Deadpool 2 di David Leitch: il decostruzionismo del sequel

Pubblicato il 17 Maggio 2018 alle 14:00

Il film è attualmente in programmazione nei cinema italiani.

Tendenzialmente il secondo capitolo di una saga cinematografica è sempre orientato verso due elementi narrativi ricorrenti: per quanto riguarda il processo di ampliamento e approfondimento della caratterizzazione dei personaggi abbiamo l’esplorazione del tema familiare, che spesso e volentieri nello specifico si riferisce a quello di padre/figlio, dove la figura genitoriale sopraggiunge dal passato per turbare la nuova quiete del protagonista, quella stessa quiete raggiunta nel finale del film precedente e che all’inizio del sequel costituisce l’idillio destinato a spezzarsi; da un punto di vista di approccio narrativo, invece, c’è la drastica virata verso mari più oscuri, verso atmosfere più decadenti e minacciose, verso quel senso di morte incombente che promette di porre fine all’avventura del protagonista, evidentemente costretto ad affrontare pericoli ben più terribili rispetto a quelli superati nel primo capitolo.

La storia del cinema è piena di sequel realizzati secondo questi canoni, mai dogmatici ma sicuramente preferibili. Da quel Padrino – Parte II del 1974 (in cui la figura paterna era quasi più protagonista del protagonista stesso) gli esempi di sequel più oscuri e incentrati sul tema familiare (e cioè in cui, quando non c’è un misterioso genitore in arrivo, è l’eroe stesso a dover assumere quel ruolo) sono praticamente interminabili e spesso a dir poco riuscitissimi: L’Impero Colpisce Ancora – tra l’altro citato in Deadpool 2 – Guardiani della Galassia 2, Terminator 2, Indiana Jones e il Tempio Maledetto (quasi horror), Indiana Jones e l’Ultima Crociata (figlio-padre), Indiana Jones e Il Regno del Teschio di Cristallo (padre-figlio: si, la saga di Spielberg ce l’ha tutte), Blade Runner 2049, Aliens, Logan, Blade II, Hellboy: The Golden Army, Gli Ultimi Jedi L’Attacco dei Cloni (rapporto padre-figlio fra Obi-Wan e Anakin, con quest’ultimo che vuole creare una famiglia tutta sua e nel frattempo perde la propria madre), Skyfall (rapporto madre-figlio) e Spectre (rapporto fra fratelli), è un tema che toccherà anche l’imminente Avatar 2 … perfino in John Wick 2 viene affrontato il concetto di famiglia, sebbene la famiglia in questione sia quella dei villain.

Insomma, la formula sembra essere chiara. Più dark, più familiare. E in questo senso Deadpool 2 di David Leitch, rispetto al primo capitolo di Tim Miller, dimostra di aver fatto i compiti a casa (si scimmiotta Logan, .Wade vuole una famiglia e forse la troverà dove non avrebbe mai pensato di cercarla). Ma c’è di più.

Leitch, che non è affatto stupido (anzi dopo il primo John Wick e Atomica Bionda si dimostra fra i più interessanti registi di cinema d’azione) sa benissimo che un film come questo (che, al di là del budget è profondamente b-movie quando si parla di caratterizzazione dei personaggi, dato che non è minimamente interessato a quell’aspetto) non può permettersi di essere troppo dark e/o tragico (memorabile la battuta sulla DC), in quanto ancorato al concetto di divertissement puro e semplice.

E allora non è un caso che la componente oscura del film venga così caricaturizzata (la morte di Deadpool viene rimandata dopo quattro discorsi da “ultime parole”) né che la scena più bella del film sia quella dei titoli di coda (probabilmente la migliore di sempre, che fa addirittura venir voglia di vedere un intero film incentrato su quell’idea lì), perché in questo modo ad essere valorizzata è la caratteristica fondamentale di questo franchise, quella che ha reso il primo film un capolavoro: il meta-cinema.

In Deadpool il pubblico faceva la conoscenza del primo supereroe cosciente di trovarsi all’interno di un film di supereroi, che dimostrava di non avere alcun rispetto per i canoni di quel genere cinematografico e ne diventava il mattatore, lo decostruiva pezzo per pezzo (con parolacce, iperviolenza, surrealismo, tantissimo sesso, quando i cinecomic sono praticamente asessuati), lo dissacrava con una potenza iconoclastica senza precedenti.

Deadpool 2 è ben cosciente di non poter avere lo stesso impatto del film precedente (troppo originale, troppo innovativo), quindi decide di giocare in contropiede e invece che deridere il genere cinecomic rivolge la propria irriverenza contro se stesso, contro il concetto di franchise, contro la propria sceneggiatura (definita più di una volta “deboluccia”). E’ un film che sa di essere un sequel, un sequel che sa di essere inferiore al primo episodio (rispetto al quale ricalca volontariamente parecchi passaggi narrativi, proprio per ribadire la sua inferiorità) ma è un sequel che ha comunque delle cose da dire (a livello sociale e politico) e allora decide di dirle nell’unico modo che conosce, e cioè a modo suo.

E c’è tanta, tantissima originalità in questo.

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