Intervista a Kim Keukeleire (L’isola dei Cani) | Napoli Comicon 2018
Pubblicato il 9 Maggio 2018 alle 17:30
Il nuovo film di Wes Anderson è attualmente in programmazione nei cinema italiani.
Durante il Napoli Comicon abbiamo avuto l’occasione di incontrare la splendida Kim Keukeleire, lead animator della nuova opera in stop-motion del regista Wes Anderson, L’Isola dei Cani. Con un invidiabile curriculum nel mondo dell’animazione (che include Galline in Fuga, Frankenweenie, Fantastic Mr. Fox e La Mia Vita da Zucchina) la Keukeleire si è concessa alle domande del sottoscritto e degli altri colleghi che hanno preso parte alla roundtable nella splendida cornice dell’hotel Grand Vesuvio, affacciato sul lungomare napoletano.
Qual è stata la sequenza più difficile da realizzare?
Quella con Spot e Atari nell’ospedale, perché abbiamo dovuto capire come Spot si sarebbe dovuto muovere, le caratteristiche sue e di Atari. La parte tecnica è sempre difficile quando inizi a lavorare a un film, perché i modelli non sono completi al cento per cento e vanno perfezionati.
Come avete lavorato col direttore della fotografia sui vari set del film?
La difficoltà in un lavoro come il nostro è che siamo una trentina d’animatori su 45 set, mentre il direttore della fotografia lavora con una squadra di persone che prepara tutti prima che noi arriviamo, mesi prima del nostro lavoro, in seguito a discussioni tra lui, Wes, gli scenografi e tutti quelli che contribuiscono alle scene per cercare di trovare e costruire l’inquadratura giusta. Quando arriviamo noi, i set e le luci sono pronti, ma a questo punto dobbiamo dirgli quale sarà la nostra posizione per lavorare all’animazione e a volte è necessario che modifichino qualcosa per adattarsi alle nostre necessità e permetterci di arrivare ai modelli e muoverli a seconda dello sviluppo della scena. Wes è molto ossessivo per quanto riguarda l’inquadratura, vuole che i personaggi siano completamente al centro o del tutto di lato e per questo c’è sempre molto da discutere. Posizioniamo un pupazzo, mandiamo una foto a Wes e lui ci dà indicazioni su come spostarlo. A volte ci sono molte consultazioni e modifiche insieme a scenografi e tecnici delle luci prima di poter procedere. È vero che siamo solo una trentina di animatori, ma ci sono più di trecento persone al lavoro sul film ed è necessaria molta coordinazione.
Come avete lavorato sull’espressività dei personaggi?
I pupazzi dei cani hanno un’armatura interna molto diversa da quella dei personaggi umani. Wes voleva che i personaggi giapponesi avessero poca espressività e ne animavamo il volto sostituendo le maschere mobili, mentre i cani avevano una struttura che ci permetteva di muovere ogni parte della bocca e ogni dettaglio del volto, dalle guance alle sopracciglia. Voleva che le teste dei cani fossero estremamente espressive fin nei minimi dettagli.
Quanto si è evoluto il mestiere dell’animatore stop motion negli ultimi vent’anni?
Ho iniziato lavorando a delle pubblicità dopo la scuola, ma il punto di svolta è arrivato quando mi sono avvicinata alla Aardman Animations per Galline in Fuga, perché lì ho imparato a lavorare in un gruppo. Tecnicamente non è cambiato molto, anche se per esempio per Galline in Fuga abbiamo girato in pellicola, in 35mm, ed era un incubo. Oggi il digitale è un grande aiuto per la stop motion, le nuove camere sono più semplici da usare e inoltre puoi controllare subito quello che hai fatto e correggere se necessario.
Molti film in stop motion degli ultimi tempi fanno largo uso di CGI a supporto, ma in questo film sono ridotti al minimo. È una scelta di Wes Anderson o avete detto la vostra come animatori?
Decisamente una scelta di Wes. Ogni cosa dipende da lui. Sin dall’inizio ha scelto di usare la stop motion proprio per l’effetto che ha, altrimenti avrebbe scelto un’altra tecnica, scegliendo di fare tutti gli effetti dal vivo. Per esempio usando la lana per fare il fumo o la pellicola per l’acqua. È esattamente quello che voleva, perché si ricollegava ai suoi ricordi di bambino.
E che ne pensa dell’uso che altri, come la Laika, ne fanno come se fossero gli effetti speciali di un film?
Capisco che in alcuni casi sono obbligati a usarla, per esempio per le scene con molti personaggi che richiederebbero troppo lavoro, ma personalmente preferisco quando ci si affida unicamente ai pupazzi. La Laika ne usa molta e a volte perde un pizzico di tangibilità e spontaneità che è tipica della stop motion. Inoltre Wes voleva girare in passo due, mentre la Laika gira in passo uno. Questo vuol dire che loro muovono il pupazzo e scattano un fotogramma, mentre noi ne abbiamo fatti due, quindi non 24 fotogrammi al secondo ma 12. È più simile all’animazione 2D e dà un feeling completamente diverso, che Wes ha voluto sin dall’inizio. Questo a parte la sincronia del parlato, che è stato fotografato a passo uno nei casi in cui voleva che si percepisse la fedeltà dei movimenti al testo.
L’isola dei cani, Fantastic Mr Fox, Galline in Fuga e Frankenweenie sono tutti film legati agli animali. È particolarmente legata all’argomento o è semplicemente un caso?
È capitato! Penso che dipenda dal fatto che in film per ragazzi e per famiglie ci siano molti animali. Lo potete vedere anche nei film d’animazione in CGI.
Come viene percepita dai bambini la stop motion?
Non penso che i bambini facciano differenza, per loro è una storia. Forse iniziano a percepire una certa differenza quando crescono. Da bambini guardiamo tante produzioni in stop motion fatte per la televisione e in qualche modo vi restiamo legati. Capita anche di rivedere da adulti qualcosa che avevamo guardato da bambini senza che ci rendessimo conto di come era realizzata.