Machine Man di Barry Windsor-Smith | Recensione

Pubblicato il 7 Aprile 2018 alle 10:00

Panini Comics propone in volume una delle più belle miniserie Marvel degli anni ottanta: Machine Man! Cosa succede all’eroe creato da Jack Kirby nel contesto futuribile del 2020? Ce lo spiega Tom De Falco, coadiuvato dallo spettacolare Barry Windsor-Smith!

Panini Comics propone in volume una miniserie degli anni ottanta incentrata su Machine Man, il celebre eroe creato dal Re Jack Kirby quando, verso la fine dei seventies, ritornò alla Casa delle Idee dopo una parentesi alla DC. In quella stagione creativa, Kirby inventò personaggi come gli Eterni, Devil Dinosaur e, appunto, Machine Man. Quest’ultimo è un robot, X-51, che aveva esordito in 2001 A Space Odissey, comic-book kirbyano ispirato al capolavoro di Kubrik.

In seguito ottenne una serie regolare, ambientata nel Marvel Universe e caratterizzata da un piacevole mix di supereroismo e fantascienza. Non ebbe lunga vita e solo negli anni ottanta uscì la miniserie ora proposta da Panini. Si tratta di un’iniziativa lodevole poiché Machine Man è considerata una delle migliori opere del periodo Shooter e in Italia era ormai introvabile (uscì parecchio tempo fa in una pessima edizione Play Press).

A scriverla è Tom De Falco che successivamente avrebbe sostituito Shooter come editor in chief della Marvel. Di solito ha un’impostazione classica e si diverte a imitare lo stile narrativo di Stan Lee e altri autori Silver Age. Nel caso di Machine Man, però, la sua attitudine è diversa. Innanzitutto, la storia si svolge nel 2020, in quella che risulterà essere Terra-8410. De Falco, in pratica, inserisce l’eroe robotico in un contesto a lui appropriato, quello di una società futuribile degna di Blade Runner o di un romanzo cyberpunk (bisogna specificare che la mini uscì nel 1984, lo stesso anno di pubblicazione di Neuromante di William Gibson).

E’ qui dunque che si trova Machine Man, dopo essere stato disconnesso e smantellato. Si sveglia quindi in un mondo che non conosce, ricorda gli eventi del passato ma ha un atteggiamento diverso da quello della sua prima serie. Se in precedenza Machine Man era infatti un robottino simpatico, spesso propenso a fare battute spiritose, ora non è più così. De Falco lo descrive come un essere cupo, tormentato, inquietante, coinvolto in situazioni drammatiche e sinistre. Cosa c’è dietro la sua rianimazione? E, soprattutto, quale ruolo gioca la perfida Sunset Bain, classica nemesi di Machine Man, che nel 2020 è ancora viva, sebbene invecchiata, e più letale di prima?

De Falco fa apparire poi Jocasta, la donna robot creata da Ultron e spesso presente nelle storie dei Vendicatori, antico amore di Machine Man. Anche in questo caso, però, De Falco la presenta in maniera inusuale. Jocasta, a modo suo, è cambiata e non è detto che possa essere alleata di Machine Man. In realtà, nella miniserie non esiste una distinzione manichea tra buoni e cattivi ma predomina l’ambiguità morale, provocata da una società disumana gestita dalle multinazionali.

Con un giusto equilibrio di azione e introspezione, Machine Man ha quindi una trama avvincente e può vantare testi e dialoghi maturi e adulti nei toni. Appare pure per la prima volta lo spietato Arno Stark, l’Iron Man del 2020, e la trama è valorizzata da un ritmo narrativo serrato e coinvolgente e da continui colpi di scena. L’opera va segnalata altresì per i disegni ma è necessario fare una precisazione. Il volume evidenzia la presenza di Barry Windsor-Smith, leggendario illustratore di Conan The Barbarian, Weapon X e altri capolavori del fumetto mondiale.

L’artista inglese si occupa però solo del quarto e conclusivo numero della miniserie. I primi tre sono realizzati da Herb Trimpe, mai passato alla storia per la qualità dei disegni. Tuttavia, le sue matite risultano valide perché inchiostrate da Windsor-Smith. Machine Man, Jocasta, Sunset Bain, i paesaggi oscuri e crepuscolari del mondo tecnologico in cui si svolge la vicenda, vengono raffigurati in maniera impeccabile e sono impreziositi da splendidi chiaroscuri e da una colorazione vagamente pittorica.

L’ultimo episodio, inoltre, va annoverato tra i lavori migliori di Barry che inserisce gli stilemi preraffaelliti tipici della sua ispirazione in un ambito sci-fi. Le pagine sono perciò un ottimo amalgama di classicismo e futurismo e non possono non catturare l’attenzione del lettore. Insomma, Machine Man è imperdibile.

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