Extremity Vol. 1 – Artista | Recensione
Pubblicato il 20 Gennaio 2018 alle 17:30
“In guerra mi facevano più impressione i vivi, che i morti. I morti mi sembravano dei recipienti usati e poi buttati via da qualcuno, li guardavo come se fossero bottiglie rotte. I vivi, invece, avevano questo terribile vuoto negli occhi: erano esseri umani che avevano guardato oltre la pazzia, e ora vivevano abbracciati alla morte.” Nicolai Lilin
La guerra è uno scenario per noi lontano eppure estremamente vicino. Lontano perché, fortunatamente da più di vent’anni nel nostro continente non ci sono focolai di guerra, ma estremamente vicino sia perché ci arrivano aggiornamenti continui grazie all’informazione costante di televisione e internet ma anche perché ne viviamo, da italiani e da paese di confine, una delle conseguenze più tragiche con l’esodo inarrestabile di profughi e disperati.
Una premessa necessaria per capire fino in fondo quello che è l’intento di questo primo volume di Extremity, serie Image/Skybound, di Daniel Warren Johnston intitolato Artista che viene proposto in Italia ovviamente da saldaPress.
La protagonista di Extremity è Thea giovane abitante del pianeta Roto dove conduceva un’esistenza tranquilla e pacifica con la sua famiglia e sognava di fare l’artista. Questo idillio però viene spezzato dall’arrivo dei Paznina, un belligerante clan rivale che rade al suolo Roto e uccidendo la madre di Thea e soprattutto tagliandole la mano destra come trofeo e avvertimento per chiunque decida di mettersi contro di loro.
Thea non disegna più e se lo fa è costretta a farlo faticosamente con la mano sinistra, ma il voler fare l’artista è un lontano ricordo ora vuole solo vendicarsi del clan che ha rovinato la sua famiglia. Consumata dal desiderio di vendetta e dalla voglia di riconquistare ciò che ha perso, Thea segue il padre lungo un oscuro cammino che può terminare solo nel sangue.
A dispetto delle premesse bizzarre Extremity si rivela una serie che assesta pagina dopo pagina colpi ben assestati allo stomaco del lettore.
Daniel Warren Johnston imbastisce una storia di fantascienza stile “cappa e spada” in cui fonde l’irruenza del Mad Max di George Miller con il cinismo di Game of Thrones creando un mondo che paga dazio, graficamente, ad un certa fantascienza fumettistica europea che già aveva influenzato altre serie sci-fi meno di richiamo come il Prophet di Bradon Graham.
In questo senso la forza di Johnson non è in “quello” che si racconta ma il “come” lo si racconta: Extremity è una storia di vendetta ed è senz’altro una storia di guerra, di conflitto dove però vi è nei personaggi, tutti nessuno escluso, una continua sottrazione di umanità e di identità.
La guerra fra Roto e Paznina è tremenda, senza esclusione di colpi e senza onore e tutti i suoi attori ne portano le conseguenze fisiche con menomazioni e mutilazioni in bella vista; ma sono quelle psicologiche le conseguenze più devastanti che i personaggi scoprono nel corso delle varie schermaglie.
L’autore utilizza Thea, suo padre Jerome e suo fratello Rollo per mostrare da diverse angolazioni quanto futile e distruttivo sia il sentiero della vendetta. Non c’è onore nello spargimento di sangue che Rollo si rifiuta si compiere mentre Thea cadeva vittima del circolo vizioso che il padre ha instaurato cercando di colmare il vuoto della perdita della moglie.
La perdita della mano da parte di Thea è una potente metafora della perdita della ragione di esistere. La ragazza è travolta da un evento imprevedibile e che la investe tanto da farle perdere il senso della vita: il dono e l’abilità di disegnare, che con gioia anni prima condivideva, ora è sostituito dalla abilità e dalla necessità di compiere azioni spregevoli ed inumane. Con la mano destra si disegnava con gioia, con la sinistra si tortura senza pietà in un perverso gioco degli opposti. O ancora il fratello Rollo abile meccanico che recupera il droide Shiloh, una macchina da guerra perfetta: l’abilità manuale/meccanica asservita alla distruzione anziché al miglioramento della vita.
Sarà interessante quindi vedere come nei prossimi archi narrativi l’autore deciderà di far maturare i personaggi ed eventualmente rovesciare i loro punti di vista.
Johnson partendo da questo importante bagaglio di tematiche e riflessioni costruisce perciò una mitologia convincente in cui il suo stile plastico e preciso unisce una impostazione che ricorda Greg Capullo con la dinamicità di Tradd Moore in un incontro-scontro fra fantascienza weird e quasi golden age, irruenza nipponica ed una costruzione della tavola che, al netto di alcune ottime splash page, alterna verticalità ed orizzontalità rispecchiando così idealmente il conflitto interiore dei personaggi e l’ambientazione “aerea” della vicenda.
Impeccabile la cura carto-tecnica del brossurato con alette con cui saldaPress presenta Extremity. Ottima traduzione ed adattamento, da segnalare anche l’ottimo lavoro in fase di lettering di Paolo Tempesta.