L’Odore dei Ragazzi Affamati: un western atipico | Recensione
Pubblicato il 25 Gennaio 2018 alle 17:00
Dimenticate i pistoleri, i duelli sotto il sole cocente e l’iconica stella dello sceriffo: L’Odore dei Ragazzi Affamati non è solo un graphic novel con un titolo insolito, ma anche un western diverso da quelli a cui siamo abituati, alla Sergio Leone. Loo Hui Phang e Frederik Peeters ci offrono una storia misteriosa, capace di intrattenere sia i fan di Tex che i profani del genere.
Il nuovo anno per l’editore Bao Publishing comincia con un fumetto di grande formato, un volume autoconclusivo che vede alle matite un autore che la casa editrice conosce già molto bene: lo svizzero Frederik Peeters, del quale sono editi proprio per Bao l’acclamato Pillole Blu e la saga di fantascienza Aâma, solo per citare alcuni dei suoi lavori arrivati in Italia.
Con questo nuovo titolo, L’Odore dei Ragazzi Affamati, Peeters illustra la sceneggiatura di Loo Hui Phang, scrittrice e artista poliedrica che nel mondo del fumetto collabora con numerosi disegnatori: in Italia possiamo leggere il suo Centomila Giornate di Preghiera, edito da Coconino Press.
Fin dalle prime pagine il lettore comprende che L’Odore dei Ragazzi Affamati non è il classico western: il protagonista infatti non è uno sceriffo, e nemmeno un bandito, ma un fotografo della seconda metà dell’Ottocento, con un passato da lasciarsi alle spalle. Egli è in viaggio verso ovest con un geologo nerboruto e un garzone abile con i cavalli per esplorare quel territorio selvaggio e documentarlo, in modo da valutare di fondare nuove città e creare un “mondo perfetto”: il tutto mentre i nativi del luogo osservano a distanza.
Dei tre personaggi principali, nessuno è quello che sembra e tutti hanno qualcosa da nascondere: ai rapporti tesi tra i protagonisti si aggiungono anche un minaccioso inseguitore e un misterioso potere che sono in molti a bramare e a voler sfruttare. Ma il protagonista assoluto di questa storia è il desiderio, considerato dai sostenitori del progresso un ostacolo da estirpare in favore della scienza.
In L’Odore dei Ragazzi Affamati, la storia e i suoi protagonisti vengono raccontati attraverso una sceneggiatura fatta sì di dialoghi, ma anche di silenzi e di attese, di personaggi che osservano e che vengono osservati: il tutto ambientato nell’immenso paesaggio desolato delle praterie dell’America Occidentale, abitata dai Comanche e dalle mandrie di mustang selvaggi, prima dell’arrivo della civiltà del cosiddetto “progresso”.
Le tavole di grande formato permettono di apprezzare al meglio le ambientazioni, compresi i paesaggi capovolti che simulano la visione dell’obiettivo della macchina fotografica. I colori sono saturi e spesso i caldi e i freddi si trovano in contrasto: di giorno il giallo e l’arancio del paesaggio si contrappongono all’azzurro acceso del cielo, mentre di notte il rosso rassicurante del fuoco spicca in mezzo al blu dell’ambiente notturno. Altra contrapposizione è data dalla presenza di scene oniriche e azzurre, spesso visioni del protagonista fotografo, che lo tormentano a causa del suo passato.
Citando l’editore Bao, L’Odore dei Ragazzi Affamati è un “western emotivo atipico” che mette l’accento sull’importanza del desiderio e dell’amore più primitivo, raccontato come qualcosa di essenziale e anche inevitabile, un bisogno imprescindibile dell’umanità intera, anche di chi ne farebbe a meno: si tratta di una lettura che affascinerà sicuramente anche i non amanti delle ambientazioni western.