The Alienist – Stagione 1 | Recensione
Pubblicato il 27 Aprile 2018 alle 15:00
Anno 1896, New York City. Mentre il Vitascope porta le onde del mare in una delle prime sale cinematografiche della città, nei bassifondi viene ritrovato il cadavere mutilato di un ragazzo che soleva prostituirsi, evento che mette in evidenza l’incapacità della polizia dell’epoca. Così, il commissario Theodore Roosevelt chiede l’aiuto del dottor Laszlo Kreizler (Daniel Brühl) e dell’illustratore John Moore (Luke Evans) per scoprire chi si cela dietro un omicidio inspiegabile quanto efferato.
The Alienist è una serie televisiva prodotta da Netflix la cui prima stagione è composta da 10 episodi; fra i suoi produttori esecutivi, spicca il nome di Eric Roth, vincitore del Premio Oscar alla migliore sceneggiatura non originale per Forrest Gump, nonché sceneggiatore di film come Alì e Il curioso caso di Benjamin Button.
La storia è basata sull’omonimo romanzo dell’esperto di storia militare e scrittore statunitense Caleb Carr e rappresenta un interessante e realistico spaccato di quella che era la società del tempo, con le sue discriminazioni nei confronti delle fasce più deboli, come donne e persone non abbienti, ma non solo.
Scopo principale di questo racconto è mostrare al pubblico i primordi della psicologia criminale, in un tempo in cui una figura professionale vera e propria era ancora in nuce: il termine “alienista”, infatti, si riferisce proprio al protagonista principale della storia, il dottor Lazlo Kreizler, così chiamato perché, come annunciato all’inizio di ogni episodio, a quel tempo si riteneva che i pazienti affetti da malattie mentali fossero in realtà soggetti “alienati” dalla propria vera natura:
- Discriminazione e competizione
La società mostrata in questa incredibile serie televisiva, curata nei minimi dettagli, dalle ambientazioni (gli episodi sono stati girati a Budapest, anche se ambientati nella New York di fine ‘800) alla fotografia agli effetti speciali, sembra essere diversa da quella attuale: qui, i poveri non hanno alcun diritto e vivono in condizioni di estrema miseria, al punto che i bambini sono costretti a prostituirsi, per poter sopravvivere.
La polizia stessa si dimostra poco interessata a ciò che avviene nei bassifondi della città, afflitta com’è dai giochi di potere a cui sottostà, essendo, in pratica, al servizio delle sole fasce più ricche della società neworkese del tempo.
Del resto, le persone afflitte da malattie mentali non se la passano certo meglio: questi individui subiscono ogni sorta di abuso, sono tenuti prigionieri in gabbie o legati a delle sedie, senza possibilità di muoversi, in strutture fatiscenti animate dalle urla strazianti dei pazienti stessi, i cui corpi vengono semplicemente resi inoffensivi, ma le cui menti vengono abbandonate al delirio e alla demenza.
La condizione della donna è ancora vincolata a un rapporto di inferiorità nei confronti degli uomini, al punto che Sara Howard, interpretata dalla giovane e talentuosa Dakota Fanning (La Guerra dei Mondi, The Twilight Saga, Ocean’s 8), è la prima donna che lavori per il Dipartimento di Polizia, se si fa eccezione per le donne delle pulizie. Ovviamente, le donne non godono ancora del diritto di voto.
Ad aggiungere ulteriore tensione, il rapporto fra la polizia e la squadra messa insieme dal dottor Kreizler; bisogna sempre tenere bene a mente il periodo storico in cui è ambientata questa intrigante storia, per poter comprendere appieno le dinamiche di tali rapporti. In questo caso, non esiste alcun tipo di collaborazione fra la polizia e l’alienista, visto come un ciarlatano, in un’epoca in cui le malattie mentali non sono ancora riconosciute come delle vere e proprie malattie.
Inoltre, la polizia teme che con le sue stramberie il team guidato dal dottor Kreizler (che ovviamente non è considerato praticamente da nessuno come un medico) possa riuscire a trovare l’assassino per primo, mettendo così in cattiva luce l’intero dipartimento.
Per questo, le indagini procederanno su due binari paralleli, in netta competizione fra loro, il che non fa altro che rallentare le stesse, dando modo all’omicida modo e tempo per mantenere oscura la propria identità.
- Un commissario molto speciale
In una città in cui la divisione fra le varie fasce della società è così marcata e in cui la polizia sembra del tutto disinteressata nei confronti dei problemi dei meno abbienti, si erga la figura di un commissario di polizia molto speciale: Theodore Roosevel, il quale dal 1895 è stato realmente il Capo della Polizia di New York. A vestire i suoi panni, dopo l’annuncio della presenza di Sean Astin, troviamo Brian Geraghty (The Hurt Locker).
Sarà proprio lui a richiedere l’aiuto del dottor Kreizler (Daniel Brühl, Goodbye Lenin, Bastardi senza gloria) e dell’illustratore John Moore (Dracula Untold, Lo Hobit, Fast and furious) per trovare il misterioso assassino. Entrambe le figure saranno cruciali, l’uno per le sue incredibili capacità deduttive, l’altro per la sua abilità nel ritrarre eventuali sospetti e le ferite sul cadavere del malcapitato ragazzo ucciso. Ai due, si aggiungeranno nelle indagini anche l’assistente personale del Commissario Roosevelt, Sara Howard, e gli agenti Marcus (Douglas Smith) e Lucius Isaacson (Matthew Shear).
