Guido Buzzelli. Frammenti dell’assurdo – Recensione
Pubblicato il 8 Marzo 2012 alle 10:40
Catalogo a cura di Nicola pesce Editore della mostra lucchese dedicata al maestro romano Guido Buzzelli.
Guido Buzzelli. Frammenti dell’ Assurdo.
A cura di: Grazia De Stefani e Angelo Nencetti
Casa Editrice: Nicola Pesce Editore
Provenienza: Italia
Prezzo: 15 €; 100 pp; b/n e col.; bros.
Data di pubblicazione: ottobre 2011
Se c’è una certezza nel panorama fumettistico italiano è che di Guido Buzzelli non si parla mai abbastanza. Tra i grandi maestri del fumetto lui è, purtroppo, uno di quelli meno citati e promossi, eppure tante sue opere hanno saputo precorrere i tempi e modificare il media fumetto in forme e modi divenuti familiari solo da pochi anni a questa parte (basti pensare che è suo il primo graphic novel mai scritto e che le sue opere sono intrise di antieroi, brutti, emarginati e di cruda realtà mista a lampi di “assurdo”).
Ben venga quindi la mostra a lui dedicata dal Museo del Fumetto di Lucca e il bel catalogo della stessa realizzato da NPE, casa editrice che, dall’avvento della nuova direzione editoriale targata Andrea Mazzotta, ha sfornato proposte mai banali ed attente sia alle nuove voci che ai grandi maestri del fumetto dimenticati e non (il lavoro che sta facendo con le opere di Landolfi è emblematico in tal senso).
La cura del volume in esame è sicuramente ottima, una buonissima carta esalta al meglio sia le tavole a fumetti che quelle pittoriche di Buzzelli, mentre la bellissima sovracopertina ci fa capire subito chi era il “Michelangelo dei mostri” (appellativo dato a Buzzelli dalla stampa transalpina, da sempre affascinata dal suo lavoro) mostrandoci uno dei suoi climax artistici: un turbinio di demoni ed angeli estremamente umani che sembra preso direttamente dagli affreschi della Cappella Sistina.
Nel volume si ripercorre tutta la carriera dell’artista romano, saltando da un frammento di assurdità all’altro (come ci ricorda il ficcante sottotitolo dell’opera), non mancando di testimoniare sia le opere “libere”, di cui l’artista si faceva protagonista in prima persona e attraverso le quali esplorava il mondo del brutto e degli emarginati, ma anche quello del bello e delle sue terribili contraddizioni (da “La Rivolta dei Racchi” a “L’Agnone”, per citarne due soltanto); sia le opere “su commissione”, in cui sapeva portare le sue sperimentazioni in materia di costruzione della tavola ed inquadrature (“Tex, il Grande!” ne è ottimo esempio); sia le opere erotiche e pittoriche, con gusto e tematiche a metà tra Goya, Tiziano ed Hopper, capaci di rappresentare da un lato l’alienazione e la bruttezza della società moderna, dall’altro l’atmosfera bucolica di boschi campagne, popolate, però, da creature deformi, a metà tra uomini e bestie.
Superfluo risulta, invece, l’ “apparato saggistico”, composto in realtà da tre brevi articoli introduttivi, che non dice nulla di nuovo sull’opera del maestro romano.