Habibi: Recensione – Craig Thompson
Pubblicato il 10 Gennaio 2012 alle 12:40
Arriva in Italia Habibi, la monumentale opera di Craig Thompson, il geniale autore di Blanckets, che narra una complessa e intensa storia di due giovani islamici caratterizzata da un’atmosfera sognante e senza tempo!
Habibi
Autore: Craig Thompson (testi e disegni)
Casa Editrice: Rizzoli/Lizard
Provenienza: USA
Prezzo: € 35,00, 17 x 24, pp. 672, b/n
Data di pubblicazione: ottobre 2011
Il fumetto può raggiungere la profondità di altre forme comunicative come la letteratura e il cinema e Craig Thompson ne è la dimostrazione. Coloro che hanno avuto modo di apprezzare il suo Blankets saranno d’accordo con me e lo saranno di più se leggeranno Habibi che può essere considerato il suo capolavoro. Ciò che colpisce di Habibi è infatti la vastità e la complessità del progetto che assume in sé la valenza del romanzo propriamente detto.
Thompson ha impiegato sette anni per realizzare il volume, non solo per la lunghezza della storia e per la mole di pagine da disegnare ma anche perché il cartoonist statunitense ha esaminato tantissimi documenti e svolto approfondite ricerche. La vicenda di Habibi, del resto, ha a che vedere con la cultura islamica, il Corano e la tradizione calligrafica araba; operazione che non consentiva improvvisazioni.
La storia è imperniata sulle drammatiche vicissitudini di Dodola, una bambina che, ad appena nove anni, viene data in sposa a un adulto. Ma questa è solo la prima delle scioccanti esperienze da lei vissute: diventerà una schiava; per un periodo sarà la favorita di un sultano; e incontrerà un orfano, Zam. I due, per diversi anni, cresceranno insieme e tra loro si instaurerà un rapporto saldo, anche se le loro strade si separeranno (salvo poi rincontrarsi in seguito).
Messa così, la trama sembra semplice. Ma non lo è, poiché questa è solo la superficie; l’opera è composta da innumerevoli storie che a volte si intrecciano, a volte scorrono individualmente, come affluenti di un fiume. Infatti, la struttura narrativa di Habibi echeggia quella di certi racconti o romanzi di Borges, autore argentino che considerava la narrazione come, appunto, un fiume. Borges, peraltro, era legato ai miti arcaici, alle leggende e alle tradizioni diffuse dai testi sacri di varie religioni, da lui considerate forme primordiali di narrazione.
E i testi sacri della religione islamica giocano un ruolo fondamentale in Habibi. Dodola narra spesso parabole e storie mutuate dal Corano; ma non mancano le suggestioni de ‘Le Mille e Una Notte’ e, in generale, della cultura dei paesi arabi, dalla poesia di Rumi alla matematica, dai rudimenti della chimica alla calligrafia. E il linguaggio e gli stilemi calligrafici sono un altro dettaglio importante di Habibi, nonché le chiavi di lettura del volume.
Ancora più importante è l’acqua. Questo elemento è un’ossessione e appare pressoché in ogni pagina, a volte presente come fiume, altre come pioggia; in alcune occasioni è simbolo di vita, di fertilità e di sessualità; e persino quando non c’è, anelata dalle popolazioni del deserto tormentate dalla siccità e dalla sterilità, è presente nella mente, a mo’ di rovello, e considerata principale bene di scambio.
Ci sono ulteriori spunti di riflessione ma lo spazio non mi permette di analizzarli. Quello che, comunque, mi ha colpito è il fatto che Thompson si sia avvicinato, in tempi insensati di ‘guerra di civiltà’, alla cultura islamica con rispetto, senza preconcetti, mai sentendosi superiore in quanto occidentale. Non si esime dal rappresentare i difetti di quel mondo, a cominciare dalla condizione femminile (e la sequenza della perdita della verginità della piccola Dodola non può lasciare indifferente nessuno!), ma nel complesso Thompson descrive gli islamici come persone: sono esseri umani; non fanatici (e persino l’usanza degli eunuchi – e pure in questo caso la sequenza dell’evirazione di Zam è scioccante – è descritta con onestà, senza condanne, nel tentativo di comprendere le motivazioni alla base di determinati gesti).
Ed è un atteggiamento lodevole, in un’epoca in cui i Miller di turno sputano sentenze sul mondo islamico senza documentarsi. Così come è ammirevole che Thompson abbia dimostrato che, al di là delle contrapposizioni, Islam e cristianesimo hanno parecchio in comune e le differenze sono forse minoritarie se paragonate alle somiglianze. La story-line di Habibi, ricca di flashback e di piani di narrazione alternati di matrice post-moderna, non è semplice, e ha una dimensione a-temporale e sognante (si parte dall’alba dei tempi fino a giungere all’epoca contemporanea, come in un romanzo di Pynchon); ma la liricità ammaliante dei testi è efficace e cattura l’attenzione del lettore.
Anche dal punto di vista grafico Habibi è un gioiello. Per ciò che concerne i personaggi, Thompson si affida a un tratto assimilabile agli esiti visivi dell’underground ma gli sfondi delle vignette rimandano all’iconografia islamica. Molte tavole hanno un’invenzione o uno spunto visuale intrigante, collegato ai numeri o alle lettere arabe o alle immagini sacre, e l’intero volume è pieno di simboli che andrebbero presi in considerazione uno per uno e conferiscono un preciso significato al testo o agli sviluppi della trama. In altre occasioni aggiungono invece senso a qualcosa che Thompson intende suggerire piuttosto che dichiarare esplicitamente. In altre parole, Habibi è a mio avviso un’opera di importanza assoluta e vale davvero un tentativo.