Neve Rossa di Susumu Katsumata | Recensione
Pubblicato il 9 Aprile 2018 alle 10:00
Coconino Press – Fandango porta per la prima volta in Italia Susumu Katsumata, autore della corrente gekiga, ma con caratteristiche che lo rendono un caso peculiare nel panorama fumettistico giapponese
Il volume raccoglie dieci racconti realizzati da Susumu Katsumata per la maggior parte sul finire degli anni Settanta e ambientati nel Giappone rurale dei primi decenni del secolo scorso, tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta. In questo periodo Katsumata narra le avventure di contadini e artigiani per avere quel poco che è loro sufficiente per vivere. Nel volume avremo a che fare con ragazze e ragazzi, donne sposate forti quanto i loro mariti, ma spesso sottomesse al loro ruolo, monaci buddisti sempre in bilico tra la loro spiritualità e le tentazioni erotiche che un villaggio abitato da sole donne può portare, creature leggendarie come i kappa.
Neve Rossa (Akai Yuki) è un volume crudo, che narra, senza quel senso di nostalgia che molti autori anche involontariamnete inseriscono nelle loro opere, la realtà del vecchio Giappone rurale, un Giappone che non esiste più se non, appunto, nei ricordi di chi lo ha vissuto.
I temi trattati sono fondamentalmente drammatici, rivelando le passioni e depravazioni umane più inconfessabili, come violenza domestica, prostituzione, maltrattamenti,… Susumu Katsumata, dunque, conferma in pieno di essere un esponente di spicco di quella corrente eterogenea di autori che viene riconosciuta nel termine gekiga, nome creato da Yoshihiro Tatsumi (Città Arida) nel 1957 per una motivazione fondamentalmente solo pratica: poichè alcuni genitori lamentavano che le sue opere, presenti nei kashinon (librerie a prestito), non fossero adatte ad un pubblico di bambini, il mangaka decise di creare questa etichetta per i suoi fumetti al fine di poter continuare a disegnare i temi crudi e violenti che gli erano più cari.
Anche Katsumata si pone su questa linea di crudezza, ma, al contrario dei suoi colleghi, spesso non rinnega gli stilemi che erano propri di Osamu Tezuka e che sono diventati poi dei veri e propri tratti caratteristici del manga. Tra questi, alcuni momenti di umorismo che, come detto, erano propri delle riviste mainstream dei grandi editori di Tokyo. Inoltre, fa alcune incursioni nel mito giapponese, utilizzando creature leggendarie come i kappa.
Dal punto di vista artistico, invece, il tratto di Katsumata si discosta dagli stilemi del genere gekiga, con un segno che è molto morbido ed assenza di linee cinetiche. Da non sottostimare poi la sua attenzione a fornire di dettagli le proprie tavole, che, ancora un volta, lo differenzia dai suoi colleghi di movimento. Inoltre poi, come detto, alcune volte deforma i corpi e i volti richiamando in certo qual modo la comicità di Tezuka.
Come i precedenti volumi della collana di Coconino Press dedicati al gekiga, anche questo si conferma come un volume molto curato, un classico brossurato con una buona copertina di cartoncino. Anche questo libro contiene una postfazione, questa volta ad opera di Paolo La Marca che inquadra l’autore e le sue opere nel contesto socio-economico in cui sono state scritte, facendo anche una panoramica sul gekiga e sulla rivista Garo. Alla fine del volume anche un profilo biografico dell’autore.