Ferdinand | Recensione

Pubblicato il 4 Gennaio 2018 alle 10:15

Spagna. Ferdinand, un giovane toro sensibile e pacifista, fugge da un centro d’addestramento per le corride quando suo padre resta ucciso nell’arena. Adottato e cresciuto nella serena fattoria di un floricoltore, Ferdinand è costretto a tornare al centro dopo un incidente. Dovrà addestrarsi ed entrare in competizione con gli altri tori per poter essere scelto come avversario da El Primero, un egocentrico toreador.

Il mondo delle corride visto dalla prospettiva di un toro, il padre del protagonista ucciso nell’arena, l’inevitabile scontro risolutivo con un vanitoso toreador. Pensateci un attimo. Nelle mani di sceneggiatori diversi o di un’altra casa di produzione, lo spunto poteva trasformarsi in un film d’animazione di portata epica. C’erano tutti i presupposti per un peplum con gli animali, un Gladia”toro” potremmo dire.

In realtà il film è tratto da La storia del toro Ferdinando di Munro Leaf, racconto propedeutico per i più piccoli, e qui non siamo in casa Dreamworks, non siamo dalle parti dei coraggiosi Dragon Trainer o Kung Fu Panda 3. Questi sono i tizi dei Blue Sky Studios che sanno usare gli animali solo per innocue commediole come L’era glaciale o Rio, dettate da un livello d’animazione sempre molto essenziale. L’animo sensibile e mansueto di Ferdinand (doppiato dal wrestler John Cena nella versione originale), in contrapposizione alla tipica indole aggressiva dei tori, non solo è il simbolo pacifista e animalista del film ma ne è anche l’elemento comico fondamentale.

La storia fa girotondo già nella parte iniziale, quando Ferdinand fugge dal centro d’addestramento per esservi di nuovo fatto prigioniero alcuni anni dopo, tradotti in appena dieci minuti di film. La parentesi che lo vede crescere nella fattoria del floricoltore serve solo a gettare le basi per l’epilogo e non ha alcun autentico peso sulle origini del protagonista poiché la sua sensibilità ai fiori è già predisposta.

Nella parte centrale vengono introdotti un po’ di comprimari divertenti, la capretta pazza Lupe e tre porcospini, per qualche gag puerile e convenzionale. Lo stucchevole numero musicale posto di solito alla fine del film, viene qui anticipato per carenza di idee.

La vicenda diventa un Galline in fuga versione bovina. La sequenza action nel mattatoio farà felici vegani e vegetariani (e nazimalisti) mentre il successivo inseguimento stradale è la brutta copia di quello visto nel finale di Alla ricerca di Dory. L’attesa del pubblico, un po’ come in un qualunque Rocky, è tutta per la corrida finale che riesce a smuovere mezza emozione nei cuoricini più teneri ed elegge Ferdinand come la bestia più passiva-aggressiva nella storia del cinema.

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