Aliens 10 | Recensione

Pubblicato il 26 Gennaio 2018 alle 10:00

Approda sul mensile targato saldaPress la più recente mini-serie dedicata alla xenomorfo.

Dopo aver presentato la maxi-serie Aliens Defiance nei primi 6 numeri dello spillato – le nostre recensioni qui, ed aver colmato i restanti numeri con proposte del passato recente e meno recente della produzione Dark Horse dedicata ad Alien – le nostre recensione qui, con questo decimo numero del mensile Aliens, saldaPress decide di proporci quella che la recentissima mini-serie Aliens Dead Orbit conclusasi negli USA solo poche settimane fa.

La scelta non è interessante solo perché ci avvicina alla produzione americana ma soprattutto perché Dead Orbit – mini-serie di 4 numeri che vedremo quindi concludersi già nel prossimo spillato – è firmata da James Stokoe talentuoso autore che si è messo in evidenzia sia per alcune opere sci-fi e non solo con IDW e Image che con la Marvel.

L’autore canadese imbastisce quindi una storia dall’incipit sicuramente famigliare per i lettori e più in generale per i fan del franchise creato da Ridley Scott: la piattaforma di rifornimento orbitante Sfacteria capta intercetta una nave alla deriva che non risponde alle comunicazioni radio. Come da regolamento il Capitano Hassan decide quindi di raggiungerla per controllare la situazione pur registrando i malumori del resto dell’equipaggio.

Una volta a borda la nave si presenta in completo stato di abbandono e deserta fatta eccezione per una parte dell’equipaggio in stasi criogenica. Hassan decide di risvegliarli per portarli a bordo della Sfacteria ma qualcosa va storto e i naufraghi subiscono delle orrende ferite che costringono il medico della stazione orbitante ad un massiccio dosaggio per effettuare il trasporto.

Mentre sulla Sfacteria viene craccato il diario di bordo della nave, scoprendo che si tratta di una nave cargo, i pazienti sono colpiti da incontrollabili convulsioni mentre una parte della stazione viene danneggiata e fatta saltare in aria. Sulla Sfacteria c’è qualcuno di… alieno.

Come detto l’incipit scelto da Stokoe è abbastanza “classico” dimostrando l’indubbio amore per la saga e per le sue atmosfere più claustrofobiche e horrorrifiche tuttavia l’aspetto più interessante è l’approccio grafico che l’autore canadese decide di portare nella saga di Alien.

Se infatti siamo stati abituati a tratti tipicamente “americani” quindi ricchi di dettagli e sfumature che esaltano il carattere oscuro e crepuscolare della saga, Stokoe ribalta questo assunto sia per il tratto utilizzato che per la costruzione della tavola. L’ispirazione del disegnatore canadese è una certa fantascienza europea dal tratto più cartoonesco – Jean-Claude Mézières su tutti –  ma anche i grandi autori nipponici degli anni ’80 Otomo, Shirow e Takaya Yoshiki fra gli altri mediando così un segno tondeggiante con una attenzione per i particolari più incisiva proprio perché calata nel contesto di una tavola più realisticamente “ingolfata” ed in cui il colore è gioca una parte fondamentale nel crescendo di tensione passando da colori freddi, lo spazio e le macchine, ai caldi rossi ed arancioni di cadaveri ed esplosioni.

Anche la costruzione della tavola risente dell’influenza nipponica con una preponderanza alla verticalità in cui i riquadri non seguono uno schema preciso dando un ritmo comunque sostenuto alla narrazione.

Completa lo spillato il solito esaurientissimo apparato redazionale che in appendice ci presenta una xeno-cronologia essenziale degli eventi visti nelle pellicole ma anche nelle serie a fumetti finora pubblicate. Cura editoriale eccellente in cui va sottolineato lo sforzo profuso nel lettering che fin dove è stato possibile ha accompagnato il gusto ottantiano delle matite di Stokoe.

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