La fidanzata di Minami di Uchida Shungiku | Recensione

Pubblicato il 20 Maggio 2018 alle 17:00

Coconino Press – Fandango porta in Italia un manga della eclettica Uchida Shungiku.

Chiyomi è una ragazza che frequenta il liceo e che improvvisamente diviene piccola di dimensioni (15,6 cm. per 40 grammi di peso), quasi fosse una bambola. Il fatto strano è che la ragazza non vive con i genitori, che, come tutti gli altri, credono che sia scappata per qualche motivo di casa, ma è rimasta a vivere a casa del suo fidanzato Minami, che si prende cura di lei in tutto e per tutto: è infatti lui a cucirle i vestiti, a portarla a scuola per farle comunque seguire le lezioni, a prepararle il cibo che mangia… I due dunque  si trovano a dividere la loro vita come una coppia, ma ovviamente senza quegli aspetti fisici che hanno tutte le coppie: non solo fare l’amore, ma anche dimostrare di essere una coppia di fronte agli altri. A ciò si aggiungono le gelosie che nascono da una situazione così inverosimile…

Abbiamo già accennato alla rivista Garo in occasione della recensione di Neve Rossa di Susumu Katsumata: questa rivista era sperimentale e visionaria, eccessiva e violenta, secondo il pensiero del suo fondatore, Nagai Katsuichi. Anche se con il tempo questo carattere si era un po’ diluito, nei primi anni Ottanta la rivista conosce una nuova prosperità soprattuttto grazie alle artiste che cominciano a collaborarvi, tra le quali c’è anche Uchida Shungiku. Abbiamo così opere come Osoroshii kaeru sake, Burû bebî ni akai hana e Taikutsuna shîrakansu, fino ad arrivare a La fidanzata di Minami, una storia che ha sempre conosciuto il successo; basti dire che si contano ben quattro adattamenti per il piccolo schermo basati sul manga, prodotti dal 1990 al 2015.

Bisogna ammettere che leggere La fidanzata di Minami senza conoscere la vita della sua autrice ci regala solo una storia carina, ma che non porta nulla di originale se non alcuni spunti di riflessione sulle difficoltà delle vita di coppia. Ma a questo punto a mio parere Futari Etchi (in Italia parzialmente pubblicata da Dynit), fatte le dovute distinzioni (la coppia protagonista del manga di Katsu Aki ha 25 anni e quindi le problematiche sono più adulte) è più a 360 gradi.

Ma se si conosce la storia dell’autrice si capisce che la trama ha alcuni spunti autobiografici della mangaka, che all’epoca aveva solo 26 anni. Anche Uchida, da adolescente, era fuggita di casa a sedici anni per le attenzioni del patrigno (e infatti i genitori in questo manga sono praticamente delle ombre); Minami, invece, potrebbe rappresentare la visione di Uchida come madre, che dà quelle attenzioni che l’autrice non aveva mai ricevuto.

Lascio scoprire a voi, invece, il resto dell’interpretazione, per la quale vi sarà utile la nota a fine volume di Paolo La Marca, che anche in questo tomo regala un approfondimento studiato e calibrato (ma agile da leggere), che si dimostra soprattuttto in questo caso utilissimo ai fini della comprensione dell’autrice e della sua storia.

Dal punto di vista del disegno, invece, abbiamo un tratto piuttosto grezzo, che alla fine richiama quello degli anni Ottanta. Gli ambienti sono assolutamente scarni e ciò che conta in conclusione è solo la storia dei due ragazzi.

 

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