Una Sorella: la prima adolescenza secondo Vivès | Recensione

Pubblicato il 25 Febbraio 2018 alle 17:00

Arriva in Italia l’ultima delle opere di uno dei più noti autori completi del mercato francofono: Una Sorella di Bastien Vivès, un racconto sulla fine dell’infanzia e sull’arrivo definitivo dell’adolescenza, con il suo bagaglio di sogni, turbamenti, desideri e dubbi. Il tutto narrato con il tratto essenziale tipi di Vivès.

Con Una Sorella la casa editrice Bao Publishing continua a pubblicare le opere di Bastien Vivès, uno degli autori francesi contemporanei più apprezzati sia dal pubblico che dalla critica. Partendo dal web, la sua carriera venne lanciata da Il Gusto del Cloro, per poi raggiungere definitivamente il successo con Polina. Attualmente la Bao sta pubblicando il suo blog in forma cartacea e la saga di arti marziani Last Man: tutti titoli che appartengono a generi differenti, subito riconducibili a Vivès grazie al suo stile molto sintetico, capace di rendere in pochi tratti gli atteggiamenti dei personaggi.

Con Una Sorella Vivès decide di raccontare la prima adolescenza attraverso il personaggio di Antoine, un tredicenne di Parigi che trascorre le vacanze estive in una casa al mare, insieme alla sua famiglia. Con lui c’è anche il fratellino Titi e insieme trascorrono le giornate in spiaggia, a cercare granchi e a disegnare Pokémon.

Il loro piccolo universo, ancorato alla spensieratezza dell’infanzia, è destinato a cambiare quando i genitori di Antoine offrono ospitalità a Sylvie, un’amica di famiglia, e alla figlia Helene, sedicenne. Le madri di Antoine e di Helene hanno in comune il fatto di aver entrambe affrontato il trauma di un aborto spontaneo, cosa che avvicina i due personaggi: Antoine avrebbe potuto essere il fratello che Helene non ha mai avuto, ed Helen la sorella maggiore che Antoine e Titi hanno perso (da qui il titolo dell’opera).

Antoine ed Helene hanno solo tre anni di differenza, ma a quell’età sono un abisso. Antoine è ancora un bambino, mentre invece la ragazza è nel turbine dell’adolescenza: litiga costantemente con la madre, fuma, beve alcool e trascorre molto tempo al cellulare. Per Antoine è come un alieno, una creatura mitologica da studiare con attenzione (non è un caso che tenti di disegnare il suo ritratto, senza però riuscirci): tramite lei, ha la possibilità di affacciarsi al mondo della pubertà, della trasgressione giovanile e dell’attrazione sessuale.

Contemporaneamente, Helene trova conforto nel legame che sta stringendo con Antoine, sempre più stretto: infatti trova rassicurante la sua presenza e in sua compagnia sente di poter rientrare per poco tempo in quella sfera infantile dalla quale si era allontanata, trovando sollievo dai conflitti interiori che la tormentano.

Il racconto fluido di Vivès, fatto di dialoghi essenziali e di una struttura narrativa molto lineare, accompagna il lettore fino ad un finale che pare comunque improvviso, nonostante venga “annunciato” più volte nel corso del fumetto (fin dall’inizio si sa che Helene e sua madre rimarranno nella casa di Antoine solo per una settimana).

La narrazione semplice trova corrispondenza con la sintesi grafica dello stile di Vivès, caratterizzato da un disegno capace di raccontare in pochi, istintivi tratti: anche la luce e l’atmosfera di ogni scena vengono catturate con poche pennellate di grigio.

Anche con Una Sorella, Vivès dimostra di poter fare a meno di disegnare gli occhi, considerati l’elemento più espressivo di tutto il corpo umano: infatti la sua bravura consiste proprio nel fatto che non ha bisogno di rappresentare il volto nella sua interezza, per raccontare le inquietudini dei suoi personaggi.

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