I Giocattoli della Nostra Infanzia Stagione 2 | Recensione
Pubblicato il 28 Maggio 2018 alle 15:00
La seconda stagione di una tra le migliori serie documentaristiche a tema geek è ora disponibile su Netflix.
Una serie “nostalgica”, ma dal grande spessore documentaristico. Dopo averne proposto alcuni mesi fa la prima stagione (da noi recensita qui), Netflix Italia ha appena inserito tra le sue ultime uscite la seconda stagione de I Giocattoli della Nostra infanzia.
Dopo una prima serie che aveva messo l’acquolina in bocca a tanti appassionati e nostalgici (analizzando l’evoluzione di marchi storici quali Star Wars e Master of the Universe), i titoli di giocattoli protagonisti dei quattro nuovi episodi sono: Star Trek, Transfomers, Lego ed Hello Kitty.
Il filo conduttore che lega tutte e quattro le storie è la tenacia, e la lotta contro le avversità. A partire dalle tante disavventure che hanno accompagnato i prodotti relativi al marchio Star Trek, che non è mai riuscito ad eguagliare lo strabiliante successo dei prodotti Star Wars. Fin dagli anni Sessanta la Remco, e successivamente tutte le case ingaggiate dalla Paramount, si contraddistinsero in negativo per la produzione di giocattoli che avevano ben poco a che fare con la saga originale (come ad esempio “Gli Hamilton Invaders” di cui non vi era traccia nel telefilm). Le cose iniziarono ad andare diversamente quando nei primi anni Settanta la Meco di Marty Abrams, specializzata nella produzione di action figures relative a personaggi cinematografici e dei telefilm, rilevò i diritti di produzione. Finalmente Star Trek ebbe dei giocattoli accurati, e nei quali gli appassionati della saga potevano immedesimarsi. Ma l’arrivo nelle sale cinematografiche di Star Wars cambiò tutto, ed il mercato giocattolistico di Star Trek perse molto, almeno fino a quando Playmates prima, e Mcfarlene Toys dopo, non trovarono la chiave di volta. Perché il segreto per un buon giocattolo di Star Trek è produrre un manufatto sempre più dettagliato, capace di soddisfare la sete di collezionismo degli adulti, così come il desiderio di gioco dei più piccoli.
Nel segno della collaborazione è invece la storia dei Transformers: la casa produttrice giapponese Takara trovò nei primi anni Ottanta un accordo con Hasbro per la produzione di robot trasformabili. Ma per rendere vendibili i giocattoli serviva una storia. E chi meglio della Marvel avrebbe potuto crearla? Jim Shooter, dopo aver proposto l’idea di base che metteva al centro la lotta tra Decepticon e Autobot, incaricò il giovane Bob Budiansky di creare in pochi giorni ben 26 profili di Transformers. Nel 1984 l’uscita dei cartoni animati e dei fumetti dei Transformers lanciò la serie a giocattoli che divenne il vero e proprio simbolo di un’epoca. Solo l’uscita della Takara dalla produzione portò ad un periodo di stallo. Ma i Transformers si rilanciarono al meglio negli anni Novanta, con il ritorno della casa di produzione giapponese, e dell’ingegnere Yoki San, la mente dietro la quale si celavano tutti i segreti dei meccanismi di trasformazione di Autobot e Decepticon.
Le storie relative a Hello Kitty e Lego sono diverse, ma entrambe legate a personaggi simbolo: Shintaro Tsuji per Hello Kitty, e la famiglia Christiansen per i Lego. Gli storici mattoncini sono nati in Danimarca alla fine degli anni ’40, ideati dal produttore di giocattoli Olek Christiansen. I Lego si contraddistinsero per i “cilindretti” capaci di creare infinite possibilità d’incastro, e per il cosiddetto “sistema”. Le mini-figures (i cosiddetti “omini”) dovevano essere proporzionate agli ambienti creati dai mattoncini, gettando così le basi per i “mondi Lego”. Lego Castle e Lego Space furono le piattaforme di maggior successo, e lanciarono quella che oggi è considerata la casa di produzione di giocattoli più importante al Mondo.
La perseveranza dell’imprenditore giapponese Shintaro Tsuji è stata invece al centro di Hello Kitty, nata dalla Sanrio, azienda produttrice di manufatti di vario genere. La “gattina” senza bocca si caratterizzò fin dai primi anni Settanta per il suo stile “kawaii”, capace d’infondere tenerezza. La diffusione del marchio anche negli Stati Uniti, portò ad un vero e proprio boom negli anni Novanta, con l’esplosione dello stile “kawaii”. Molte superstar iniziarono a dimostrare spontaneamente il proprio amore per il marchio, sponsorizzandolo nella maniera più efficace possibile.
Ogni puntata de I Giocattoli della Nostra Infanzia è accompagnata da una voce narrante brillante, che con ironia e leggerezza detta i tempi di una narrazione, scandita da tanti filmati di repertorio, e riempita con interviste ai personaggi simbolo dei vari marchi. I più nostalgici verranno sicuramente attirati dai tanti filmati di repertorio, dalle vecchie pubblicità, dai modellini che hanno caratterizzato la storia dei vari marchi, ed in generale da un’atmosfera “totemistica”, che gravita attorno a questi oggetti da gioco e collezione.
Perché ne I Giocattoli della Nostra Infanzia i giocattoli incarnano lo spirito d’interi decenni, oltre che la capacità visionaria di uomini e donne che hanno anteposto l’amore per le proprie creazioni, ad un fatturato aziendale più volte messo in crisi.
Insomma, questa serie è in grado di far viaggiare gli spettatori più adulti tra i ricordi, facendo scoprire ai più giovani le meraviglie dell’analogico e del tangibile. E tra un tocco di malinconia, ed un’attenta analisi documentaristica, questa seconda stagione de I Giocattoli della Nostra infanzia si segnala come uno dei migliori titoli a tema “geek” rintracciabili su Netflix.