Il Piccolo Libro dei Beatles: Recensione

Pubblicato il 4 Gennaio 2012 alle 16:31

Il Piccolo Libro dei Beatles

Autore: Hervè Bourhis
Casa editrice:
Black Velvet
Provenienza:
Francia
Prezzo:
€ 18,00; 22X22; 168 pp. col. e b/n

Può un’enciclopedia intrattenere, divertire, e persino, talvolta, commuovere? Ma soprattutto, si può scrivere efficacemente di musica?

Sì, se a farlo è Hervè Bourhis, il più “rockettaro” fumettista in circolazione. L’autore di quell’indispensabile vademecum che era Il Piccolo Libro del Rock, torna con un’altra irresistibile storia musicale, centrata stavolta su una singola realtà invece di quell’infinito panorama frammentario. E il gruppo scelto non è proprio quello degli ultimi arrivati: i Beatles, che per il disegnatore trentasettenne sono quasi una sorta di ossessione.

Scrive bene (come al solito) Riccardo Bertoncelli nel suo articolo introduttivo al volume: questo libro è una giungla. “È storia + immaginario collettivo + vita personale” dell’autore. E non ci si riesce a capacitare di questa definizione fino a quando si comincia a leggere. Allora appare chiara la natura del tutto peculiare del lavoro di Bourhis, che si situa appunto in un territorio di confine fra l’enciclopedia, l’illustrazione, la critica e la biografia musicale. Di sicuro non è classico fumetto, forse ne è una sua deriva, forse una sua evoluzione o involuzione, a seconda dei punti di vista, ma non aspettatevi di trovare una sequenza di vignette correlate da balloon. Probabilmente, documentario a fumetti è la sua definizione più appropriata.

Nel suo (tutt’altro che piccolo) libro dei Beatles, Bourhis parte dal 1940, anno di nascita di Ringo Starr e John Lennon, per arrivare ai giorni nostri, ad un concerto di Paul McCartney del 2009. Ma in questa lunga cavalcata non tutto viene, ovviamente, trattato allo stesso modo. Gli anni ’60, così intensi e pieni da valere un secolo, si prendono lo spazio maggiore e fanno la parte del leone, mentre il prima e il dopo scorrono piuttosto velocemente, come riquadri visibili da una macchina del tempo.

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Le preziose didascalie informative di Bourhis (dettagliate e curatissime anche nella scelta del font e dello stile) si accompagnano a illustrazioni che l’autore rielabora da fonti storiche (come giornali e fotografie dell’epoca), iconografiche (come le copertine di tutti i singoli e gli LP), o che sono soltanto frutto della sua brillante fantasia. Il tutto chiuso e impacchettato in una simpatica edizione quadrata che ricorda un CD o, più poeticamente, un vinile, con tanto di disco al centro. E qui va il plauso alla Black Velvet, non solo per non averla snaturata dall’originale Dargaud, ma anche per averci regalato in contemporanea un altro prezioso volume dedicato ai Fab Four: Baby’s in Black.

Se lo svantaggio incolmabile del parlare di musica su carta è quello di non poter “ascoltare”, l’indiscusso vantaggio che contraddistingue invece il fumetto, è proprio quello di non aver bisogno di “filmare” gli eventi per visualizzarli. Con il suo pennino, Bourhis si insinua nella vita segreta dei quattro di Liverpool, inventando centinaia di immagini di corredo iconiche ed espressive. Lavorando per sensazioni, riesce perciò anche nell’impresa di non ripetersi mai, seppur realizzando, di fatto, quasi sempre gli stessi quattro soggetti.

La chiave di questo successo è da ricercarsi certamente nella sua grande capacità di variare, utilizzando stili diversi (spaziando agevolmente dal realismo alla caricatura), il colore (nella sua assenza o presenza) e la costruzione della pagina, “molle” e sbilenca come in uno dei peggiori sogni lisergici della band.

Così un’enciclopedia diventa una lettura calamitante, dalla quale non si riesce più a staccarsi. E diventa profonda e triste come nel raccontare gli addii e le dipartite (in particolare quella di George Harrison), oppure decisamente divertente nel rendere note tutte le bravate, le bizzarie, le cialtronerie e le creazioni geniali di questi immensi artisti. È questo forse che rende Il Piccolo Libro dei Beatles così fresco e piacevole: il modo amichevole in cui l’autore li approccia, senza risparmiarci nulla di loro e non romanzando niente della loro storia. Rendendoli così più umani e vicini a noi (e quindi più comprensibili), di quanto la loro leggenda non abbia mai permesso.

Un libro consigliatissimo ai fan dei Beatles, che l’adoreranno. Con l’unica raccomandazione che forse nei giudizi personali e nelle riletture musicali di Bourhis, potrebbero trovare motivo di storcere il naso. Ma bisogna starci. Tutti, quando si avvicinano troppo ai Fab Four, tendono a lasciarsi coinvolgere e trascinare nel gorgo, illudendosi di poter essere un quinto membro della band dei cuori solitari del Sgt. Pepper.

Voto: 8

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