Aki di Francesco Tatoli | Recensione

Pubblicato il 18 Maggio 2018 alle 17:00

Cercate un fumetto ancora più nero e macabro di The Cannibal Family? L’avete trovato è Aki di Francesco Tatoli!

«Io sono l’erudito che il culto reclama a gran voce. Io sono un Valtiel, servo di Dio. Ho l’incombenza di garantire la vita a chi porta con sé il grembo divino, che contiene Il Dio rosso, Xuchilbara. Esso vivrà dopo la purificazione dei 60 sacramenti. Con fede incrollabile sotto la veemenza di Dio, mio signore dell’ antico culto.» 

Trovarsi in libreria di fronte a uno scaffale colmo di titoli editi da Edizioni Inkiostro prepara già la mente e l’animo del lettore a uno schiaffo nudo e crudo al cervello, grazie alle tematiche affrontate in maniera esplicita, senza fronzoli e come nessun altro potrebbe mai narrare. Aki non delude la linea editoriale della casa editrice di Rossano Piccioni e vi si affianca, facendo timidamente capolino come un bambino che esce per la prima volta da dietro la gonna della madre per andare a conquistare il mondo.

Aki è l’opera prima di un autore esordiente che non ha nulla da invidiare ad altri autori del genere gothic-horror. Francesco Tatoli si cimenta in un percorso narrativo oscuro e difficile, dove la narrazione rischia  di perdersi inizialmente, di cadere su se stessa e sulla pura rappresentazione di scene splatter.

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Si narra di un rito sofferto, partorito lungo le 96 pagine racchiuse in un elegante cartonato nero, che accompagna il lettore nelle viscere profonde di una cultura pagana rinchiusa in un piccolo cassetto della memoria di tante culture: tra tutte, riconosciamo elementi della religione dei Suma, quella  indonesiana e quella cristiana (elementi parzialmente presenti anche nella saga di Silent Hill). La religione sumana, mescolatasi con quella cristiana in seguito alla colonizzazione, si accomoda sulla narrazione di Tatoli al fine di far rinascere un nuovo Messia per mano del Valtiel Aki, che crea costantemente sacrifici umani al fine di accedere al misterioso Homerium. Violenza in salsa cannibale a fini religiosi e scene eroticamente gore si susseguono in ogni singola pagina, alternando gli excursus volutamente splatter e incensurati alla filo narrativo principale.

La prima impressione che si ha aprendo questo volume è quella di trovarsi di fronte a una vhs rovinata dall’usura del tempo, una di quelle che è stata vista talmente tante volte da avere il nastro quasi a pezzi. Il tratto sporco, carico di rumore, accentua ancora di più l’oscura trama che si annida tra le vignette, circondando l’ambiente intorno al lettore di un buio impenetrabile, dall’interno del quale è difficile uscire. Gli unici punti di riferimento risultano essere gli occhi del Valtiel e del testone di bambola che indossa: imponendosi sulla tavola a fumetti, Aki e la voce che lo accompagna diventano ciceroni tra la scia di cadaveri che egli stesso sparge, al fine di compiere il sacro rito. Chi legge si ritrova a dover necessariamente seguire Aki lungo il suo macabro viaggio, strizzando gli occhi per non vedere ciò che egli fa o per vedere meglio chi egli distrugge fino al suo arrivo dentro il delirante Homerium.

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