The Promised Neverland 2 | Recensione

Pubblicato il 21 Aprile 2018 alle 10:00

Continua l’avventura degli orfani della Grace Field House.

Fuggire, correre, sopravvivere…

Il sipario del primo volume di The Promised Neverland era calato su un simposio di Demoni intenti a banchettare con i loro fieri pasti. Lo spettacolo ricomincia con il nuovo piano escogitato da Emma per disattivare le ricetrasmittenti che si trovano impiantate nelle orecchie di tutti gli orfani e trovare un modo per fare scappare tutti.

Inizia così una sorta di addestramento mediante il gioco ad acchiapparello che assume ben presto i contorni del preludio a una fuga disperata.

Mentre i nostri tre protagonisti perfezionano il piano di fuga dall’orfanotrofio, la figura di sorella Krone si fa sempre più minacciosa: la donna vuole rubare a Isabella il ruolo di “mamma” e inizia a interagire con i bambini sempre più da vicino.

Purtroppo gli sforzi di Emma, Norman e Ray, non importa quanto terreno guadagnino nella lotta contro Isabella e i suoi piani di dare gli orfani in pasto alle orde demoniache, sembrano sempre arenarsi di fronte a un nuovo ostacolo. Che si tratti dei dispositivi di localizzazione, della presenza di sorella Krone o del tempo che manca alla data della loro fuga, c’è sempre un nuovo muro da abbattere. Forse solo l’unione potrà fare la forza, così come recita un antico adagio, ma anche su questo orizzonte sembrano addensarsi nubi minacciose.

Qualcuno all’interno nell’orfanotrofio è un traditore che fornisce alla “mamma” informazioni sulle azioni e il luogo in cui si trova il trio principale in ogni momento della giornata. Questo nuovo tassello che si aggiunge a un puzzle già intricato, porta la trama della storia a un livello completamente nuovo. La presenza di una possibile spia rende molto interessanti i giochi mentali e accelera i meccanismi di difesa. Nonostante l’identità della spia sia svelata relativamente presto rispetto ad altre serie, la scoperta ha un impatto non indifferente a livello di storia seminando vortici paranoici man mano che la trama si dipana. Al trio principale in questo volume vengono affiancati Don e Gilda, ai quali i protagonisti raccontano una mezza verità nel tentativo disperato di scoprire chi li tradisce e se sia possibile unire le forze di tutti per evadere. Il mondo esterno viene citato più di una volta assumendo i contorni di qualcosa di reale, mentre nel corso del primo volume era apparso come un concetto piuttosto fumoso.

Il senso di crescente paura e pericolo in tutta la storia è accentuato da alcune tavole davvero impressionanti. Sebbene non siano dettagliate come nel primo volume (la maggior parte dell’azione si svolge nella foresta, in un corridoio e in una camera da letto), l’attenzione si concentra meno su creature e figure orribili e più sul linguaggio del corpo dei personaggi e sulle loro espressioni. I protagonisti, messi di fronte a scoperte sempre più scioccanti, sono chiamati a gestire una vasta gamma di emozioni lungo questo arco: i loro volti passano da una gioia simulata a un’attenzione prudente fino a giungere a una completa diffidenza. Ciò è particolarmente evidente in Emma e Norman, che raramente hanno avuto la possibilità di superare i loro archetipi di base nel primo volume. È una gioia per gli occhi costatare la bravura di Posuka Demizu nel riuscire a rendere le emozioni dei personaggi, pur essendo le stesse sensazioni, ognuna diversa su un volto diverso. La “mamma” in questo volume fa un po’ da tappezzeria, lì in attesa che le cose accadano o pronta solo a dare istruzioni su cosa fare.

D’altronde, questa seconda uscita si basa più su un lavoro di introspezione. Un ricamo tessuto con arte e pazienza reso con un egregio lavoro di caratterizzazione e un forte senso del ritmo. Una lettura seria con un colpo di scena che regalerà una chiave di interpretazione diversa delle vicende fin qui accadute.

Imperdibile.

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