Devilman Crybaby | Recensione
Pubblicato il 11 Gennaio 2018 alle 15:00
La storia più celebre del filone demoniaco del grande Maestro Go Nagai torna sui nostri schermi grazie a questa originale produzione Netflix. Ma sarà all’altezza dell’opera originale?
11 giugno 1972 – 24 giugno 1973: Go Nagai pubblica per la primissima volta sulla rivista Weekly Shōnen Magazine quella che è tutt’oggi considerata la sua opera più celebre, Devilman.
Devilman ha una storia complessa, ricchissima di riferimenti alla Bibbia e alla Divina Commedia (la versione in nuce del manga che fu di ispirazione per l’opera, Mao Dante, porta infatti nel suo titolo un chiarissimo riferimento a Dante Alighieri).
Con Devilman, Nagai ha realizzato un’opera indimenticabile, densa di emozioni forti e assolutamente spietata, la cui forza resta intatta, anche 45 anni dopo la sua nascita.
Tale potenza narrativa si perde però nell’anime omonimo, realizzato fra il 1972 e il 1973 e trasmesso anche qui da noi in Italia, poiché si tratta di un riadattamento della storia più consono a un pubblico più giovane:
Per sopperire alla mancanza di un anime che rispecchiasse in maniera fedele la storia creata da Go Nagai, sono stati realizzati due OAV, La Genesi (1987) e L’Arpia Silen (1990), che purtroppo, però, non coprono l’intero arco narrativo del manga.
Ora, Netflix ci propone una sua produzione originale in 10 episodi che copre l’intero arco narrativo del manga originale, in un progetto molto ambizioso e certamente originale, che potrebbe però far storcere il naso ai fan storici di Devilman.
- L’unicità al comando
Devilman Crybaby ha l’ambizioso obiettivo di riproporre al pubblico del 2018 una versione decisamente attualizzata della storia originale, grazie alla presenza dei più moderni strumenti tecnologici disponibili al giorno d’oggi, come tablet e computer, e anche all’ausilio dei social.
Anche i personaggi hanno subito un restyling: Miki Makimura, ad esempio, la ragazza di cui il protagonista Akira Fudo è segretamente innamorato, qui è una atleta di talento e anche una modella di costumi da bagno.
Lo sport riveste qui una grande importanza, al punto di divenire quasi stucchevole, poiché irrilevante ai fini della comprensione della storia.
Questo volersi dilungare in aspetti superflui gioca a sfavore del prodotto finale, poiché in questo modo si finisce per liquidare in pochi minuti parti fondamentali come la storia di Kaim e Silen. Resta comunque apprezzabile lo sforzo di voler creare un prodotto che fosse al contempo fedele allo spirito del manga, ma anche più attuale e moderno.
- Da Devilman a Devil Lady
In Devilman Crybaby non mancano citazioni anche dell’anime classico di Devilman, che vanno dalla riproposizione, in più punti, della sigla originale giapponese (che è anche la suoneria del cellulare di Taro, il fratello minore di Miki), alla presenza di poster che raffigurano il conosciutissimo Devilman dal corpo blu e le ali rosse: in questa nuova produzione Netflix, infatti, Devilman è un anime molto apprezzato dai giovani, in una sorta di meta-anime.
Inoltre, una piccola chicca è presente anche nell’episodio conclusivo di Devilman Crybaby: dopo i titoli di coda, infatti, potrete ammirare una riproposizione della scena finale dell’anime classico.
Un altro tratto che distingue Devilman Crybaby dal manga originale è la presenza di diversi riferimenti al sesso, che appartengono decisamente di più a Devil Lady che a Devilman, nel quale il sesso è pressoché assente, al punto che questa mancanza costituisce quasi un tratto distintivo del manga creato da Go Nagai.
- Cry, baby
Altro punto a sfavore è, come suggerisce il titolo stesso di questo nuovo anime, la propensione di Akira per il pianto, anche se la storia non è certo delle più allegre.
L’emotività gioca un ruolo fondamentale nella storia, ed è ciò che spingerà Akira a porsi delle domande: ha davvero avuto senso rinunciare a parte della propria natura umana, fondendosi con il potentissimo demone Amon, per difendere la razza umana? Gli umani sono davvero i “buoni”, mentre i demoni sono i “cattivi”? La razza umana merita la salvezza?
Gli ultimi tre episodi della serie sono decisamente più fedeli all’opera originale di Go Nagai, proponendo una versione della storia, per quanto rimaneggiata con elementi originali, molto forte e cruda, come nelle intenzioni dell’autore, e che si propone di far riflettere lo spettatore, pur mancando, nel monologo finale, una parte fondamentale per la comprensione delle motivazioni dei demoni.
- Anche l’occhio vuole la sua parte
Da un punto di vista prettamente estetico, le scelte stilistiche possono essere più o meno apprezzate, ma, in generale, disegni e animazioni non sembrano essere molto curati, e a tratti sembrano raffazzonati.
Anche l’uso della colorazione non gioca certo a favore del risultato finale, essendo quasi del tutto assente l’uso del chiaroscuro e delle sfumature, il che contribuisce a creare delle immagini fortemente piatte e bidimensionali.
Questo stile sembra però voler riprendere lo stile grafico del manga originale, che però è costituito da tavole statiche e che non sembra essere adatto a delle immagini in movimento, che a tratti risultano davvero troppo piatte.
In definitiva, dunque, Devilman Crybaby è un progetto decisamente originale e ambizioso, che ha lo scopo di riportare alla luce una versione più moderna e attualizzata della storia creata da Go Nagai nel 1972, ma che a volte si perde in dettagli futili, tralasciando sezioni fondamentali della storia, e che non impressiona dal punto di vista estetico.
Per una comprensione più profonda delle tematiche affrontate da Go Nagai, vi consigliamo dunque di leggerne l’opera originale, assolutamente attuale, ricca, profonda e inarrivabile.