Capitan America di J.M. De Matteis e Mike Zeck | Recensione

Pubblicato il 15 Gennaio 2018 alle 10:00

Arriva un mastodontico Omnibus che propone una delle opere più memorabili e controverse della Marvel anni ottanta: Capitan America di J.M. De Matteis e Mike Zeck! Non perdete le storie più sconvolgenti della Sentinella della Libertà firmate dal leggendario autore de L’Ultima Caccia di Kraven!

Panini Comics propone in un monumentale Omnibus tutte le storie di Capitan America scritte da J.M. De Matteis negli anni ottanta, oltre ad alcuni episodi inediti realizzati da altri autori. Si tratta forse di una delle run più discusse e controverse di sempre, classificabile tra gli esiti creativi migliori della Casa delle Idee. Le avventure rientrano a pieno titolo nell’ambito del Rinascimento Americano dei comics, caratterizzato da nuove forme narrative e da tematiche e situazioni più adulte.

Da questo punto di vista, J.M. De Matteis scrisse storie impensabili per i canoni dell’epoca, grazie anche all’editor in chief Jim Shooter che favorì il rinnovamento di molte serie Marvel. Captain America di J.M De Matteis può essere messa sullo stesso piano di Fantastic Four di Byrne, di Daredevil di Frank Miller o di Mighty Thor di Walt Simonson. All’inizio degli anni ottanta, dopo una breve e riuscita parentesi di Roger Stern e John Byrne, Cap era stato affidato, per singoli episodi, a Claremont, lo stesso Shooter, David Michelinie e Al Milgrom che avevano narrato le vicissitudini di Steve Rogers alle prese con nemici del calibro di Blockbuster e del Dr. Octopus.

I disegni erano di Mike Zeck, il futuro penciler de L’Ultima Caccia di Kraven, che proprio con il Vendicatore a stelle e strisce si fece conoscere, deliziando i lettori con il suo stile plastico e dinamico. Mancava però uno sceneggiatore fisso e la scelta cadde su J.M. De Matteis. In principio, a molti parve una scelta azzardata. Fino a quel momento, infatti, si era occupato di Marvel Team-Up e di qualche altra collana e le sue idee, pur interessanti, sembravano piuttosto convenzionali.

Con Captain America sconvolse tutti. Nella sua visione, Steve Rogers è un eroe nobile e idealista che crede nella legalità e nella giustizia e, soprattutto, nell’American Dream. Tuttavia, è consapevole del fatto che il sogno da lui vagheggiato è un’utopia e la situazione è purtroppo diversa. Tramite il personaggio di Cap, dunque, De Matteis, episodio dopo episodio, denuncia tutte le devianze esistenti nella società statunitense. Un ruolo importante è giocato da Bernie Rosenthal, la sua compagna del periodo, che lo aiuta a restare con i piedi per terra e rappresenta la realtà della gente comune, quella che Steve esplorerà in continuazione.

La run di De Matteis inizia con il n. 260 e, almeno in principio, Cap rimane coinvolto in tipici scontri con cattivi come l’Ameridroide e ovviamente la classica nemesi Teschio Rosso. Ma l’autore incomincia già da ora a delineare un ritratto impietoso dell’America, paese contaminato da pulsioni razziste e distruttive. Il Teschio, per esempio, è responsabile della nascita dell’Ordine Nichilista, associazione sovversiva che intende distruggere ogni valore. Ma l’orrore autentico è simboleggiato, più che dal Teschio, dai gruppi nazisti che fomentano l’odio.

Sono persone qualsiasi e non esseri straordinari dagli incredibili poteri. Come scoprirà Cap a sue spese nel n. 264, sono più pericolosi di qualsiasi supercriminale perché le loro idee razziste fanno presa sulla popolazione. Dimostrando molto coraggio, De Matteis denuncia l’atteggiamento discriminatorio, presentandolo però come qualcosa che coinvolge ogni persona, persino gli stessi ebrei che, a loro volta, adottano, durante una manifestazione di protesta, gli stessi discutibili metodi dei nazisti.

Man mano che procede con la sua run, De Matteis rivela di possedere parecchia inventiva, ideando villain bizzarri come Everyman, una curiosa squadra di motociclisti chiamata Team America e nel n. 270 Arnie Roth, il primo personaggio dichiaratamente omosessuale della Marvel (c’era già stato, in verità, Starr Saxon ma tale aspetto non era emerso in maniera palese). De Matteis compie questa operazione in un periodo in cui la presenza dei gay nei comics era ancora un tabù e non una moda politically correct come adesso. Arnie è un vecchio amico di Steve e tramite lui De Matteis punta il dito contro l’omofobia.

Dal n. 272 in poi De Matteis si scatena con storie dai toni cupi e drammatici, spesso angoscianti. Introduce il mostruoso Vermin, destinato a diventare una delle figure più inquietanti della Marvel, tragico risultato dei vergognosi esperimenti del Barone Zemo. Riprende vecchie creazioni kirbyane come Arnim Zola e Primus, nonché lo Spaventapasseri, criminale di mezza tacca degli anni sessanta che nelle sue mani si trasforma in un agghiacciante psicopatico, e il futuribile Deathlock.

Non mancano Viper e il Costrittore e altri delinquenti che sono l’effetto delle tendenze malvagie della folle società americana. Nello stesso tempo, però, appaiono nuovi eroi come Jack Monroe, alias Nomad, che per diversi numeri affiancherà Cap (questo prima di diventare un vigilante stile Punitore), e il giustiziere Corvo Nero che dà l’opportunità a J.M. di analizzare le difficili condizioni degli indiani d’America.

L’ultima parte della sua run ha poi una rilevanza fondamentale. Nel n. 290, infatti, esordisce Madre Superiora, perfida figlia del Teschio Rosso. Nel n. 294 arrivano le intimidenti Sorelle del Peccato e alla fine, nel deflagrante n. 300, viene rivelato il passato scioccante del Teschio e si verifica lo scontro definitivo tra lui e Cap. I testi sono profondi e intensi, forse privi della liricità di opere come L’Ultima Caccia di Kraven e Il Bambino Dentro, ma dotati di una maturità innegabile.

Mike Zeck, dal canto suo, svolge un lavoro impeccabile, delineando figure dinoccolate e fluide e conferendo alla pagina una sensibilità cinetica coinvolgente. Sono da tenere d’occhio i primi piani, spesso impreziositi da raffinati giochi d’ombra. In questo caso, gli sguardi e la mimica facciale dei personaggi evocano le violente emozioni che li animano e Zeck li utilizza nei momenti più drammatici delle avventure. Gli episodi 292/302 sono illustrati dall’inglese Paul Neary, meno entusiasmante di Zeck, ma comunque efficace.

Nel libro sono poi presenti gli annual 6/8 di Captain America, sempre scritti da De Matteis e disegnati da Ron Wilson e Mike Zeck. Il primo riguarda uno scontro tra il Vendicatore e l’A.I.M. e il secondo, molto più interessante, è costituito da un team-up con Wolverine. C’è anche il n. 106 di Defenders, serie all’epoca firmata da De Matteis. L’episodio si collega a uno di Cap e qui Steve, in compagnia della bizzarra squadra dei Difensori e della guest star Devil, deve vedersela con il perfido August Masters. Insomma, benché il prezzo del volume non sia abbordabile, vale un tentativo. Il Capitan America di J.M. De Matteis è un must.

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