Oblivion Song Vol. 1 di Robert Kirkman & Lorenzo De Felici | Recensione
Pubblicato il 7 Marzo 2018 alle 10:00
Sopravvissuti e sopravviventi in un mondo “prossimo all’apocalisse” nella nuova serie di Robert Kirkman che parla anche italiano grazie alle matite di Lorenzo De Felici e ai colori di Annalisa Leoni.
Robert Kirkman è uno dei creatori più influenti del panorama mondiale se non altro perché ha dato vita ad uno degli ultimi, veri fenomeni globali: The Walking Dead.
Pur tralasciando TWD, Kirkman, a differenza di altri suoi più blasonati colleghi, non ha mai avuto l’abitudine di sparare le sue cartucce in una infinita raffica di pubblicazioni preferendo invece lanciare o rilanciare le sue serie con le giuste tempistiche basti vedere Outcast e Invincible.
Questa premessa era doverosa perché ci troviamo di fronte ad un fatto più unico che raro, non solo Kirkman sta lanciando una nuova serie co-creata con un team tutto italiano ma lo sta facendo anche in contemporanea fra Italia e USA.
Cos’è Oblivion Song?
Dieci anni fa, all’improvviso, 300.000 abitanti di Philadelphia sono scomparsi, misteriosamente trasportati nella dimensione battezzata dagli scienziati col nome di Oblivion. Dopo numerosi tentativi di recuperare i dispersi, il governo ha infine deciso di sospendere le ricerche. Nathan Cole, invece, ogni giorno rischia la propria vita per cercare di riportare a casa chi ancora vive nell’inferno apocalittico di Oblivion. E se, invece, Nathan cercasse qualcos’altro? Ma, soprattutto, perché non riesce a resistere al richiamo del canto di Oblivion?
In questo contesto facciamo la conoscenza del protagonista Nathan Cole, punto di vista unico della narrazione, il quale compie le sue scorribande ad Oblivion pur mal equipaggiato e senza supporto del governo in cerca di superstiti ma soprattutto in cerca di un particolare superstite…
Kirkman si prende il suo tempo e confeziona una narrazione estremamente posata per tutta la prima parte del volume quasi a voler idealmente accompagnare la situazione con cui i cittadini di Philadelphia hanno imparato a convivere: c’è un’altra dimensione, popolata da mostri, che ha inghiottito migliaia di persone. Non c’è molto da fare se non abituarsi, dimenticare. Il protagonista è l’unico rimasto con la speranza di ritrovare quelle persone.
A metà albo la situazione si capovolge ed il ritmo sale: Nathan viene fatto prigioniero proprio di alcuni dei superstiti intrappolati ad Oblivion scoprendo un punto di vista diametralmente opposto a quanto finora teorizzata sulla Terra. Quella ritenuta fino ad allora una dimensione ostile diventa un luogo di pace, un luogo dove ritrovare sé stessi in comunione con gli altri.
Non riuscendo a capacitarsi di questa “scomoda verità”, Nathan ritorna sulla Terra salvo scoprire che il governo ha individuato la causa della Trasposizione – l’evento che ha fatto comparire la dimensione parallela – causa che vede Nathan coinvolto in prima persona….
Vi sono alcuni aspetti della letteratura di Kirkman che ovviamente riaffiorano prepotenti anche in Oblivion Song: l’idea della fine e soprattutto l’intenzione di portare i personaggi al limite della sopportazione psicologica più che fisica in quello che lo stesso autore ha definito nel corso della passata Lucca Comics & Games un nuovo genere narrativo il “prossimi all’apocalisse”.
A questo si unisce ovviamente la maestria dell’autore nel confezionare un cliffhanger efficacissimo e di disseminare alcuni spunti nel corso del volume che sicuramente verranno ripresi ed ampliati successivamente.
Possibilità narrative nuove e potenzialmente lontane da quelle già viste in TWD ad esempio perché in Oblivion Song il nucleo tematico centrale sembrano essere la rassegnazione e la così detta “colpa del sopravvissuto”: alla fine del volume intuiamo la causa dell’evento apocalittico liberandoci così dal fardello della sua ricerca per concentrarci sulle conseguenze del fatto straordinario sia dal punto di vista del protagonista che da quello dei dispersi… due risvolti diversi della medaglia della sopravvivenza.
Ad accompagnare Kirkman in questo nuovo viaggio c’è il disegnatore italiano Lorenzo De Felici.
Il tratto spigoloso e dinamico del disegnatore romano ben si sposa con la trama intessuta dall’autore riuscendo a far convivere frenetici momenti action con parti più riflessive in cui i personaggi comunicano quasi malinconia soprattutto grazie ad un sapiente uso del posizionamento delle figure piuttosto che delle semplici espressioni facciali.
Fondamentale in tal senso il lavoro ai colori di Annalisa Leoni che fornisco profondità alla tavola ordinatissima di De Felici – evidente l’influenza della scuola bonelliana – e completano con una paletta che unisce toni crepuscolari a verdi e gialli/ocra brillanti il mondo di Oblivion.
Da sottolineare anche il lavoro svolto da De Felici in fase di creazione proprio del mondo di Oblivion che con tocco personale immagina un mondo fatto di muffe, funghi e vegetazione aggressiva in cui gigantesche creature dalle forme melliflue si muovono in cerca di prede.
Oblivion Song non deluderà di certo i fan di Robert Kirkman che vi ritroveranno tutti quei temi che hanno fatto la fortuna delle sue serie ma potrebbe essere anche una piacevole sorpresa per lettori non avvezzi ai comics grazie anche alle matite “accessibili” di De Felici.