Ore 15:17 – Attacco al Treno di Clint Eastwood | Recensione

Pubblicato il 10 Febbraio 2018 alle 18:00

Arriva in Italia il nuovo film di Clint Eastwood, basato sulla vera storia di tre ragazzi americani che, in vacanza in Europa, sventarono un attacco terroristico sul treno Amsterdam-Parigi.

Tutto il cinema recente di Clint Eastwood – probabilmente la più grande istituzione vivente del cinema hollywoodiano – è stato caratterizzato dal racconto e dall’esaltazione della normalità nell’ambito di un contesto straordinario: il cittadino americano medio-borghese che veste temporaneamente i panni dell’eroe a causa di situazioni inaspettate o comunque eccezionali, diventando un fenomeno popolare.

Questa particolare attenzione che Eastwood stava iniziando a prestare nei confronti dell’ “average joe” a stelle e striscia era già molto marcata in Gran Torino, ma nelle ultime tre pellicole (Jersey Boys, American Sniper e Sully) si era fatta evidentissima: pellicole basate su sceneggiature tratte da storie vere, addirittura – nel caso del cecchino Chris Kyle e del pilota Chesley Sullenberger – ispirate a sceneggiature tratte da autobiografie scritte dai protagonisti stessi di quelle avventure fuori dall’ordinario.

Con 15:17 – Attacco al Treno – che fra i film citati è il più debole, ma arriva a meno di un anno di distanza dal precedente e stupendo Sully – Eastwood va pure oltre, scavallando un ulteriore step sulla scala del realismo meta-cinematografico e affidando i ruoli dei tre protagonisti del suo film a quei tre ragazzi americani (Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos) che sono stati già i protagonisti di questa storia, ma nel mondo reale.

Persone vere, comuni (anzi non persone: americani) chiamate ad interpretare loro stesse per rivivere quella situazione straordinaria nella quale si sono ritrovate e che le ha portate alla celebrità (anche se Eastwood nel film farà di tutto per suggerirci che i tre si sono trovati su quel treno in quel preciso momento per volontà divina, come se quello di elevarsi dal rango di persone comuni per diventare eroi popolari fosse il loro destino da sempre).

La storia la conoscete: Spencer, Anthony ed Alek sono tre ragazzotti un po’ cretini e assolutamente normali (sono in vacanza in Europa e si fanno selfie ogni due minuti) amici inseparabili fin dalle scuole medie che, saliti sul treno che da Amsterdam deve portarli a Parigi, si ritroveranno a dover affrontare un terrorista armato di mitra pronto a fare una strage.

La sceneggiatura di Dorothy Blyskal (alla prima esperienza di scrittura, nonostante numerose collaborazioni con Eastwood come assistente di produzione) si limita a seguire pedissequamente l’autobiografia che i tre ragazzi eroi hanno pubblicato insieme al giornalista  Jeffrey E. Stern, senza mai distaccarsene; è questo il caso esemplare di un film scritto banalmente ma elevato dalle abilità niente affatto banali di un regista tutt’altro che banale.

E’ solo grazie al quattro volte premio Oscar Clint Eastwood che la scelta di affidare i ruoli dei protagonisti a tre protagonisti che attori non sono diventa incredibilmente il punto di forza del film quando, sotto la guida di chiunque altro, questa mossa sarebbe potuta essere la rovina di una produzione tutt’altro che indimenticabile: Alek, Anthony e Spencer, nei panni di loro stessi, diventano il fiore all’occhiello di Ore 15:17 – Attacco al Potere, non tanto per le abilità attoriali (comunque assenti) quanto perché diventano l’incarnazione della nuova poetica eastwoodiana, fatta di persone comuni che si trasformano in eroi.

E, in questo caso, addirittura star cinematografiche.

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