2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick – Anatomia di una Scena
Pubblicato il 7 Giugno 2018 alle 14:30
In Anatomia di una Scena, vengono analizzate per voi le scene più emblematiche dei migliori film in uscita.
2001: Odissea nello Spazio
Regia: Stanley Kubrick
Sceneggiatura: Stanley Kubrick, Arthur Clarke
Interpreti scena: Daniel Ritcher
Secondo Charles Fort si può misurare un cerchio cominciando da qualunque punto. Un cerchio non ha inizio, un cerchio non ha fine, semplicemente esiste iniziando da un punto qualunque e sta lì, immobile eppure costantemente in movimento. E lo si può misurare cominciando da qualunque punto.
2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick è un cerchio. E’ un cerchio nella forma – è la struttura geometrica che più ossessiona lo sguardo del regista, quella sulla quale la sua cinepresa continua a tornare incessantemente – e soprattutto è un cerchio nella sostanza, con un inizio che rimanda alla fine e una fine che ricomincia dall’inizio. Tra questi due punti (che poi sono lo stesso punto) una grande avventura, un viaggio fra le stelle, un’odissea nello spazio: ogni singola sequenza del film meriterebbe un libro d’analisi critica ad essa dedicata, e cercare di sceglierne una sola per ridurla all’interno della cornice di questo articolo (e dei dispositivi attraverso i quali lo state leggendo) è un compito tanto ingrato quanto impegnativo.
Ma si può misurare un cerchio partendo da qualunque punto. E il punto che esaminiamo oggi è uno dei primi cerchi che incontriamo durante la visione dell’opera: il cerchio della vita, all’alba dell’uomo, 4 milioni di anni fa.
Kubrick, in una lunga sequenza priva di dialoghi, si affida alle sole immagini per riassumere la natura umana: raccontando la breve storia di un branco di australopitechi ci illustra le dinamiche sociali di allora quanto di oggi (dove con oggi si intende sia il 1968, anno d’uscita del film, sia il nostro oggi, il 2018, a dimostrazione di quanto l’opera sia ancora attuale): nel fotogramma 1 possiamo notare il protagonista della sequenza, il nostro antenato conosciuto col nomignolo di Guarda La Luna, che scala silenziosamente il crinale per studiare senza essere visto il branco di scimmie rivali, impegnate a presidiare l’unica fonte d’acqua della zona.
Guarda La Luna viene subito notato dalle altre scimmie, che agitandosi iniziano ad operarsi per difendere il territorio e conseguentemente la preziosa risorsa naturale che esso nasconde.
In pochi semplici attimi, e senza l’ausilio dei dialoghi, Kubrick descrive l’uomo e la società contemporanea: che si tratti di primati di milioni di anni fa o governi belligeranti pronti ad invadere nazioni straniere, la natura insista nell’uomo lo spingerà sempre all’aggressività, al contrasto, alla lotta, al territorialismo. L’unica differenza fra ieri e oggi è lo sviluppo tecnologico, che nel tempo ha sostituito l’evoluzione come unico parametro per stabilire la gerarchia nella catena alimentare.
Ad un certo punto del tempo, però, quello sviluppo tecnologico è arrivato. Per Kubrick è riassumibile nella nera forma del monolito alieno che qui, sulle note della straniante colonna sonora di György Ligeti, appare per la prima volta alle scimmie (e di conseguenza all’umanità: tornerà a farci visita 4 milioni di anni dopo, sulla Luna). Rappresentazione fisica della cultura, della sapienza, del progresso, il monolito è il futuro a forma rettangolare che compare all’alba dell’uomo per mostrare l’unica via da seguire per conquistare la Terra, e poi la Luna, e poi Giove e oltre, verso l’infinito.
Al solo contatto con la superficie perfettamente liscia e inscalfibile del misterioso oggetto alieno, Guarda La Luna entra nel futuro, lo accoglie (e viceversa). Da leader di un branco di ominidi si trasforma immediatamente in profeta di un mondo futuribile, l’eletto, l’Oltreuomo nietzschano (la sequenza in slow motion è enfatizzata dalle note della sinfonia di Richard Strauss Così Parlò Zarathustra) giunto fra gli uomini comuni per trasmettere le nuove verità che solo lui conosce. L’osso, per la prima volta, diventa un’arma per offendere, conquistare, dominare. La razza umana compie il primo passo verso l’autodistruzione.
Guarda La Luna, armato di una consapevolezza nuova, guida un secondo assalto verso la tribù rivale. Progresso contro conservatorismo. Ma la lotta è impari, ormai, e questa seconda ripresa si conclude tanto velocemente quanto la prima …
Con esiti completamente opposti. Il progresso spazza via la tradizione, il più forte sopraffà il debole, la civiltà arriva ad assoggettare la natura selvaggia al proprio volere: assistiamo al primo esempio di colonizzazione della storia dell’uomo, che da qui in avanti si ripeterà senza sosta.
La battaglia è vinta, il territorio conquistato, il nemico schiacciato e i suoi alleati sottomessi. In segno di vittoria, Guarda La Luna lancia la sua arma all’indirizzo del cielo. La conquista degli ambienti terrestri è già iniziata, e il progresso – che mira sempre verso l’alto – già pensa a raggiungere i mondi nascosti fra le stelle.
Citando A Canterbury Tale del 1944 (24 anni prima il regista Michael Powell aveva avuto l’idea, usando un montaggio in asse, ti trasformare un’aquila in un caccia bombardiere), Kubrick realizza quella che è forse la più grande ellissi della storia del cinema. L’osso di Guarda La Luna, roteando a mezz’aria, viene attirato verso il suolo dalla forza di gravità …
… per tramutarsi in un’astronave grazie al match cut più celebre mai concepito, realizzato dal regista insieme al montatore Roy Lovejoy. In un semplice stacco Kubrick compie un’omissione temporale gigantesca, partendo da ieri (4 milioni di anni fa) e arrivando al domani (2001, quando il film uscì era il ’68) alla velocità di un battito di ciglia. In mezzo a quello stacco c’è tutto il resto, la nostra storia, tutta la nostra evoluzione – il cui concetto è arrivato dalle stelle tramite il monolito – che ha permesso a quell’osso di aspirare a diventare qualcosa di più.
2001: Odissea Nello Spazio di Stanley Kubrick è attualmente disponibile in home-video.