Ghost Stories di Jeremy Dyson e Andy Nyman | Recensione
Pubblicato il 22 Aprile 2018 alle 20:00
Arriva in Italia il terrificante horror britannico Ghost Stories, film d’esordio di Jeremy Dyson e Andy Nyman.
Volendo scomodare Aristotele si potrebbe cercare di spiegare Ghost Stories di Jeremy Dyson e Andy Nyman appoggiandosi comodamente sul ragionamento concatenato deduttivo-dimostrativo del sillogismo: il grande cinema è un trucco, un inganno (ne sanno qualcosa i fratelli Nolan); Ghost Stories è un trucco, un inganno, e pure uno piuttosto astuto e sofisticato; viene da se, dunque, che Ghost Stories è grande cinema.
Scritto e diretto da Jeremy Dyson e Andy Nyman (anche attore protagonista), il film è basato sull’omonima pièce teatrale horror ideata sempre dal duo di attori britannici che nel Regno Unito ha riscosso un notevole successo. Pensato come film antologico (in Inghilterra li definiscono portmanteau film) sull’eredità degli horror della Amicus (storica casa di produzione britannica super-rivale della Hammer: a loro si devono classici del genere horror antologico come Le Cinque Chiavi del Terrore, Racconti dalla Tomba e La Bottega che Vendeva Morte), Ghost Stories include tre cortometraggi all’interno di una stessa cornice narrativa coerente e in novanta minuti si pone lo scopo di raccontare una storia complessa, stimolante e molto filosofica sul paranormale, sullo scetticismo, sulla potenza dirompente della suggestione, sulla vita, sulla morte, sulla natura idiosincratica della religione (sia salvifica che ingannatrice) e sul senso di colpa.
Cresciuto all’interno di una famiglia molto disfunzionale (il padre, estremista religioso ebreo, diseredò sua sorella per essersi innamorata di un ragazzo asiatico), Philip Goodman oggi è un docente di psicologia molto famoso per i suoi studi anti-paranormale, volti a smascherare tutti coloro che sostengono o di avere abilità psichiche per comunicare con i morti o di aver vissuto esperienze ultraterrene in generale.
Un giorno l’ex investigatore del paranormale Charles Cameron, suo punto di riferimento in questo campo (quando era ragazzo, Philip ha deciso di intraprende la professione di scettico guardando il programma televisivo di Cameron), gli scrive chiedendogli un incontro: il vecchio, quasi in punto di morte, gli rivela di essersi imbattuto in tre casi paranormali talmente inspiegabili, talmente inattaccabili, da averlo convinto una volta per tutte che i fantasmi esistono davvero.
La missione di Philip sarà dunque quella di incontrare i tre individui che hanno vissuto queste storie di fantasmi (Ghost Stories), ascoltare i loro racconti e provare – se possibile – a smontarle, a vedere il bluff, a razionalizzarle per ricondurre tutto a traumi passati o suggestioni momentanee dovute a specifiche situazioni emotive. E come il John Trent di Sam Neill ne Il Seme della Follia di John Carpenter, forse anche il nostro Philip si ritroverà faccia a faccia con qualcosa che non riesce a comprendere e che sarà in grado di sconvolgere radicalmente la sua concezione del mondo.
E’ interessante citare lo scaltro lavoro che viene eseguito con la spazialità e la profondità di campo: nella maggior parte delle inquadrature, che siano in interni o in esterni, i protagonisti avranno molto spazio alle loro spalle, ma le lenti della cinepresa terranno gli sfondi quasi sempre fuori fuoco, costringendo lo spettatore ad andarsi a cercare il pericolo con lo sguardo e aumentando il senso di disagio e suspance (che nei tre racconti-nel-racconto raggiunge picchi molto alti).
Questa la più grande trovata di un horror non tanto originale quanto sicuramente perfetto in ogni dettaglio, un horror il cui più grande merito resta quello di aver riportato in auge un genere (vecchissimo: il primo, indimenticabile esempio di horror antologico, Incubi Notturni, risale al ’45, senza dimenticare i seminali Creepshow di George Romero e I Tre Volti della Paura di Mario Bava) che in epoca più recente aveva fatto parlare poco di se nel circuito mainstream, con ottimi esempi (V/H/S, Southbound, Tales of Halloween, Holidays) rimasti relegati esclusivamente all’interno delle nicchie di appassionati del genere.