fuoco all’addome. Magnus chiude così il primo ciclo di storie nel 1976.

Con uno stratagemma degno del miglior Arthur Conan Doyle, l’autore bolognese apre il secondo ciclo di storie nel 1982 con un breve intermezzo – La Fata dell’Improvviso Risveglio – in cui Unknow viene sottoposto ad un complesso intervento chirurgico, gli verrà asportato un rene, grazie al quale riesce a salvarsi. Nella storia successiva – Full Moon in Dendera – a seguito dei fatti di Vacanze a Zahlè – Unkwon viene reclutato da una agenzia paragovernativa americana nota come SCUDO. In Egitto, Unknow vive una avventura classicamente spionistica, forse quella più accostabile a questo genere della sua vita editoriale, fra servizi segreti di vari paesi che si contendono reperti archeologici e organizzazioni che cercano di colmare i vuoti di poteri di paesi sempre instabili.

Questa storia, che scorre rapida essendo anche ricca d’azione, è quasi un lungo prologo a quella che nell’immaginario è la storia più rappresentativa de Lo Sconosciuto: L’uomo che uccise Ernesto “Che” Guevara.

Ambientata in Bolivia, questa ultima storia del secondo ciclo, è senz’altro la più ambiziosa di Magnus con il nostro protagonista che appare di rado e il plot che si snoda fra passato e presente. Unknow fa da “garante”, sempre per la SCUDO, per una operazione che dovrebbe portare un grosso carico di eroina dal Sud America agli Stati Uniti ma fra gli uomini locali ve n’è uno che, in preda alla dipendenza dal letale stupefacente, rivive la sua giovinezza nell’esercito boliviano impegnato nella guerriglia contro il Che.

Magnus riprende pedissequamente alcune pagine del diario del Che e le illustra in maniera stilizzata mentre nel presente il tono è cupo e l’epilogo è, nuovamente, quasi fatale per Unknow. La storia è densa, a tratti ostica, perché il disegnatore crea una tensione fra gli ideali della rivoluzione – ancora incensati nei circoli dell’Italia di quegli anni e non solo – e la “bastarda” realtà della guerriglia fra merda e sangue mentre il pugno di ferro dei regimi che, per ingordigia e incapacità, si stavano sgretolando sotto l’ingerenza di stati esteri e soprattutto con l’avanzare dei grandi traffici di stupefacenti – eroina che si sarebbe diffusa a macchia d’olio anche in Italia nella metà degli anni ’80.

L’affresco di Magnus in  L’uomo che uccise Ernesto “Che” Guevara è impietoso: le ideologie vengono frantumate, l’esistenza umana quasi svuotata di qualsiasi dignità in un terribile parallelismo con la dipendenza e tutto viene mercificato.

Chiudono il volume Nel Frattempo – storia datata 1996 che, ricollegandosi a L’uomo che uccise Ernesto “Che” Guevara avrebbe dovuto aprire il terzo ciclo narrativo mai realizzato – e le due storie brevi, datate 1981, Una partita impegnativa e Il volo del “Lac Leman”, in cui Unknow funge da narratore e che sono ambientate, presumibilmente, prima dei fatti di Vacanze a Zahlè. 

  • Il disegno

Il Magnus scrittore fa convergere quindi momenti noir, quasi pulp, e un disincantato lirismo, fra località esotiche e brutalità quotidiana, facendo deflagrare il tutto con un realismo che si esplica in un tratto che, fatto tesoro dell’esperienza umoristica su Alan Ford, accentua l’espressività dei personaggi. La sorpresa, lo sgomento, l’orrore sono ben visibili sui volti dei personaggi, aspetto che rimane il punto focale del disegnatore bolognese, mentre le anatomie, impeccabili, si fanno morbide diventando avvolgenti in figure femminili dalle curve magnetiche, mentre la violenza è rappresentata cruda – come lo stupro in Morte a Roma –  e senza filtri: quello che accade ai personaggi, accade e i segni sono ben visibili. Ne è un esempio lo scontro a fuoco che costa quasi la vita a Unknow in Vacanze a Zahlè a cui rimedierà una operazione, descritta in maniera impeccabile e illustrata in maniera accademica, dell’intermezzo La Fata dell’Improvviso Risveglio.  

La costruzione della tavola recupera invece la lezione minimalista dei “neri” ma mostra subito una inedita evoluzione. Magnus gestisce il formato tascabile, con due vignette per pagina, del primo ciclo di storie, da un lato limitando al massimo l’uso delle didascalie – non fornendo così al lettore nessun elemento per orientarsi in maniera sicura nella narrazione – e dall’altro con un montaggio costituito come da lunghi piani sequenza – soluzione evidente nel rimontaggio delle tavole che viene fatto nel volume. Questa soluzione serve quasi ad esaurire “subito” le scene mantenendo altissima l’attenzione del lettore, ma Magnus non trascura gli sfondi – che già nel dittico Largo delle Tre Api/Morte a Roma – risultano sempre più particolareggiati. Nel secondo ciclo di storie il “formato tascabile” viene abbandonato e Magnus ha possibilità di costruire la tavola in maniera più organica, ordinata ma sempre limitando al massimo i passaggi didascalici mentre il tratto si scarica del tono caricaturale in favore di un realismo che si manifesta in un contrasto chiaroscurale sempre più marcato.

Se quindi per il Magnus scrittore l’intreccio è senz’altro la peculiarità delle storie de Lo Sconosciuto, il Magnus disegnatore recupera la funzione fondante della vignetta che, grazie alla perizia nell’esecuzione, imbriglia il lettore costringendolo ad una duplice riflessione. Lo costringe a valutare, in relazione alla complessità degli intrecci, tutti gli elementi presenti in ogni singola tavola perché dietro ogni minimo particolare potrebbe nascondersi la chiave per risolvere la vicenda. Dall’altro si carica così di significato ogni passaggio della narrazione: la riflessione socio-politica non è affida ai personaggi ma al lettore che deve astrarre e maturare, in un sorta di graphic journalism fittizio ante litteram, la propria idea sugli sfondi in cui Unknow agisce.

E’ in definitiva questa la caratteristica per cui Lo Sconosciuto mantiene inalterata la sua carica “sovversiva” e la sua potenza narrativa.

  • L’edizione Mondadori Oscar Ink

L’edizione Mondadori Oscar Ink si presenta come un elegantissimo cartonato nero dalla copertina soft touch di grandi dimensioni – 23,3 x 31,2 – che esaltano ovviamente il tratto del Magnus maturo. Ottima la resa grafica con un’ottima carta dalla grammatura importante. L’apparato redazionale, costituito da una prefazione di Diego De Silva e da una postfazione di Fabio Gadducci, è essenziale ma puntuale. Ogni storia inoltre beneficia di precise indicazioni bibliografiche. Davvero un’ottima edizione che potrebbe definirsi addirittura definitiva per quest’opera.

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