Il Fotografo di Mauthausen – Historica Speciale | Recensione

Pubblicato il 11 Febbraio 2018 alle 10:00

Chi è Francisco Boix? E’ conosciuto come il Fotografo di Mauthausen ed è il protagonista di un’incredibile opera di denuncia dell’orrore nazista, scritta dallo sceneggiatore Salva Rubio e illustrata dal bravo Pedro J. Colombo!

Quando si parla dei campi di concentramento nazisti si pensa immediatamente agli ebrei. Tuttavia, tra le vittime nei lager ci furono anche persone non di fede ebraica (comunisti, dissidenti politici, omosessuali e così via) e non mancarono purtroppo individui di varie nazionalità. Tra essi, si annoverano pure spagnoli, invisi al regime di Franco, fuggiti dalla Spagna e finiti, per una serie di tragiche e sfortunate circostanze, nelle mani delle SS.

Tra loro si distinse Francisco Boix, militante comunista imprigionato nel campo di concentramento di Mauthausen. Lo sceneggiatore Salva Rubio, che magari alcuni ricordano per il suo Monet, ha deciso di narrarne la drammatica vicenda. Va detto che il nome di Boix non è particolarmente famoso, a causa dell’indifferenza della Spagna odierna che tende a trascurare le vittime dei nazisti e che peraltro Rubio denuncia con coraggio.

Francisco, dunque, viene deportato a Mauthausen e presto scoprirà a sue spese a che livello di crudeltà possono arrivare i nazisti. Il lager in questione è considerato uno dei peggiori in assoluto e nessuno ne esce vivo. Tuttavia, essendo un abile fotografo, viene nominato assistente di Paul Ricken, altro personaggio realmente esistito, un nazista colto che si reputa artista. In un primo momento, Francisco potrebbe quasi considerarsi fortunato, dato che Ricken, grande appassionato di fotografia, gli chiede di realizzare dei ritratti.

In realtà, questo è solo l’inizio di un incubo. Ricken, infatti, come del resto altri gerarchi nazisti, svolge atroci esperimenti ai danni dei prigionieri, e Francisco è costretto a fotografare i cadaveri, seguendo le direttive di Ricken che considera le esecuzioni una specie di creazione artistica. Superato lo shock, tuttavia, Francisco comprende che le foto sono la prova dei crimini nazisti e potrebbero essere usate come arma di propaganda. Fedele al partito comunista, con l’ausilio di altri prigionieri che, sebbene spaventati, condividono i suoi ideali, decide di rubare le foto e nasconderle, a costo della sua stessa vita. Il suo obiettivo è farle uscire da Mauthausen. Ma ci riuscirà?

Rubio, con maestria, racconta una storia reale, usando i registri della suspense e, nello stesso tempo, puntando il dito contro la follia e la malvagità dei seguaci di Hitler. Ma denuncia pure l’ipocrisia del comunismo e delle personalità presenti al Processo di Norimberga. Quando, infatti, Francisco sarà un uomo libero, scoprirà con sgomento che a nessuno interessa confrontarsi con la realtà rappresentata dalle sue fotografie. La Spagna deciderà di non accogliere i suoi cittadini sopravvissuti e i comunisti cercheranno di ignorare la testimonianza di Francisco, perché non funzionale ai nuovi assetti politici nati dopo la fine della guerra.

La spiegazione che fornisce Rubio è questa: pochi sono interessati perché, semplicemente, non hanno vissuto sulla propria pelle l’incubo dei campi di concentramento; non hanno assistito alle torture e alle esecuzioni; non hanno sperimentato l’orrore. Di conseguenza, nemmeno la fotografia può aiutarli a capire veramente come sono andate le cose. Le due tematiche fondamentali dell’opera, d’altronde, sono proprio la fotografia e l’interpretazione della realtà. Le foto dovrebbero rappresentare un fatto oggettivo ma questo è sempre filtrato dallo sguardo peculiare e individuale del fotografo e reinterpretato dall’osservatore.

Il Fotografo di Mauthausen mi ha fatto pensare a un film di Michelangelo Antonioni, ‘Blow-Up’. In quel caso, il grande cineasta giungeva alla dolorosa conclusione che la realtà oggettiva è impossibile da percepire e rappresentare, non può mai essere raffigurata nella sua completezza e neanche la fotografia può servire. Malgrado tale consapevolezza, Rubio onora la memoria di Francisco Boix, scrivendo testi e dialoghi di sublime profondità e avvalendosi dell’estro grafico di Pedro J. Colombo.

Quest’ultimo ha un tratto sgraziato e poco accattivante ma che ben si adatta all’ambientazione terribile di un campo di concentramento. Usa spesso primi piani di impostazione cinematografica e le inquadrature di tante vignette, per ovvie ragioni, richiamano la fotografia. Sovente usa un lay-out inventivo che conferisce dinamismo alle pagine. Bisogna inoltre segnalare i colori foschi e cupi di Aintzane Landa. Utilizza sfumature ombrose che evocano i fumi delle camere a gas e, quando Colombo disegna le fotografie, opta per il color seppia, con un effetto suggestivo.

Il Fotografo di Mauthausen è un fumetto da leggere, non solo perché dedicato alla figura di un uomo che forse avrebbe meritato maggiori elogi, ma anche perché ha il merito di ricordare un percorso esistenziale poco comune. Da provare.

 

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