Città Arida di Yoshihiro Tatsumi | Recensione
Pubblicato il 27 Gennaio 2018 alle 15:00
Il maestro del gekiga torna alla scoperta ed alla denuncia delle ipocrisie dell’arcipelago giapponese nel quarto volume di Coconino dedicato alle sue opere
Il volume è una raccolta di storie brevi ed autonome (sei, per la precisione) in cui Yoshihiro Tatsumi regala uno spaccato della vita giapponese: abbiamo così l’aiutante di un importante chef giapponese, una prostituta (o comfort woman, per dirla più gentilmente) durante la seconda guerra mondiale, un uomo ricco che però è solo ed un pensionato ormai lasciato in disparte da tutti. Si tratta di storie pubblicate negli anni ’70 su alcune riviste e ora raccolte in volume.
Come da suo stile, i temi trattati sono fondamentalmente drammatici, rivelando le passioni umane più inconfessabili. Yoshihiro Tatsumi è considerato infatti uno dei maggiori rappresentanti del “movimento “ (termine quanto mai improprio, in realtà, data l’eterogeneità degli autori e delle storie che vi rientrerebbero in teoria) noto come gekiga, nome creato dallo stesso Tatsumi nel 1957 solo per una motivazione molto pratica, stando a quando racconta Jean-Marie Bouissou ne Il Manga (Tunué): alcuni genitori lamentavano che le sue opere, presenti nelle librerie a prestito (chiamate kashinon), non fossero adatte ad un pubblico di bambini, così il mangaka decise di creare questa “categoria” al fine di poter continuare a disegnare senza problemi le proprie opere; opere che, agli inizi, dipingevano un Giappone distrutto, con uomini e donne schiacciati dalle conseguenze della sconfitta e della occupazione statunitense.
Questa vena ovviamente è presente anche in Città arida, dove il realismo e l’indagine psicologica la fanno da padroni, senza alcuna concessione a quell’umorismo che invece era un tratto tipico degli autori che lavoravano per le grandi riviste degli editori di Tokyo e che avevano il loro nume in Osamu Tezuka. Il Gekiga Kobo (studio di gekiga) di cui Tatsumi era invece uno dei membri più rappresentativi mirava ad imprimere al mondo del manga una nuova direzione che desse nuovi frutti.
Città arida è infatti una critica sociale aspra e senza esitazioni alla società giapponese, sia quella passata della seconda guerra mondiale (dove le comfort women sono ancora un tema tabù che viene negato con fermezza ancora oggi dagli organo statali giapponesi), sia quella attuale (o, meglio, quella degli anni Settanta), senza valori e nichilista, che non vede oltre al bisogno temporaneo. La solitudine dei personaggi è del resto il tratto caratteristico delle sue opere: i protagonisti, solitamente persone socialmente emarginate o comunque in secondo piano, cercano disperatamente qualcosa o qualcuno cui aggrapparsi, che sia una persona reale o meno, ma il pessimismo dell’autore fa capire che non esiste possibilità per loro di trovare la tranquillità che cercano. L’analisi dunque è senza appello, ma anche svolta con una tranquilla malinconia che avvolge il lettore e lo trascina in questo mondo, che è abitato da delle persone che non sono eroi, ma persone comuni che per scelta o per sfortuna non sono riusciti (o non hanno potuto riuscire) a sfondare nella vita.
Lo stile grafico rispecchia la drammaticità dei temi, con un tratto duro e con largo uso del nero. Dimenticate le linee morbide e sottili, qui le linee sono ben marcate e la costruzione della pagina ha una visuale in certi punti cinematografica, come si addice ad una opera che mira alla realtà.
L’edizione Coconino Press-Fandango, che fa parte della collana gekiga, presenta un brossurato molto robusto con una copertina, che, pur di cartoncino, è abbastanza resistente. La carta è di qualità 140 gr. (e di qualità rispetto soprattutto a quella su cui siamo abituati a leggere solitamente gli shonen in Italia). Apprezzabile la scelta di non tradurre le onomatopee, lasciando l’impostazione originale delle tavole, con note a margine per le traduzioni.
Molto interessante l’articolo di approfondimento ad opera di Juan Scassa sulla figura di Yoshihiro Tatsumi, la sua vita, gli autori che lo hanno influenzato e gli altri esponenti del gekiga.