Avengers: Infinity War | Recensione

Pubblicato il 25 Aprile 2018 alle 10:30

Thanos, il Titano Pazzo, il despota intergalattico, sguinzaglia i suoi accoliti dell’Ordine Nero per recuperare le Gemme dell’Infinito che gli permetteranno di effettuare un genocidio universale. Gli Avengers, divisi e dispersi dopo il recente conflitto intestino, dovranno affrontare le forze di Thanos in una battaglia disperata sulla Terra e in remoti angoli dell’universo, coadiuvati da nuovi inattesi alleati come i Guardiani della Galassia.

Ce lo siamo chiesti per anni se il desiderio dei fan Marvel di vedere trasposti sul grande schermo i maxi-crossover a fumetti potesse avverarsi e funzionare, se le doppie splash-page affollate di supereroi, se le mastodontiche saghe intergalattiche costituite da miniserie con i rispettivi, numerosi tie-in potessero trovare la giusta collocazione nel formato cinematografico, compresse in film di due ore e mezza. Il primo The Avengers, fenomeno globale uscito ormai sei anni fa, metteva insieme quattro gatti in costume per respingere una convenzionale invasione aliena. Nel successivo Age of Ultron si aggiungevano tre elementi di cui uno, Quicksilver, veniva eliminato subito. In Captain America: Civil War, il megaconflitto che ha sconvolto il Marvel Universe fumettistico veniva ridotto ad una pur divertente scaramuccia sei contro sei.

Avengers: Infinity War è il culmine di dieci anni di Marvel Universe cinematografico e non sorprende, data la sovrabbondanza di personaggi, l’idea di aver diviso il finale in due film che escono a distanza di un anno l’uno dall’altro. A tal proposito, mettiamo i puntini sulle i. E’ stato reiterato più volte in fase promozionale che si tratta di due opere fruibili a se stanti. Non è così. Infinity War è la prima parte della storia, è una vicenda che si conclude a metà, che non porta ad alcuna risoluzione, la maggior parte delle linee narrative non viene risolta, anzi, tutto è lasciato aperto per il prosieguo.

E’ stato detto, inoltre, che Thanos è il vero protagonista del film. Lo diventa nella seconda parte. Nella prima ora lo vediamo un paio di volte, poi la sua back-story e il rapporto conflittuale con la figlia Gamora diventano il motore emotivo principale e la componente drammatica della storia. La prospettiva che ci fornisce il Titano Pazzo, sotto la cui pelle viola digitale s’intravede la mimica facciale di Josh Brolin affatto limitata dalla performance capture, conferisce un tono dark e nichilista al racconto. Thanos non è felice di quello che fa ma è convinto che sia giusto farlo. E’ quasi più un antieroe che un villain.

E i supereroi fanno da comprimari, Avengers non troppo uniti. La struttura diventa a tratti dispersiva e le diverse linee narrative si assottigliano lasciando poco spazio d’approfondimento a personaggi che si limitano perlopiù ad essere action figures, si preoccupano di far ridere il pubblico e le linee di dialogo che apportano spessore drammatico si contano sulla punta delle dita. Quando hai gente come Robert Downey Jr., Tom Holland, Benedict Cumberbatch, Chris Pratt e Chris Hemsworth insieme sul set è comprensibile la voglia, l’impulso di dare spazio alla loro verve comica, ma l’umorismo diventa a volte troppo insistito. Non ci si accontenta della battuta e della risata, c’è la controbattuta e la contro-controbattuta.

Iron Man e Spider-Man si limitano a sfoggiare le loro armature nuove. Captain America ha un’esaltante rentrée ma non aspettatevi la risoluzione del conflitto ideologico con Tony Stark. Thor è quello guascone e tamarro di Taika Waititi che ben si amalgama con i Guardiani di James Gunn ed ha un memorabile apice epico. Il ruolo mistico di Doctor Strange è funzionale soprattutto nella parte finale. Scarlett Johansson ha tre battute in tutto il film, Winter Soldier, anzi, Lupo Bianco non ha nemmeno quelle. Reduci dal successo dello stand-alone, Black Panther e compagnia wakandiana forniscono il campo di battaglia. Per quanto riguarda Hulk, sappiate che i trailer sono particolarmente ingannevoli circa la sua presenza nel film e l’assenza di Hawkeye in fase promozionale, ve lo garantiamo, ha le sue ragioni. Oltre a Thanos e Gamora, l’unica altra relazione rilevante è quella tra Visione e Scarlet Witch, seppur risolta in poche battute. Peter Dinklage (Tyrion Lannister in Game of Thrones) compare in un ruolo autoironico e nodale.

I fratello Joe e Anthony Russo, alla loro terza prova con i Marvel Studios (dopo Captain America: The Winter Soldier e Captain America: Civil War) hanno fatto passi da gigante. Hanno gradualmente accresciuto la portata delle sequenze di battaglia giungendo qui a mastodontiche scene di massa in IMAX, si gettano nella mischia con la macchina da presa, nonostante il marasma, i singoli scontro sono sempre resi in maniera chiara, mai caotica e piazzano un buon numero di gag action memorabili. Gli effetti digitali sono quelli un po’ zoppicanti ai quali ci ha ormai abituato la Marvel, ma quando hai un film che è tutto un grande effetto digitale dovresti avere dei tempi pre e post-produttivi molto molto ampi per poterci lavorare ed Avengers: Infinity War non ha certo avuto la gestazione di un Avatar. Alan Silvestri torna con l’iconico tema varato nel primo episodio, un po’ mortificato da Brian Tyler e Danny Elfman in Age of Ultron, e qui riesplode in tutta la sua potenza pompando i momenti più epici.

Il finale, di cui ovviamente non vi riveleremo nulla, lascia tutto aperto per ogni possibile risvolto. Se state attenti, viene somministrato qualche indizio sui prossimi risvolti narrativi e c’è una sola scena dopo i titoli di coda. L’esigenza era quella di conciliare l’entertainment con il fan service e con la volontà di raccontare una storia senza sedersi sul semplice spettacolo visivo. Il risultato è apprezzabile seppur gravato da prevedibili difetti e destinato solo a chi è già appassionato della saga. I neofiti, quelli che possono guardare occasionalmente un Black Panther o un Guardiani della Galassia senza avere il quadro complessivo della saga, stiano alla larga perché ne capiranno ben poco. D’altronde questi sono gli effetti collaterali dell’operazione crossmediale, quando la serialità del fumetto diventa cinema.

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