La Mia Cosa Preferita Sono i Mostri Vol. 1 | Recensione

Pubblicato il 19 Aprile 2018 alle 10:00

Una delle novità più attese di Bao Publishing esce finalmente in libreria e intriga i lettori fin dalla prima sfogliata. La Mia Cosa Preferita Sono i Mostri è il primo volume di una storia complessa a più livelli narrativi, che omaggia il fumetto anni Sessanta, ma non solo: è anche un diario intimo sulla difficile lotta dell’autoaccettazione.

Un bel volumotto di oltre 400 pagine e un volto in primo piano illuminato da una minacciosa luna piena: così si presenta al lettore La Mia Cosa Preferita Sono i Mostri, la graphic novel proposta in Italia da Bao Publishing che farà sicuramente parlare di sé per le sue peculiarità. L’autrice è Emil Ferris, una cartoonist americana che debutta nel mondo del fumetto proprio con questo volume.

Anche la genesi di La Mia Cosa Preferita Sono i Mostri merita di essere raccontata: nel 2001 la Ferris si ammalò gravemente in seguito alla puntura di una zanzara, tanto da ritrovarsi paralizzata dalla vita in giù e da perdere l’uso della mano destra. Fortunatamente nulla di irreparabile: la Ferris guarì proprio mentre lavorava alla sua primissima, ambiziosa graphic novel: La Mia Cosa Preferita Sono i Mostri, per appunto.

Ma non è necessario conoscere questo retroscena per rimanere affascinati da questo volume (che non racconta una storia completa, ma solo la prima parte – per quanto lunga): non appena il lettore lo apre, ha subito l’impressione di sfogliare le fotocopie di un quaderno a righe, con tanto di anelli e di fori a lato delle pagine. I disegni sono completamente realizzati con penne a sfera di diversi colori e ricordano gli scarabocchi che ognuno di noi ha fatto sui quaderni di scuola, con la differenza che questi hanno l’interno di raccontare una storia ben costruita, narrata direttamente in prima persona dalla protagonista.

Questo quaderno appartiene a Karen Reyes, una ragazzina del 1968 che adora i mostri: trascorre le sue giornate a leggere i tipici fumetti horror anni Sessanta e a guardare alla tv i vecchi classici dell’horror. Ama a tal punto i mostri da ritrarre se stessa nelle sembianze di un essere zannuto, a metà tra un umano e un lupo mannaro. Questo è emblematico, dato che il mostro rappresenta da sempre ciò che è diverso e che viene rifiutato a priori per questo: e Karen è “diversa” per tanti motivi, come scoprirà il lettore nel corso della lettura.

Oltre a non avere gli stessi interessi delle altre ragazzine della sua età, Karen appartiene ad una delle minoranze etniche di Chicago, in un periodo storico particolarmente delicato. La madre è in parte irlandese e in parte indio-americana, mentre invece il padre – che ha abbandonato da tempo il nucleo famigliare – è messicano. A completare la famiglia è Diego, detto “Deeze”, il fratello maggiore latin lover che alimenta in Karen la passione dell’arte e del disegno.

Già fino a questo punto c’è parecchia “materia prima” per raccontare una storia più complessa di quella che potrebbe sembrare all’inizio. La quotidianità di Karen, però, comincia a cambiare lentamente da quando una delle vicine di casa dei Reyes, Anka Silverberg (una signora dal passato particolarmente tormentato), viene uccisa. La polizia parla di suicidio, ma nessuno nel palazzo crede a questa versione dei fatti: nemmeno Karen, che per risolvere il mistero indossa un impermeabile e comincia ad improvvisarsi investigatore privato, raccogliendo informazioni.

Per tutta la durata di questo primo volume, il lettore assimila il contesto storico, la realtà del palazzo e la quotidianità della famiglia Reyes attraverso gli occhi un po’ ingenui di Karen, che tende ad interpretare fatti e persone attraverso un filtro “mostruoso”, senza tuttavia distorcere la realtà: Karen riesce ad intuire la fragilità delle persone. In questo modo gli attimi violenti del fratello Deeze diventano gli attacchi di un drago che necessita di essere domato. Ma, se Karen riesce ad intuire delle verità, allo stesso modo si lascia circondare da segreti che riguardano lei e la sua famiglia.

La Mia Cosa Preferita Sono i Mostri racconta diverse tematiche e affronta contemporaneamente numerosi generi, che vanno dal dramma famigliare al thriller, dal noir all’horror. Denominatore comune è il mostro, eterno simbolo del diverso: diverso in quanto appartenente ad una minoranza etnica, diverso in quanto ebreo durante la Seconda Guerra Mondiale, diverso in quanto non eterosessuale, diverso in quanto vittima di una malattia mortale.

Anche i disegni “tradiscono” il periodo storico in cui è ambientata la storia. Nonostante all’inizio di questa recensione si sia parlato di “scarabocchi”, i disegni sono tutt’altro che approssimativi: nel volume convivono ambientazioni tratteggiate in modo particolarmente dettagliato e volti cartooneschi, parodistici, che ricordano tanto quelli di riviste come Mad Magazine.

A questo si aggiunge anche un certo gusto naif, giustificato dal fatto che la narratrice della storia è una ragazzina, e non un’illustratrice professionista. Inoltre le forme robuste e plastiche dei personaggi non possono che essere un omaggio ad uno dei grandi autori del fumetto underground americano anni Sessanta: Robert Crumb.

Per concludere: La Mia Cosa Preferita Sono i Mostri è sicuramente una delle graphic novel più intriganti di questo ancora lungo 2018, capace di immergere totalmente il lettore in una storia che ha tantissimo da offrire.

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