- L’importanza del processo deduttivo
In un’epoca storica in cui non era uso comune servirsi dei profili psicologici tracciati dagli esperti per poter incastrare omicidi e serial killer, quando le indagini sul campo non forniscono indizi sufficienti per l’identificazione dell’autore di un dato crimine il caso resta irrisolto. In questo scenario, il lavoro di un alienista al servizio della polizia viene visto dai più come del tutto inutile e fallace.
Questa situazione vi sembrerà certamente familiare se già avete visto la prima stagione di Mindhunter, altra serie televisiva prodotta da Netflix che analizza quanto fosse duro il lavoro degli psicologi criminali anche durante gli anni ’70 del ventesimo secolo.
The Alienist condivide con Mindhunter anche l’indagine psicologica della mente dell’alienista/psicologo, mostrato in entrambe le serie come un uomo desideroso di comprendere i meccanismi mentali che portano i criminali a commettere atti a volte anche molto efferati. Inoltre, sia Holden Ford che Laszlo Kreizler vengono mostrati come uomini freddi e disposti a tutto, anche a compromettere i propri rapporti privati, pur di riuscire a stanare la loro preda.
Ciò che colpisce è anche il netto contrasto fra il desiderio di conoscere gli altri di Kreizler e la sua estrema riluttanza nel parlare di sé e del suo passato, il che lo rende un uomo avvolto nel mistero.
Sottolineiamo che alla fine del 1800 anche la scienza dedicata al riconoscimento delle impronte digitali, la dattiloscopia, era ai primordi, e non si sapeva ancora che le impronte digitali, essendo uniche in ogni individuo, possono essere usate per l’identificazione certa del suo possessore. È importante porre un accento su questi dettagli, per meglio comprendere quanto dovesse essere complesso il lavoro di un alienista, per il quale lo strumento di lavoro principale, se non il solo, resta dunque la deduzione.
The Alienist segue passo dopo passo tutto il processo deduttivo che porta il dottor Kreizler e i suoi collaboratori a raccogliere sempre maggiori indizi e informazioni sul criminale che hanno il compito di catturare, magari ancora vivo, per poterne studiare al meglio la contorta mente, anche se non è da dare per scontata la collaborazione di soggetti come lui.
Naturalmente, la deduzione è accompagnata da un intenso lavoro di ricerca di informazioni e di analisi anche di corpi di altre vittime di omicidi simili, per poter trovare eventuali punti di collegamento, che dunque lascerebbero intendere che ci si trovi di fronte a un omicida seriale. Così, dallo scrupoloso studio delle vittime, dei luoghi di ritrovamento dei corpi e delle ferite sugli stessi, il dottor Kreizler può riuscire a tracciarne un profilo psicologico piuttosto attendibile del criminale che lui e la sua squadra stanno cercando.
Kreizler si rivela inoltre essere un uomo al passo con i tempi, attento ai dettagli più insignificanti e incredibilmente intuitivo: l’uomo infatti comprende come sia la società in cui viviamo che gli eventi traumatici avvenuti nel nostro passano influenzano ciò che siamo adesso, creando un nesso fra le esperienze di vita e il loro impatto negativo sulla psiche degli individui, anche, e soprattutto, di quelli maggiormente disturbati.
La sua innata curiosità e il desiderio di conoscenza lo spingono dunque a indagare sempre più a fondo nella mente di questi individui, cercando di comprenderne i meccanismi, per quanto oscuri e distorti, parlando con omicidi e persone affette da compulsioni.
- Soli contro tutti
Ciò che rende questa serie così avvincente è anche il destreggiarsi dei protagonisti fra i tantissimi ostacoli che saranno costretti a dover superare (o aggirare). Fra questi, la stampa, che, come dichiarerà il sindaco di New York, può “seminare il malcontento”, il quale è dunque già consapevole di come questo mezzo di comunicazione possa essere in grado di influenzare l’opinione pubblica.
- Conclusioni
Il cast di attori impegnati in The Alienist è davvero notevole: come abbiamo già visto in precedenza, i protagonisti principali sono attori cinematografici piuttosto conosciuti, e la loro performance qui non è certo da meno. Il tutto è sostenuto da una solida struttura narrativa, che lascia scoprire piano piano la storia, creando un maggiore coinvolgimento e un senso di realismo piuttosto marcato. L’unica pecca sono un paio di episodi piuttosto piatti e che non aggiungono molto alla storia.
La scelta delle location e dei costumi si è rivelata perfetta per questo racconto, per il quale si è scelto di conferire le immagini un ulteriore tocco vintage, grazie alla scelta dei colori, che vertono maggiormente verso le tonalità calde. Per tutti questi motivi, The Alienist è una serie caldamente consigliata agli amanti del genere e a tutti coloro che vogliono scoprire come si svolgessero le indagini di polizia e come vivessero le persone alle soglie del XX secolo.